Patate. Parole. Musiche e Suoni.

 

 

 

Stasera sono stanco.
Anzi lo sono stanotte. Svuotato.
Una lattina sul ciglio di una strada di parole.
Dette.
A volte per non essere ascoltate.
Persino quelle scritte con amore, hanno alla bocca sapore di patate.
Quel sapore strano che hanno le patate poco cotte.
Che mangeresti già con gli occhi, che sembrano perfette e poi sono legnose, legano la bocca, sembrano perfino amare. Che hanno solo aspetto di patate ma che non ne hanno né il sapore né l'amore.
Stanco di parole.
Stanco di cose vuote, di cose che tra il pensare, il dire, il percorso e l'arrivare hanno cambiato mille sensi, significati, suoni e odori.
Che nascono su un ramo per morire delle ultime gelate, il pesco che credeva fosse sole, il freddo poi, i fiori come cristallizzati e le pesche che non vedranno estate o sole.

Stanco di suoni.
Di rumori.
Di voci accese intorno a me, a coprire onde, battito di ali, fruscio di fronde, rumore di mare.
Voci sgraziate. Avvolte come carta di giornale. A soffocare.
Voci stonate.
Che non avranno mai la magia di una loro canzone e che trovano solo senso nella cacofonia del non saper cantare.
Nemmeno alzando al massimo il volume, nemmeno il blues più dolce amaro, la nota più struggente e pura, stanotte, le poteva sovrastare.

E sono stanco di pensare.
Perché il pensiero è un vizio e una maledizione.
Perché pensare estrania, rende diversi, specie in via di autoestinzione anche se i pensieri poi non sono nemmeno così strani, belli o particolari.
E' meglio non pensare perché il silenzio del pensiero in questo mondo è popolare.
Perché a pensare, a volte, poi ci si stufa, anche di chi ti appiccica, solo per la piccola stitica ginnastica che hai fatto, l'etichetta di "speciale".
Speciale è una birra, un treno, un'occasione.
Un' estrazione della lotteria.
Meglio essere normale.
E' meglio non pensare.

Non sono stanco, in cambio, di vivere e di amare.
A modo mio, l'unico che conosco, un po' sciupone, dimenticandomi di proteggermi e rallentare, a modo mio, perché un altro modo non lo sono riuscito, in una vita, ad imparare.
Stupendomi ogni volta, come ad ogni cambio di stagione, di ogni piccolo particolare.
Vivendolo.
Perché è l'unica cosa che nella vita ho imparato a fare.

Domani, dopo il sonno, avrò occhi, orecchie e parole per salutare un nuovo sole.
E voglia ancora di parole.
Di musica. Da cantare.
Da ascoltare.
Di pensieri e di persone che agitino la testa e il cuore, e diano senso, vita, anche al pensare.
Al giorno nuovo, allora.

E alla pattumiera chiusa e buttata, un sacco grande colmo di vecchie parole, musiche stonate , suoni sgraziati, un chilo di patate poco cotte, e alcune inutili piccole persone.
Raccolte in giro, perchè ogni tanto, quando ci si è stancati, bisogna mettersi i guanti di gomma e darsi da fare.
Ripulire.