Via. Vie.
 

 



 

  Salendo da Caricamento, lasci alle spalle l'odore di mare e gasolio, che sono gli odori della mia infanzia su questo mare antico.
Piccola scala, vicino alla piccola chiesa incastonata di gradini, poi stretti, i vicoli della città. Vicolo dell'Amore, e più stretto ancora vicolo dell'Amore Perfetto, dove non puoi nemmeno camminare in due, se non faccia a faccia, di lato non ci passerebbero due amanti, insieme.
Che la città aveva un suo sorriso, persino nel vestire di poesie le sue miserie. E la stretta via diventò un bacio.
Per chi lo vuol cercare e regalare, città generosa in fondo delle sue povere cose, alla bocca di un amore.
E poi le strade di Fabrizio, via Prè, via del Campo. Canneto il Lungo che sale la collina e taglia la città come una ferita della memoria.
Le trattorie degli operai e dei portuali. Polipo lesso col prezzemolo e le patate. Ogni giorno di ogni estate.
O inverno.
E' lì che perderò la via, cercandola come sempre ho fatto. Negli odori e nei rumori di un mondo che ha una sola lingua, quella di Babele la crudele, non quella di Ninive dai bei palazzi alti fino al cielo.
La città accoglie i passi degli amanti.
Lo fa con discrezione e quasi con pudore, nell'ombra di vicoli nascosti per scelta al sole.
Li veste di scalpiccio, sul selciato sconnesso bagnato dall'acqua di chi ha pulito il banco della pescheria. La città ha luci magiche all'imbrunire. Le ricordo.
Sono mie.