Il fiocco di Marianna e
Angelo
(secondo capitolo del secondo romanzo di Angelo e Marianna)
|
Nemmeno Angelo saprebbe dire quando si rese conto di essere tornato a guardarla
in quel modo.
La musica suonava ormai da quasi un’ora e Marianna e Chiara la sua amica erano
tornate, dopo essersi allontanate per salutare un amico di Chiara.
Incontrato anche lui lì per caso, come succede a volte. Che le persone non si
incontrino per anni o mesi e poi in una sera si incontrino in molte, assortite a
caso, in una specie di catena di conoscenze che si incrociano intorno a
qualcosa, simili ad una ragnatela con fili che non necessariamente le uniscono e
congiungono tutte. E svariano creando una rete di legami quasi casuali. Unica in
quel momento e irripetibile se la ripetizione è affidata solo al caso.
“Sai quello che abbiamo salutato? E’ l’ex di Chiara, è sposato e loro due si
vedevano una volta alla settimana…” Sì. Probabilmente è stata proprio a questa
pettegola, pettegola no, in realtà, probabilmente era solo divertita,
indiscrezione sussurratagli da Marianna, con un sorriso complice e al tempo
stesso ingenuo da liceale, nell’orecchio che Angelo, sentendo l’alito caldo di
lei sul collo e l’odore del suo respiro, fece il tuffo.
Una specie di tuffo all’indietro, carpiato, avvoltolato su se stesso che gli
diede una immediata sensazione di deja vu. Come avere azionato una macchina del
tempo.
Alzò lo sguardo, incrociò quello di Marianna e all’improvviso ebbe desiderio di
baciarla.
Baciarla davvero ancora.
Quello che non gli era venuto spontaneo fare al loro incontro solo meno di
un’ora prima. Di posare le labbra sulle sue e entrare alla scoperta rinnovata di
una lingua e della saliva e della gola.
Lo fece solo una mezz’ora dopo, Chiara aveva raggiunto il suo ex-amante
approfittando di un’assenza temporanea della moglie di lui in mezzo alla folla
che ondeggiava sulle note di Mojo Workin’. Addensata e accaldata.
Il bacio arrivò senza parole, fu solo dopo quel bacio che Marianna gli disse
ridendo di aver provato desiderio di baciarlo circa mezz’ora prima. Quando gli
aveva confidato il piccolo segreto dell’amica. E aveva sentito l’odore del suo
collo e dei capelli e le era sembrato di essere salita su una macchina che la
portava indietro e altrove.
Il sapore della bocca di Marianna non era cambiato, per Angelo fu come
riprendere possesso di qualcosa di suo e tutto avvenne con una naturalezza di
cui parlarono, stupendosene ancora, a letto, il giorno dopo.
Come se non fosse passato un nemmeno un giorno, tutto così loro, eppure tutto
così nuovo.
Angelo rise e disse che era merito della birra che aveva fatto così fresche da
sembrare nuove labbra, lingua e saliva.
Perché il tempo ha dimensioni tutte sue.
Pesa e divide e scandisce. Eppure è un tunnel senza dimensione.
Che puoi attraversare in ogni direzione. Ha mille fermate, in realtà è fatto e
costituito nella sua essenza più fine da infinite fermate, che però sono così
vicine, che a meno di azionare un fermo immagine a posteriore nemmeno puoi
accorgerti di quante e quali siano. E allora basta un’eco e ti ritrovi sulla
metropolitana di un sapore, di cui conosci la fermata e si congiunge l’oggi e lo
ieri in quel sapore.
Come chiudere a fiocco nodi. E nell’ansa del velluto di quel fiocco di lingue e
labbra il tempo si irradia in più direzioni.
Non parlarono di questo il giorno dopo, si godettero solo lo stupore. E fecero,
nuovamente, quasi con rabbia, l’amore.
(secondo capitolo del secondo romanzo di Angelo e Marianna)