(Luna)
“Siediti”
E, nel dire questo, Franco sposta impercettibilmente indietro la sedia per far
accomodare Anna.
Anna, che scivola sul cuoio della piccola poltroncina, un po’ a fatica perché la
gonna corta di pelle nera sembra incollarsi quasi a quella della poltrona. Anna
che si solleva, la rassetta meglio sotto di sé e si risiede senza curarsi di
evitare che le salga oltre la mezza coscia, mostrando lo scuro dell’orlo delle
calze dove l’elastico le ancora alle cosce.
La poltroncina è in una strana posizione.
Un po’ più avanti delle altre.
Messe a raggiera sul tappeto a fronte dei due divani.
Sui due divani solo uomini. Seduti.
Alcuni Anna li conosce, di fianco a Franco che si va a sedere ad esempio c’è
Angelo con cui, insieme alla sua ragazza spesso partono per qualche weekend al
mare. La maggior parte delle dozzina di uomini però, tutti compresi in una
fascia apparente di età tra la trentina scarsa e i cinquanta quasi sfiorati, lei
non li conosce.
E sulla dozzina circa di poltroncine, non perfettamente allineate a semicerchio
di fronte a loro, solo donne. Alcune più che donne le definiresti ragazze.
Anna si volta sui due lati e anche tra di loro scorge, pochi però, volti che non
le sono ignoti. Alcuni cari e noti.
La maggior parte però non le conosce, e crede, per istinto, che sia condizione
generale quella, tra di loro, anche per tutte loro.
E nota come nessuna abbia lo stesso modo di stare seduta.
Paradossalmente è la prima cosa che nota.
Chi ha abbassato la gonna corta tirandola verso le ginocchia in uno sforzo vano
e chi non si è curata di farlo minimamente ed esibisce alla platea maschile
quasi l’intera coscia. Cosce accavallate e cosce accostate, alcune quasi
schiuse.
Sfila per abitudine consueta una scarpa e sfrega la pianta con piacere sul
tappeto. Morbido, leggermente scuro e antico. Carico del suo rosso dell’ordito
nella penombra della stanza.
Poi si accorge del gesto che inevitabilmente ognuno non può non aver notato e
ricalza il piede senza aiutarlo a riprendere possesso della scarpa con la mano.
A volte il silenzio è lento più che denso e scuro. Corre come se avesse un fermo
immagine incantato o un rallentatore. Esasperato.
Ed è allora, quando ad Anna pare diventare interminabile quell’attesa e quel
gioco muto di sguardi tra divani e poltroncine e poltroncine e divani che un
uomo tra i più anziani del gruppo si alza, nel silenzio generale.
Guarda in silenzio le ragazze, percorre l’arco scandendone di piccole soste,
scatti impercettibili come di un orologio sulle prime 12 ore, poi ruota ad arco
dietro di sé lo sguardo sui suoi vicini seduti sui divani e rompe il silenzio
brevemente.
“Direi che non manca più nessuno e che possiamo cominciare”
Qualcuno allo spegnersi dell’ultima parola, chissà da dove, spegne la metà, poi
ancora la metà della metà rimasta accesa, e dopo ancora la metà delle ultime
lampadine del pesante lampadario a goccia. Appeso.
Alto al soffitto.
Proprio al centro del tappeto.
Che all’istante carica se stesso di un rosso ancora più cupo...
(continua)
Che all’istante caricò se stesso di un rosso ancora più
cupo, saturando la stanza semibuia ormai. Tutto sembra perdere colore,
come in una camera oscura, e i lineamenti delle persone sedute, silenziose e
immobili, acquistano forza, nettezza, fotografie in bianco e nero che emergono
dall’ombra.
La voce dell’uomo che ha già parlato si alza nuovamente: è appena rauca,
profonda, si accorda bene con il viso tagliato con l’accetta, in cui le labbra
sensuali hanno una piega severa, crudele quasi, pensa Anna.
