l'attesa

 

 

 

Che quando sei lì e attendi ti sembra di essere sotto un tornio in moto. E ti scolpisce i pensieri come una fresa.
Che non ti rendi conto magari per giorni e giorni, ma poi improvvisa, in agguato, incombente è lì. E all’istante pesa.
Che non ha colore odore sapore che non sia quello di un orologio, un calendario, una tensione sospesa.
Che in questo suo silenzio si carica di pensieri e sogni. Desideri anticipati di cui ghiotta nel silenzio della mente fa la spesa.
Che srotola le spire come una serpe e poi si tende alla prossimità della sua fine, perché nel morso della serpe è la sua resa.
Che ha cicli di marea, onde radenti e onde che scolpiscono la pietra. Basta a variarne effetto e forza il capriccio di una sua raffica più tesa.
Che inesorabilmente fa della luna un dolce e del sole un poema. E di ogni battito nel petto una nuova impegnativa e vertiginosa impresa.
Che non ha attimi da dare, ma da rubare solo, che del tuo tempo è ladra e dei pensieri pure, che ogni attenzione di chi attende oramai se l’è già presa.
Che non ha fine perché si carica di molla, si srotola quando sembra terminare, poi riprende, e ancora e ancora, se la soddisfi poi riparte. Credi di averla vinta quando ha fine, poi nei saluti scopri che ha vinto lei, si rigonfia di se stessa, si rinvigorisce, riprende controllo di pensieri quasi in silenzio, e te la trovi lì di nuovo, perfettamente viva e illesa.

Gioca brutti scherzi a chi scrive a volte l’attesa.
Ma è un marea di stati d’animo fortunatamente mai risolti, il risorgere magnifico dopo ogni sua sconfitta, quando la sazi e colmi e poi attendi ancora.
Che torni a farti tendere. E scadenzi inesorabile il tempo ai desideri e ai sogni, e sia lì nuovamente, incontenibile, incomprensibile e incompresa.
Un’altra attesa.