il giocoliere
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E fu camminando lì, sulle
rive, a lato del canale che lei vide un giocoliere.
Non era nemmeno vestito da giocoliere in fondo. Sembrava un qualcosa a metà tra
un abitante di qualche calle poco lontana, probabilmente ad un terzo piano
ripido di scale e un turista ben mimetizzato.
Però inalberava giochi acrobatici sospendendo in aria le piccole magie come
fossero quotidianità in mezzo al rumore ininterrotto, di fondo, permanete e per
questo inavvertito dell’acqua senza sosta in corsa lenta pochi centimetri lì
sotto. Acqua di ombra, quasi scura nella calle stretta.
Acqua con quell’odore inconfondibile di pesce d’acqua dolce, odore di trota o
salmerino quando te lo trovi sulle mani dopo averle bagnate nel fiume come un
bambino.
Agitava quasi con gesto lento, come se perennemente dovesse rischiare di
arrivare in ritardo nella presa le mani, poi riafferrava, lanciava ancora. E
quel moto, asincrono quasi con quello del volo che governava, probabilmente era
il piccolo segreto per cui, insignificanti acrobazie, lì, in quel mattino
d’ombra, avevano scelto quasi di farsi teatro per la ragazza che passava.
Lei si fermò un attimo.
Guardò l’uomo sull’altra riva. In penombra non scorgeva il viso, lui giocava
senza nemmeno sembrare dare un’occhiata, nemmeno di soppiatto, a ciò che le mani
roteavano, lanciavano, riprendevano al volo.
Lei si fermò un attimo e sorrise.
Nell’esatto medesimo istante in cui lo strano giocoliere a sua volta varcò
l’acqua con lo sguardo e ne colse la figura, ferma a guardarlo.
Fu nell’incrocio degli sguardi credo che lui perse un attimo solo il controllo
del suo gioco aereo, mancò la presa e tutto cadde al suolo, senza rumore, ai
piedi sulla riva.
La ragazza sorrise, accennò un gesto come dire “vabbè succede”, stringendosi un
poco nelle spalle.
Allora il giocoliere raccolse da terra le sue parole, non le lanciò in aria di
nuovo, ma, tenendole senza stringerle per non ferirle in mano si incamminò verso
il ponte.
Dopo pochi gradini su quel dorso d’asino a cavallo del canale raggiunse la
ragazza che aveva ripreso il suo cammino.
Scelse prima di esserle troppo vicino un paio di parole a caso.
Le lanciò in aria in direzione di lei che lo guardava.
Poi lei le mise in tasca. Lasciando la mano a tenerle racchiuse lì, al caldo,
come castagne d’india di stagione.
Girarono in una calle più larga e scoprirono che c’era il sole.