Ricordando la Gilda

di  Agata

 



Lo squallido bar è buio e fumoso, come sanno essere bui e fumosi gli squallidi bar di periferia.
Le luci fioche sul bancone riescono a malapena a rischiarare il centro del locale, lasciando i tavolini accostati alle pareti immersi in una fangosa penombra.
Dietro al bancone ,su polverosi ripiani di vetro, come stanchi soldati sono schierate bottiglie di liquori scadenti, incapaci di gusto, ma esperti nell’offrire oblio.
Il fumo di migliaia di sigarette ha ricoperto di una patina di grigia tristezza ogni superficie, dalle pareti, delle quali neppure il proprietario ricorda il colore, alle sedie spaiate accostate ai tavolini, alle vetrate che lasciano solo intuire i lampioni sul marciapiede di fronte.
Sai benissimo che solo qui avresti trovato la storia che cercavi.
Qui, in questo squallido fumoso bar di periferia, una storia che solo il barista poteva raccontarti, passando e ripassando una straccio lurido sul bancone, come sottofondo la tosse catarrosa del vecchio alcolizzato seduto nell’ombra dietro di te.

“La Gilda dici? Era la puttana più bella del quartiere….” Sospira. “Quando entrava lei si fermavano perfino i respiri: alta, aveva due gambe che non finivano mai e due tette che sembravano di marmo, sembravano…e quei capelli, rossi come le fiamme dell’inferno, lunghi fino al culo. Tutte le puttane si combinavano sempre come dei carrozzoni, tra trucco e vestiti, ma lei no, non ne aveva bisogno, la Gilda. Bastava guardarle il culo, le gambe e ti portava in paradiso….”.
L’ascolti e ti immagini la scena, gli sguardi degli uomini nel bar pieni di lussuria e di passione, quello delle altre puttane grondante odio, per quel corpo statuario,per quei capelli di fiamma.
“Per lei venivano anche da fuori, e non mezzetacche e poveracci, no…gente con i soldi e tanti, pronti anche ad aspettarla se era impegnata con qualche cliente…dovevi vederli, qui, seduti in mezzo ad ubriaconi e delinquenti, attenti a non sporcarsi il vestito…E lei li faceva aspettare anche per delle ore…non l’avresti detto, ma la Gilda aveva il cuore d’oro, faceva aspettare quei ricconi boriosi magari per scoparsi un poveraccio che poteva permettersi di pagarla solo con un caffè….era una brava persona la Gilda…”
Il suo sguardo si perde nel vuoto, la mano interrompe per un istante il percorso sul bancone. “Sai…una volta sono riuscito anch’io ad andarci con la Gilda….avevo 17 anni e l’ho pagata con un foulard rubato al mercato…mi ha portato in Paradiso, con lei non scopavi ci facevi l’amore, ci facevi…, ma vederla portare il mio foulard era ancora più bello, mi sentivo come se portasse addosso un pezzo del mio cuore….”
Vorresti sapere di più, vorresti incalzarlo con le domande che ti premono addosso, ma la storia forse è meglio che esca poco alla volta, come bolle che vengono a galla in uno stagno.
“Ha sempre badato a sé stessa la Gilda, non ha mai voluto un “pappa”, nessuno fregava la Gilda…ma era una boccone che faceva troppo gola, si potevano fare tanti quattrini con una come la Gilda, e questo lo sapeva anche il Francese, che le fiamme dell’inferno se lo brucino per sempre…”.


