Sette donne. Più due.

 

 

 

Nel cinema piccolo erano entrate in ritardo sette persone. Dai discorsi sentiti per caso durante la fila in biglietteria avevi capito essere, le sette donne, sette insegnati sette.
Nella serata dello sconto, uscite in compagnia. Indisciplinate.
La porta della sala 1 è davanti alla biglietteria, la proiezione ancora in corso. Loro hanno discusso ad alta voce (forse la alzano così perché al lavoro in altro modo non si sanno fare ascoltare). Per dividere il conto che, inevitabilmente faceva euro 5 e venti a testa, da qualsiasi lato lo volessi accostare: costo unitario ben scritto sul tabellone di letterine colorate, così simile a quelli che ricordi un tempo affissi in macelleria.
Filetto, scamone, controfiletto. Vitello e vitellone.
Poi sei entrato, ti sei seduto, alzato, riuscito a fumare. Hai comprato patatine e acqua minerale, perché mancavano ancora più di dieci minuti all’inizio della proiezione e lei, posando la borsetta sulla tua poltroncina, ti aveva detto “ho sete, ho fame”- .
La sera molto più tardi c’era De Andrè in uno special in televisione e ti rendi conto che lei non aveva detto esattamente – ho sete e ho fame -, che quelle erano le parole di una sua canzone.
“Prendi le patatine e qualcosa da bere “
Sì probabilmente erano state queste le sue esatte parole.
Ci avresti scommesso.
A lei l’avevi detto prima ancora di uscire a fumare.
Che le sette insegnanti, probabilmente di un liceo in libera uscita al femminile plurale, mentre parlavano tra loro di oltraggi subiti dal provveditorato e di quelle che chiamavano “ le mie battaglie già fatte, ora però…” sarebbero riuscite, coi biglietti in mano per poi rientrare dopo il loro aperitivo extra settimanale, quando le luci erano già spente ed erano già corsi almeno i titoli di testa.
Avevi sbagliato, perché i titoli erano da poco cominciati (forse arrivano in ritardo perché hanno la fissazione della puntualità nell’inizio delle lezioni e sono stanche dei ritardi dei loro allievi e della puntualità che richiamano a gran voce).
Ne hai provato fastidio, stavi per parlarne con lei, che aveva spostato la borsetta sulla poltroncina all’altro lato, quando la ragazza seduta nella fila di fronte, due posti a lato, si è voltata.
Mentre eri fuori a fumare aspettava un’amica in ritardo, che avevi visto arrivare, baciarla scusandosi, e poi insieme a lei entrare. Si è voltata.
Come ti avesse letto nel pensiero ti ha sorriso. Un sorriso un poco ironico, quasi di intesa complice sui tuoi pensieri che non avevi detto ad alta voce.
Lei, piccola, minuta con la gonna di cotonina leggera che le danzava sul culo mentre camminava e tu la stavi a guardare. La coda di cavallo alta, come piace a te.
Lo sguardo intelligente di chi vive con malizia minuta e naturale, l’intelligenza con cui sa guardare le persone.
Tu hai sorriso.
Poi hai aspettato che, durante la proiezione alla luce degli esterni giorno, lei si girasse ancora.
E hai sorriso tu, vedendola voltarsi altre tre volte, nella penombra, a cercare.
Vai spesso in quella sala, e il mercoledì è un giorno rituale.
La prossima volta hai già deciso che uscirai ancora, prima della proiezione fuori.
A fumare.