Dialoghi impossibili
2. Raymond Carver
e Faber (sulla scrittura)
“ In una poesia o in un racconto si possono descrivere delle cose, degli
oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso e dotare questi oggetti –
una sedia, le tendine di una finestra,” e lo scrittore dagli occhi
malinconici, al tavolo, calca col pollice il tabacco sul fondo della pipa
spenta, ne estrae senza degnarlo di uno sguardo il pollice macchiato di cenere
grigia, e prosegue noncurante “una forchetta un sasso, un orecchino – di un
potere immenso, addirittura sbalorditivo.”
“Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che
provochi un brivido lungo la schiena del lettore - l’origine del piacere
artistico, secondo Nabokov. Questo è il tipo di scrittura che mi interessa di
più.”
E io lo guardo, gustando il brivido che anche le sue parole avulse dalla
narrazione di un racconto, trasformando persino la sua personalissima lezione di
scrittura in magia e racconto, inevitabili mi danno.
Sorseggio la birra che ha posato la schiuma, parte scemandola nel bicchiere,
parte sull’arco dei miei baffi. La sua è finita da tempo e solo l’alone pallido
giallo sul fondo del bicchiere che Raymond ha davanti ne commemora l’esistenza.
“ Sai, mi fa uno strano effetto parlare con te, bevendo birra e ascoltando il
Flauto Magico di sottofondo”
“ E’ come se pensieri, note e schiuma si legassero e diventassero non la tua
lezione ma un tuo racconto. Credo sia la magia della tua scrittura a farlo, è
come se tu conoscessi ogni intimo e segreto trucco di un gioco di prestigio che
lancia le parole e ne fa acrobati volanti nel circo delle piccole cose e dei
sensibili dettagli che usi come note in una partitura di strumenti”
Carver spolvera il dito senza guardarlo, mi fissa con aria divertita ma senza
alcun compiacimento per se stesso. E mi rimprovera, accennando un mezzo sorriso
che gli inarca il volto e non solo il labbro.
“Gli scrittori non hanno bisogno di ricorrere a trucchetti e trovatine né sta
scritto che essi debbano sempre essere i più in gamba di tutti…”
Io vado in cucina e dal frigo prendo una nuova birra.
(Il testo in corsivo nel dialogo è tratto da Il Mestiere di Scrivere
di R.C.)