Scie bianche.
E corre la giornata.
Col ritmo delle nubi che spazzano, pattinando il cielo.
Arruffano, dipanano, aprono finestre blu, o di un azzurro mescolato al bianco
come in una pittura.
Sembra di vedere la traccia tamponata o strisciata del pennello sopra il mare.
E' aria tesa in quota, la scia di un aeroplano taglia lo spazio tra due nubi. E'
il filo del rammendo, bianco spuma, teso tra le nuvole ferme a lato, che si
allarga poco dopo il passaggio.Filo che sembra riga, teso, dritto, unisce
macchie bianche, taglia di netto, procedendo regolare il fondo azzurro.
Si mischia, la riga, ad una scia precedente.
Lasciata poco prima da un altro aereo. E' rotta verso il mare, qui sulla
montagna verde.
Passano aerei, alti, senza rumore.
Diretti in Spagna, in Africa, e in Oriente. E incrociano sopra il punto, la
barriera mai disegnata o scritta dove la terra, davanti, si fa mare.
Scivolano silenziosi su un tappeto di aria, sembrano pensieri.
L'incrocio delle tracce lė, sopra la montagna il mare e i paesi, sembra
l'incrocio delle vite.
A volte le due scie, uno č passato prima, pių alto in quota, mosse dal vento
capriccioso o solo lentamente spettinate, sembrano trovare non incrocio ma quasi
avvitamento.
Sembrano, sfumando a mischiare la loro pennellata bianca nell'azzurro, quasi
avvoltolarsi.
Come serpenti in amore.
Incrociarsi su se stesse, legandosi come spirali.
Avvolgersi e sfumare fino a non delimitare pių dell'una e dell'altra scia alcun
confine.
Mischiano la saliva, la voglia di fuggire, i loro umori.
Allargano, confondono, uniscono, invadono l'uno il candore sempre pių liquido
dell'altro.
Sono corpi d'aria, di impalpabile e per questo inarrestabile spessore.
Rotolano nell'aria, sospesi, penetrati. Indistinguibili tra loro, in questo
amplesso in quota.
E allora non capisci, l'uomo sotto col viso alto a guardare il cielo, davvero
non ci riesce, chi ha penetrato chi.
Dove comincia una scia e finisce l'altra, in quel tratto sovrapposto di volo.
L'avvitamento, la spirale che unisce le due scie č chiusa lė, tra due spumoni
bianchi, gonfi d'acqua e scolpiti dalla notte e dal viaggio Sono arrivate lė le
nubi nella notte, ad aspettare, facendosi sponde di letto, alte, le due tracce.
A fare da transenna, cornice, a dare luce bianca di contorno, sono i comodini
con il libro e il faretto, a due cordoni che vanno piano piano scomparendo uno
nell'altro, fusi a svanire, dopo l'incrocio, e a farsi azzurro e vento.
L'uomo segue le scie come se fossero un film sospeso. Attende.
Poi prende dal muretto un giaccone, di tela pesante, l'aria non č cosė calda nel
giorno nuvoloso, e l'uomo, fermo a guardare ha freddo.
Poi guarda il quadro vuoto, ormai tra le due nubi che l'avevano serrato.
Le scie hanno finito di girare un fotogramma.
E come per pudore hanno sfumato il loro avvolgersi fino a svanire.
L'uomo prende le forbici, abbottona il giaccone, spegne col piede la sigaretta
che gli si č consumata in mano senza nemmeno essere fumata, e riprende, dai rami
pių bassi, a potare, per la primavera, un ciliegio.