Un breve silenzio.
“Le stava dietro, voleva che passasse tra le sue ragazze, nel suo locale, ma la Gilda no, lei voleva essere libera, non voleva obbedire ad un’altra persona….l’ho vista una sera ridere in faccia al Francese, proprio qui davanti, gli diceva che no, non ne voleva sapere di passare con lui, che lei stava bene da sola…”.
Il crudo silenzio che segue le sue parole si siede lì, accanto a te mentre aspetti che il barista prosegua la storia di Gilda.
“Vedi lì….in fondo? Lì c’era un biliardo, un sacco di tempo fa…vedi, c’è ancora la rastrelliera delle stecche…una notte ero rimasto qui da solo…chiudevo il bar, che nebbia c’era quella sera, un tempo da lupi….è entrata correndo la Gilda, sembrava la inseguisse il diavolo….e forse sarebbe stato meglio…”mormora piano, seguendo con lo sguardo il ritmico movimento dello straccio sul bancone.
“ Dietro di lei sono entrati loro, il Francese e i suoi scagnozzi…. lei si era nascosta dietro al bancone, tremava come una foglia, non l’avevo mai vista così spaventata la Gilda”.
“Ho cercato di nasconderla dietro di me…ma come fai quando sei solo un povero vigliacco barista e loro quattro maledetti bastardi che ti sbattono da una parte e te la strappano dalle mani? Cosa dovevo fare? Sapevo che prima o poi sarebbe successo, che quel bastardo del Francese avrebbe perso la pazienza e l’avrebbe fatta pagare alla Gilda, nessuno poteva permettersi di ridere di lui…ma quello che le hanno fatto…. Quella notte l’ha pagata troppo cara la Gilda…”
Un altro pezzo di silenzio si stacca dalle sue parole e cade tra di voi. Vorresti scuoterlo, per sapere, per capire, ma lo aspetti.
“Quel bastardo si è seduto lì, a godersi lo spettacolo, vedi accanto al muro, ho lasciato lì la sedia, non ho mai permesso che la spostassero da quella sera……Non ho potuto fare niente per difenderla, amavo la Gilda, ma quel coltello che mi minacciava…sono stato un vigliacco, lo so. Quei maiali hanno preso la Gilda e le hanno fatto di tutto, poveretta…ho visto i suoi occhi spegnersi mentre glielo ficcavano in bocca, quasi soffocandola, sborrandole in faccia, sporcandola. E quel bastardo di Mimmo, la più schifosa carogna dopo il Francese, che l’ha presa e sbattuta sul biliardo, poveretta….lo vedevo dietro di lei, grugniva come un porco, quel bastardo, mentre la prendeva da dietro…”
Non eri presente, ma le parole del barista sono talmente amare, talmente dolorose che l’orrenda scena sembra ricrearsi davanti ai tuoi occhi.
“Ha lasciato che le facessero di tutto, quel maledetto bastardo, che il diavolo se lo porti quel bastardo…poi, quando tutti erano ormai soddisfatti..e lei, la Gilda ormai non ce la faceva più le è andato vicino, come ha potuto sopportare gli occhi della Gilda piantati nei suoi ancora non lo so, erano occhi che uccidevano, gli occhi di una belva ferita a morte. “Allora, ti aspetto al mio locale domani, d’accordo?” le ha detto, prendendole la faccia….ma nessuno metteva sotto i piedi la Gilda. In faccia gli ha sputato, sputare in faccia al Francese, ma chi ne ha mai avuto il coraggio qui?”

Un piccolo sorriso affiora sulle labbra del barista, hai un attimo solo per vederlo, è talmente breve che credi di averlo sognato.
“E’ stato allora che l’ha fatto….non ho nemmeno visto quando ha preso il coltello….ho solo visto quella lunga, orrenda riga rossa sulla faccia della Gilda…e tutto quel sangue sul tappeto del biliardo….”
Ti chiedi come è possibile vedere lacrime negli occhi di questo vecchio barista di periferia…forse è solo il fumo….
“Non è più stata la stessa dopo la Gilda….non solo la sua faccia non era più la stessa, con quella orrenda cicatrice….aveva perso il cuore la Gilda, la passione, la grinta….si è lasciata andare la Gilda….ha persino cominciato a bere, bere forte, quante volte l’ho riportata a casa ubriaca…nessuno la voleva più. E’ diventata matta…una barbona, sempre sbronza….” Lo sguardo del barista si perde ancora nel vuoto, sembra seguire una scena che vede solo lui, e che tu puoi soltanto immaginare.
Appoggiato sui gomiti lascia vagare il suo ricordo nelle nebbie di quei giorni pieni di dolore per chi, come lui, aveva conosciuto Gilda.
Poi si riscuote, sembra solo ora chiedersi come mai tu sia così curioso.
“Ma ragazzo, scusa…perché volevi sapere della Gilda?” chiede sospettoso.
Cosa rispondergli?
Come puoi raccontare a questo vecchio barista di periferia perché sei qui?
Ti alzi, butti sul bancone qualche banconota per pagare la scadente birra che hai bevuto ed esci, senza una parola.
Fuori la nebbia ti avvolge come uno stanco sudario, chissà perché in periferia la nebbia sembra sempre più triste…..
Ti avvii lentamente, nello zainetto il peso della scatola di cioccolatini che le hai comprato.
Sei l’unico che riesce ad entrare nel suo mondo lì, nell’ospizio dove l’hai conosciuta, ci riesci solo con i cioccolatini, ma com’è bello il suo triste sorriso storto quando ti vede arrivare, sembra quasi che la lunga cicatrice frastagliata ne disegno un altro, tutto per te.
Povera, tenera, folle Gilda…..