La fine dell'estate
 
     

 
 
La fine dell’estate per me ha un odore.
Ad ogni emozione o istante, se ci soffermiamo a pensarci, possiamo associare un odore, un colore, un sapore. Siamo noi a scindere stupidamente i sensi.
Ci hanno insegnato, abituato a farlo, forse per farci perdere la capacità di essere noi stessi e avere meno paure. Che poi è la stessa cosa da bambini, quando ti educano a scindere il sesso dell’amore e solo la fortuna di incontrare anime impudiche può aiutarti a riconciliarli tra di loro.
Perché cogliere ogni cosa, ogni dimensione di ciò che si sente o prova, di ogni passaggio della vita è dare alla vita piena dimensione, farla passare da fotografia che corre a sostanza solida e poi scoprire che dentro ha anche altre dimensioni, non solo tre.
Così per me anche la fine dell’estate, oltre ai colori e ai sapori (persino quello dell’aria che respiro e ho adesso nei polmoni) ha un particolare odore.
La lavanda stesa al sole, mi ci perdo, dopo il raccolto, prima di sgranarla e portarla con me sulle mani, perché nemmeno il più crudele dei saponi può rimuovere così in fretta poi la sua emozione.
Ecco.
Per chi ne vuole. Il colore di una estate che muore, il suo odore.
Risorgerà.
Ma vuole stupirmi fino all’ultimo istante. Saziando attraverso il respiro persino il cuore.