All'amica tornata dal paese
 

 

 




E io ricordo Vondelpark,
dove sui rami degli alberi fioriscono anni dopo, tanti anni, i frutti di hacker impiccati.
Ricordo il seno della ragazza sconosciuta,
dentro un bustino a balconcino,
sembrava la pubblicità di una donna,
non una donna,
e l’ho desiderata dietro il vetro,
nella via, la tenda schiusa a dire che era questione di danaro
a separarla
dall’essere
anche mia.

Ricordo il ghiaccio
di un inverno che nevicava spilli.
E il brodo fatto con le macchine da caffè espresso, fumante dentro i bar
che erano l’unico mio, nostro rifugio, nella vacanza senza soldi e troppi sogni.
Ricordo un elenco interminabile di droghe, sciorinato nella via.
Da un negro che sembrava
uscito da una cartolina di Chicago, emigrante
di metedrina e speed.
Ricordo le tende a metà, dove tende c’erano
e l’impudicizia delle case, delle sale
alla strada ostentate.

Prima che la scala ripida ridesse pudore e segreto alla famiglia dove la casa non è più benvenuto e sala ma camere, e letti per il sonno e per l’amore.
E poi ricordo cesti di frutta, trionfi di arance, mele, mandarini.
Banane, e frutta esotica anche, che all’epoca nemmeno, io, ne conoscevo il nome. Simbolo di ricchezza piccolo borghese, ostentata su tavoli non celati al passaggio della strada da alcuna tenda, messi lì a dare lustro e calore alla sconosciuta famiglia di una casa troppo stretta e troppo alta per essere vera.
Ricordo gli alberi del parco dalla stanza, la neve, lo scheletro dei rami.
E un preservativo che scagliai dalla finestra e dondolò su un ramo, impiccato, fino a ghiacciarsi, il suo Natale.
Ricordo.
Ancora.