Lettere grigie
(su fondo blu)

 

 
 
 
Sarà la pioggia.
Che dà sapore di autunno più delle castagne al pomeriggio.
O la voglia di mare. E di fuggire.
Forse sarà quel po’ di nostalgia che sa farsi sale e insaporire, e che rinnova mille volte il suo sapore. Però, lontano dal giardino, oggi sono sceso al mio mare. Che come per magia di pensiero si è fatto caldo di corrente tropicale e lucido di sole.
E li ho trovati lì. Tra mille capriole.
Tra scarti improvvisi, come rondini in migrazione dalla città in cui vivo, a muovere impazziti e allargare, ricongiungere, quasi urtarsi e poi all’ultimo scivolare rapidi a lato. Capovolti offrire il ventre lucido di argento, specchio bagnato al sole.
Saltare.
Inarcarsi salendo per poi riprecipitare affondando come spade. Senza levare che piccolissime onde circolari.
Un ago e un filo, un guizzo argentino di ago che sbuca dal tessuto azzurro e poi riaffonda, a chiudere un punto immaginario che l’acqua subito richiude. E nasconde.
A tessere il mare in coppia, danza infinita di punti allineati, cucitura d’amore che sigilla gioia. Punti paralleli.
Poi punti alternati. Un ago sale l’altro affonda, e riemerge. E il primo scompare sotto.
Poi nulla.
Solo il blu offerto al sole. Ma subito dopo. Il tempo di cercarli quasi inquieto, eccoli.
Li vedi nuotare poco più in là. Col ventre rovesciato, e ruotare sincroni e incrociare rotta e cammino. E ancora su. Giù. Onde di carne nel mare immoto.

Sarà che nel pensiero non esistono stagioni?
Che non esiste autunno dopo l’estate?
Che non esiste il primo vento freddo a scendere a nord dal confine.
Che non esiste sosta ai desideri.
Che se il pensiero mio si fa mare, arrivano i delfini. Scivolano la loro unione con piccoli suoni della gola e armonia primordiale.
Che se il mio pensiero si fa mare, se guardi e hai pazienza, e lasci lo sguardo avvolgere e indugiare, vedrai due aghi grigi salire, saltare, immergersi e ritornare.
A scrivere parole, composte di lettere grigie argentate sul blu del mare.