risacca
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-Ritorni? Dimmi
quando…-
E al pensiero del ritorno l’occhio si posa sull’avvoltolarsi dell’onda di
risacca.
Al suo ritorno senza sosta.
Allo scivolo sulle rocce, là, verso il mare aperto, dove si scioglie il bianco
attorno alle punte più aguzze. E sembra un collo di bottiglia che lasci uscire
spuma di birra calda a spandersi attorno senza sosta.
-Ritorni?-
Inevitabile ritorna.
Anche ora che sembra immota.
Scossa solo nel profondo dalla sua forza.
Poi l’acqua si rifà moto.
Riprende sotto la spinta ininterrotta della sua passione, nascosta, celata al
vento e agli occhi di chi guarda dalla spiaggia.
Motore senza sosta e senza fine. Spinta che sembra rinnovarsi appena la
percepisci quasi immota e ferma.
-Ritorni?-
Eccola.
Rialzare il capo.
Riprendere la corsa. Richiomarsi di bianco la testa.
Spettinarsi in tagli di schiuma bianca, rompersi in flutti come corde bianche, e
sembrare voler correre avanti e a lato e quasi ripensarci e poi rinominare corsa
e distanza.
-Ritorni?-
Seduto sulla sabbia nera, farina della notte, incollata ai piedi come
talco di vulcano. Guardi.
Disegni con la mano, pettini la sabbia tra le dita, ne rubi il calore che il
sole ha ridonato a perpetuarne il fiato del ventre della terra.
Ora è alta e gonfia.
Tumulta di forza e di esplosione.
Tende la pelle d’acqua e si fa tonda. Avvoltolata. Chiusa a spirale intorno alla
sua forza.
Trattiene il fiato, l’uomo sulla sabbia e guarda.
Salire.
E poi salire, come se volesse gonfiarsi e salire al cielo, la forza spingere e
fare solida e bianca e incontenibile l’onda.
-Ritorni?-
Al culmine del nulla esplode. Rompe e dilaga. Allarga e sale il
bagnasciuga, scava.
Cambia colore e smette di rubare ogni blu al cielo per farsi nuvola bianca
squassata di tempesta.
Con la sua forza sale, spinto dal vento e dagli schizzi del vapore, il suo
odore. Rubato al mare.
Tuono d’onda.
Rombo che avvolge nel ricciolo esploso anche il suo rumore.
Tuono che non esplode ma che si gonfia.
Aumenta e poi sottrae.
Come se il suono dello scoppio d’acqua si riavvolgesse, facendosi acqua
anch’esso, sulla sua spirale. O fosse risucchiato, aspirato quasi con violenza,
in un vuoto lasciato nel momento esatto dell’impatto.
-Ritorni?-
L’acqua sale la riva, schiuma che segue ogni pendenza, cambia percorso e
sale. Sale a rallentare e rendere nero notte dove la bagna, la sabbia.
Lecca la riva e sale. Lingua che schiuma.
Bagna e disseta il nero della notte.
Sale la riva. Arriva a baciare e lambire i piedi.
A circondarne e leccarne la pelle.
Poi per dispetto, quasi tentenna nel suo moto e si ferma.
E rifluisce nel suo guscio.
Scivola veloce come un ladro l’acqua. Rifluisce.
Ritrae la lingua ripercorrendo, più veloce, all’indietro, l’umido che lecca.
E lascia scie nella sabbia al suo rientro in mare. I piedi bagnati alla caviglia
che ora hanno freddo alla carezza del leggero vento.
E nostalgia del bacio umido e caldo.
-Ritorni?-
L’acqua riscivola nell’acqua e lascia il mantello nero più scuro al suo
ritrarsi.
E si infila sotto la nuova acqua che ora sale, che oscilla e riguadagna la riva
dopo lo scoppio della forza.
Si infila e si riavvolge sotto e rigonfia la cresta ma con la forza lenta della
spirale che ritorna e ritorna.
Risale la risacca.
Il pendolo ininterrotto dell’onda esplosa in attesa della nuova tempesta.
Senza lo strepito. E’ nostalgia dell’onda e non già lei anch’essa onda.
Risale e rompe con schiuma delicata che sembra assai più fine e chiara e
leggera. Risale assai meno sulla riva. Il piede attende invano.
Risale e scende.
Poi risale e si rinnova, moto perenne avvolto su se stesso.
Nostalgia dell’onda. Per una nuova onda.
Mentre alle spalle, alte e sicura, l’acqua gonfia ancora il petto.
Sale e cresce di forza e di vigore bianco.
-Ritorni?-
Sì, ritorno come l’onda.
Tra le tue reni a farmi scoppio.
E poi risacca, ancora mille volte, a far desiderare la mia lingua calda.
E a rinnovare la forza, quando scivoli sul ritmo della mia risacca.
-Ritorni?-
Il mare e l’onda. E la risacca.
Riprende perché è la sua vita, sotto la spinta ininterrotta della sua passione,
nascosta, celata al vento e agli occhi di chi guarda dalla spiaggia.
Motore senza sosta e senza fine. Spinta che sembra rinnovarsi appena la
percepisci quasi immota e ferma.
Dell’uomo sulla spiaggia resta l’impronta e il segno e il calco dei piedi
affondati.
Righe nel nero pettinate dalle dita a fianco.
Il mare rinnova tuoni e esplosioni, ancora.
E come i passi dell’uomo sulla sabbia, non conosce sosta, solo l’onda e la
risacca.
La sabbia nera ruba il calore al sole e attende.