Fine estate
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Si incontrarono di giorno.
Evitarono accuratamente che il posto fosse lo stesso del loro primo incontro,
anche se sarebbe stato spontaneo che a vedersi fossero proprio lì, avrebbero
faticato meno entrambi a trovare il posto. Era una giornata di luce ancora
chiara e sapeva di estate in partenza, con le ombre ancora forti al suolo,
l’aria calda se appena eri in pieno sole, eppure quasi un senso di freddo se
appena scivolavi all’ombra.
Come allora, lui era arrivato prima, aveva trovato a fatica un parcheggio nella
città che aveva ripreso adesso ogni sua frenesia. Aveva fumato un numero
imprecisato di sigarette.
Quando attendeva qualcosa o qualcuno e poteva fumare nell’attesa gli sembravano
così corte le sigarette, da non poterle nemmeno usare come unità di misura.
Aveva voglia di vederla, di rivedere il viso e si domandava se avrebbe avuto
ancora quell’aria quasi timida e quel sorriso. Aveva voglia di riconoscerla, man
mano che si avvicinava, guardarla arrivare, e non si sarebbe messo ad aspettare
nell’esatto punto convenuto solo per questo.
Per poter seguire la sagoma appena riconosciuta tra tante in transito, magari,
sul marciapiedi opposto.
Dapprima ancora con incertezza, poi ad un dato istante, sicuramente lei.
Si chiese come si sarebbe vestita, se avrebbe indossato qualcosa che lui di lei
già conosceva, se le scarpe sarebbero state le ballerine basse che lui amava lei
indossasse.
Questa volta non si erano detto nulla in proposito, e non a caso.
Aveva insistito molto per vederla, così presto, forzandola anche un pochino, a
liberarsi e a esserci prima di quando a lei sarebbe venuto più comodo e meno
problematico fare. Lei aveva accettato alla fine perché il desiderio era lo
stesso, in fondo.
Sentito in modo differente, come differenti erano il loro sesso, il loro modo di
vivere. L’età e la vita.
Sentiti però negli attimi più intensi così complementari da generare un sorriso
e lo sciogliersi di ogni imbarazzo, pudore, paura. Azzerati e fatti uno.
Sorrise quando la vide arrivare.
Poi dissimulò e rese più piccolo, meno visibile quel sorriso. La signora con le
buste della spesa che passava a lato, vedendolo sorridere in quel modo aveva
quasi riso…
Non si baciarono questa volta.
Si salutarono, un po’ impacciati.
Non ebbe il coraggio di dirle molto. O forse entrambi avevano esaurite le parole
e avevano paura a dirne di nuove.
Lei gli rese il suo regalo, lo salutò. E declinando l’invito quasi formale di
bere un caffè o qualcosa insieme, con la scusa di dover tornare presto a casa,
lo salutò.
Entrambi, sapendo che era l’ultima volta che si sarebbero visti e avrebbero
potuto, senza dirselo avevano deciso, ognuno per se stesso, che nessuno dei due
si sarebbe voltato, andandosene, a guardare. L’altro.
Lei tornò a farsi inghiottire dalla scala della metropolitana e dalla marea
colorata di persone, lui giocò con le chiavi dell’auto come faceva spesso quando
aveva vuoto di pensieri, perché faticava ad andare.
Che si voltarono tutti e due lo sa solo la coppia, seduta al bar vicino, sui
tavolini in strada, che beveva cocacola da due lattine.
Lei si voltò. Una volta sola. Lui pure.
Non lo fecero nello stesso istante e si lasciarono andare.