“Questo non è un gioco, signori. È una prova. Ora tutte le donne saranno
bendate, tranne una. Tutti gli uomini saranno liberi di agire, tranne uno.”
Anna improvvisamente crede di comprendere il motivo della poltroncina discosta
dalle altre, e che l'uomo che parla e spiega con calma è in qualche modo l'altra
metà di questa...prova, l'ha chiamata così. Di fronte a lei, c’è Franco che la
guarda senza muoversi. La guarda come quando fanno l’amore e lui è ancorato
dentro di lei, trafiggendola come una farfalla. La guarda stuprandola con gli
occhi.
Perde il filo caldo della voce dell’uomo, e deve fare uno sforzo per riprendere
ad ascoltare, strappando gli occhi a quelli di Franco. Ci riesce perché sente
pronunciare il suo nome.
“…una qualunque delle ragazze. Anna deciderà chi. E come. Dovrà scandirlo, ad
alta voce, di modo che tutti possano sentire. Dovrà essere chiara e dettagliata,
indicare i gesti, l’intensità, la forza. Potrà usare il linguaggio che riterrà
opportuno, ma non deve lasciar dubbi su quello che la coppia dovrà fare.”
Anna si sente avvampare, ha un tremito incontrollato nelle gambe. Lei che non
riesce a dire neanche a Franco quello che desidera mentre fanno l’amore, lei che
ancora freme e si confonde quando lui le chiede di spogliarsi, di toccarsi sotto
i suoi occhi, di raccontargli quello che fanno le sue dita…Con gli occhi
sgranati, guarda Franco. Come hai potuto chiedermi questo, sembra dirgli. Ma non
parla, riesce a non proferire suono, stringendo le mani sui braccioli
arrotondati della poltroncina fino a che le unghie le si infilano brucianti nel
palmo.
Si è accorto l’uomo del turbamento di Anna? Certo continua con decisione, senza
curarsi di possibili reazioni.
“Né Anna, né io prenderemo parte a questo..non potremo spogliarci, né toccarci.
Né essere anche solo sfiorati. Dovremo restare immobili e in silenzio, qualunque
cosa accada. E osservare sempre, e sempre in silenzio. Osservare tutto.”
Anna si sente sfiorare da un’onda di panico: non riuscirà a fare quello che
Franco le chiede, con la voce di quest’uomo. Oh, lo deluderà, ne è certa.
Parlare, decidere…non ne sarà capace, lo sente. Quel che ama di Franco è la sua
capacità di farlo per lei, prevenendo i suoi desideri, e inventandogliene di
nuovi. Sceglie per lei gli abiti, le mutandine, i profumi. Decide la sua
giornata, scandisce il suo tempo. La plasma, e la piega con pazienza al suo
volere, fino a che Anna scopre che questo combacia con le sue voglie più intime,
che non può esprimere. Non può perché un’incontrollabile ritrosia la avvolge e
soffoca la voce, i gesti.
Ma Franco la imprigiona in una rete di ordini che la liberano da se stessa e
dalle sue paure. E lei esegue sempre.
Lo deluderà ora, lo sa. Abbasserà gli occhi e la voce arrochita le morirà in
gola. Non la amerà più, per la sua prima disubbidienza. Le belle labbra di Anna
tremano come se stesse per piangere, mentre l’uomo prosegue, implacabile.
“Tutto dovrà avvenire su questo tappeto, sotto i nostri occhi.” E invita le
donne a spogliarsi una alla volta sotto il lampadario, completamente. Nessun
gioiello, né calze o biancheria, i capelli sciolti sulle spalle. Con un
fazzoletto toglie il rossetto a labbra docili. Poi le benda e le riaccompagna
alle poltroncine.
Prende un'altra poltroncina, la mette fra i due divani, e fissa la sua compagna:
"Inizia, Anna..."
(continua)