Il fiore
di Mameha

 

Una rosa, di quelle sempre uguali e stanche dei venditori cingalesi, la sera per strada.
Siamo una decina, dobbiamo decidere il da farsi. Una bionda e un medico, la matrona e il messaggero, io e te, altri uomini.
Lascio fare, speranze vibrano.
Senza volerlo, senza saperlo, la mano porta il fiore alla bocca e i petali sono unghie da rosicchiare. Denti e labbra traducono l’agitazione che ho dentro.
La ciancico biascico mordicchio umidifico, il petalo stretto fra i denti come pelle, solo un’incisione leggera, subito guarita dalla lingua carezzevole.
E tu sornione che gusti i loro sguardi increduli, ingordi, d’invidia.



 

 

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