VIII bis La pendenza: ai margini
del fiume
Ho chiuso l'ottava parte poche ore fa e sono qui che scrivo di pensieri adesso e
non solo di parole.
A chiedermi sei etti di perché, un pizzico di dove, chili di consonanti nuove, a
domandarmi in fondo perché quel che si muove poi si muove.
Succedono fenomeni naturali anche con le parole.
Nessun stupore in fondo, magari commozione per un'alba.
Le maree che amo? Quel sale di Bretagna a cui sono ritornato nei miei viaggi più
e più volte?
Tutto sicuro. Tutto naturale.
Anche la pozza nera di roccia con i granchi a sfuggire alle all'uccello marino e
all'uomo predatore.
I luoghi magici di ogni mia goffa narrazione.
Su questo ho una teoria.
Che da tempo avrei voluto spiegare.
Ci sono canali sotterranei.
Io di alcuni ho visto bocca o culo, là, dove ritornano a rivedere il sole.
Ironia della sorte, chi mi conosce può capire, mi sento a volte più che
narratore solo Caronte, per chi legge e cioè il traghettatore.
Canali sotterranei che uniscono quelli che prima di essere i "miei" luoghi, di
spazio geografia e pensiero, spesso di cuore, sono davvero credo luoghi di magia
da sempre, legati sottoterra dalle loro vene.
Io ne ho scoperti molti, tutti non basterà vita o generazione.
Sono uniti dalla traccia di una ragnatela. Da salti temporali e canali
imperscrutabilmente oscuri per logica, tempo di trasporto e dislocazione. Alcuni
solo tracce di memorie antiche e di vite che rivivrei con commozione e rinnovato
infantile stupore.
Parigi unita a Pushkar unita ad una spiaggia che terrei per ogni nuovo amore
come letto marino, e poi, sotto, tunnel e corrente d'acqua, Dublino, il bush
australiano dove mi piacque perdermi da solo per ore.
Luoghi della memoria e luoghi di ogni mio progetto e geometria naturale di ogni
sentimento, cognizione di vita e scivolo di testa e del sentire.
Radici inabissate.
Ragnatela di vie misteriose e capricciose.
Le vie dei Thugs che Salgari vestiva di suspence, avventura e batticuore.
Io le conosco in parte e sono le vie della testa e del cuore.
Ne percepisco allora la fine strategia che è sottesa e mi inonda testa e mano di
parole.
Le vie sotterranee, tracciate da nessuno, ma presenti a unire la magia di tempi
e luoghi e rinnovato stupore e inarrestabile ardore.
Ci faccio correre due protagonisti che amo sempre più, man mano che trovano, nel
raccontarli, libertà di vivere e fuggire ogni schema, banalizzazione e soffoco
di aria ferma quasi a farsi prigione.
Io li vedo belli mentre scivolano sulle vie sotterranee e uniscano inanellandole
le piccole magie.
Perle di parole e scenari del cuore.
Libertà di esistere e uscire dalle tele.
Il sogno del fotografo e del pittore.
E poi la domanda vissuta nel mattino, caffè amaro, il quarto a trovare testa e
lucidità dopo l'ennesimo sonno negato a me stesso dalle parole dette e da quelle
scritte in coda.
Ho dormito abbastanza, in ogni caso, non si preoccupi poi, così tanto, chi mi
ricorda che lo devo fare.
Abbastanza per l'ultima considerazione e dopo, anche stavolta, chiudo.
Almeno per due ore.
Il Fiume di pianura, perché corre e non si ferma e scivola e si svincola da ogni
ansa lusingatrice, ostacolo geografico o logico, tentazione di limite o ragione.
E perché la corrente lo faccia sicuro nel suo viaggio a scavare e farsi letto
alveo e scivolo ininterrotto del moto di parole.
La pendenza.
Nella pendenza ogni spiegazione.
Impercettibile.
Lieve fino allo scompenso a volte e lì si forma l'ansa, la pozza, il rallentare
e guardare.
Lo stupore.
La pendenza.
Naturale, nascosta, la slitta primordiale.
Nessun motore nascosto, artificio, trucco di prestigiatore.
Basta seguire quella.
Il Fiume scorre allora e trova sponde e parole.
Piano inclinato di dolce inclinazione, che si fa trattore, prende per mano
naturale l'emozione e le parole.
Ecco i pensieri di chi poi tenta di farsi narratore.
Che ha dormito forse abbastanza per trovare nell'ennesimo caffè nero la forza
per cercare di spiegare.
Spiegare cosa?
Il mistero delle vie sotterranee. Che coltiva con amore.
I luoghi magici, legati a collana, inanellati nel racconto se racconti
un'emozione, da una sorte strana.
L'inclinazione naturale di testa e di cuore, su cui scivolano senza fatica dita
e tasti neri.
Le leggi che dominano le emozioni e le persone.
Il suono di una musica che da ritmo e tempo ad un ballo persino a me che non so
ballare. Da sempre vorrei scrivere musica e canzoni, cosa di cui, non buono a
fare. Scrivo pensando di ballare.
Tutte piccole cose in fondo.
Trascinate dall'acqua in movimento
(a suivre)