Il buongiorno che vorrei

 
     

 
 
 
Alla mattina a volte ti svegli con una voglia strana.
Che è un mazzo di fiori, che si son fatti voglie.
La prima è la voglia di svegliarti piano. Lentamente, senza scosse, amplificando il tunnel di quella veglia addormentata o sonno vigile in cui non esiste limite alla possibilità dell’essere, sei a metà dello specchio del risveglio e ci giochi, avanzi, indietreggi. Sconfini.
Persino nel tempo e nello spazio ti accorgi di saper viaggiare.
La seconda voglia è quella di vedere aumentare - come girando un reostato - il sole fuori dalla finestra dagli scuri appena scostati. E’ voglia di stagioni nuove.
Di riscoprirle - riconoscendole - anche se sono nuove.
E il sole che aumenta sotto lo sguardo l’oro del vetro oltre la tenda è un buon modo di iniziare. Fa che lo faccia, fa che lo faccia ora.
Poi, ma non esiste ordine di arrivo o di importanza, una voglia ancora. Che suoni e silenzi, dentro e fuori di te, siano armonia.
Che nulla punga, urti, sfreghi, e se lo fa, lo faccia come se tutto ciò fosse soltanto un gioco. Riscopri il corpo nel risveglio così.
E’ l’arte del tendersi del gatto al suo destarsi quella che inconscio imiti, che nel profondo ammiri. La risintonizzazione assoluta.
Di te alla vita e della vita a te.
Quando i corpi si cercano, si tendono, si accostano e si ritrovano uno solo.
La voglia di scrivere. Arriva così e si mescola al sapore del caffè.
Ha l’ultima eco dello zucchero della treccina, l’ultima della scatola di cartone del mulinobianco. Scaldata un attimo perché anche lei giochi al risveglio come si deve, La voglia di scrivere perché sia buongiorno anche la scrittura.
Sia un mazzo di fiori senza bisogno di ottomarzo, esista di per se e trovi la ragione del piacere che provi a scrivere in se sola.
La voglia di scrivere un buongiorno che allinei testa, corpo e cuore, senza fretta, e permetta al limbo dei sogni di vivere un poco ancora, anche se sei sveglio. Così puoi essere ovunque, un attimo almeno, qui, altrove. E ritrovare quel calore.
Un buongiorno che sia il ritorno, dentro, di quel sole, il suo gonfiarsi e fare oro la tua vita. E poi donare le parole.
A chi sa leggerle.
Esiste un modo di leggere che è ascoltare, anche se le parole sono scritte, non pronunciate, non hanno suono percepibile all’orecchio, non è leggere, le si ascolta davvero. Si sentono, come se fossero non solo lette ma piuttosto udite. E’ quando volano sicure e trovano la frequenza della loro vibrazione in chi le legge, per parlare.
Buongiorno alla primavera, allora, che è un buongiorno fatto di emozione. Di piccolissime cose, di luci, di echi ritrovati, a volte anche di parole.
Che sono voglie, pezzi di anima tua che vuoi donare, chiusi in un mazzo di fiori che ti esplode di colori.