La distonia

 

 

 

Distonico, diastolico, discosto.
La sensazione e l'atteggiamento.
Frutto di mesi, pochi ma serrati, di pensieri confusi.
Di dinamiche da montagne russe.

Distonico, disordinato, dissipato.
Come il pensiero e il turbine di voglie per troppo tempo.
Approdo al percorso di tempeste e di canto sussurrato di sirene.
Di miraggio di naufragi dolci e ripetuti.

Distonico, disamorato, dissennato.
Senza pulsioni attive e vuoto di pensiero in libera caduta.
Ricerca di tempi per la scrittura, affogati nel nulla delle parole incro_chat_tate. Furto di attenzione autoperpetrato.
Tempo che scorre e svanisce al refresh o alla cancellazione della cache quotidiana.

Distonico e basta.
Senso di avulsione. Di non appartenenza.
Di disconoscimento delle logiche interne e delle dinamiche reiterate.
Tempo che recupero, volgendo altrove il passo.

Il tempo corre fuori. Oltre le strette alte mura.
Non è distonico, allo stomaco al cuore e ai desideri.
Ha ombre, sotto la tettoia e sole, al passo sulla riva.
Tempo per vivere ogni momento come un'alba. E farne se ne ho voglia, anche nello stesso istante, un tramonto.

Il tempo respira e ansima su corpi stesi al sole.
Con gambe occhi seni braccia mani culi.
Pensieri che si incrociano all'ombra di un capanno e dietro un bicchiere.
Arrivo. Aspettatemi.
Chiudo la porta alle mie spalle e arrivo. Arrivo.
 

 

 

Una primavera come nemmeno nell'uscita dall'inverno più folgorante di lampo e di tempesta, tuoni da perdere il sonno, e a volte anche la testa,… schegge impazzite di emozioni a lampo...
E poi, logorante, il trascinarsi di una nuova stagione che, chiuso in quattro mura di parole, a rimbalzare sempre su se stesse, non voleva lasciare il passo al sole.
Ma il sole ha la forza di ogni nuovo sorriso che incontri nella vita, quando esci e respiri, incrociato e ricambiato. Ipotesi e verifica. Genesi di ogni nuovo amore.
Miracolo di desiderio e palpitazione rinnovato.
Nato a bagnomaria, nel mare fatto brodo, e la riva lontana, plastico di trenino senza treno, o dividendo un bicchiere di troppo, nella notte di metà estate, con due occhi chiari. Occhi di mare, azzurri e riflettenti il sole, poi al mattino.

Comincia qui, adesso, finalmente, la mia estate.
Estate non schiava di calendari o date prefissate.
Estate di luce e ombre vere.
In una sera, anzi notte con nuvole sparse a grappolo a fare fresco il riposo, a metà di quella che i calendari definiscono estate.
Bolliva in pentola da tempo il ragu' dei miei pensieri. Sugo rosso d'amori, carne che si fa tenera al morso e alla passione, spezie proibite arrivate da lontano ad accendere i desideri.
Bolliva da tempo anche la percezione della diversità di passo e di pensiero.
Il senso di soffocamento e di strettezza.
Poi.
La riscoperta di emozioni nuove, quotidiane, solide come la massicciata di un lungomare alberato, palme e gelati, nate a volte da poche iniziali parole. A volte da un incrocio quasi casuale di pensiero.

Cambia passo la mia estate. E direzione.
Chi avrà voglia e curiosità, leggerà.
Dopo.
Se troverà la bottiglia, chiusa male, col manoscritto dentro, sulla riva di qualche spiaggia, o su qualche scaffale dove l'avrò lasciato.
E' bello camminarsene via sulla spiaggia, in riva, dove l'acqua lambisce a fiotti le caviglie e poi si ritira, senso di svanimento dell'immagine ad ogni passo, c'era un minuto fa... ma ora ?
Sarà dietro gli scogli, là in fondo o sarà quella macchia che nuota al largo...
Sarà, e intanto non è più.
L'acqua non torna mai a bagnare le stesse caviglie, nemmeno le più belle e tornite, e non è mai nemmeno la stessa acqua, i ogni caso, anche se ritornasse, con l'onda successiva. Nemmeno nella spiaggia più piccina.
Io vado in spiaggia a fare una lunga camminata.