Un'avventura (quarta parte)

di  Alice

 

 

 

 

  Entrai.
Quello che accadde mi segnò profondamente.
Fu un dolore interiore più che fisico.
Non avevo grossi lividi o escoriazioni.
Nulla dimostrava una qualche tipo di violenza.
Ma c'era stata.
Luca era serio davanti a me mentre entravo nel suo appartamento.
"Spogliati"
Tremando mi spogliai, mi stavo vergognando, tenevo i vestiti davanti a me, per proteggermi.
Me li strappò dalle mani, mi prese per un polso e mi trascinò in camera da letto.
Mi spinse con decisione sul letto, si spogliò con rabbia, gettando i vestiti a terra.
Non ci fu delicatezza, ne rispetto.
Ero tesa e non fisicamente pronta ad accoglierlo.
Mi allargò le gambe e mi penetrò con rabbia.
Mi fece male, urlai, cercai di allontanarlo.
Lo supplicai di smettere.
Inutilmente.
Mi teneva i polsi in modo che non potessi usare le mani.
Quando capì che non si sarebbe fermato mi allontanai con la mente.
Mi persi a guardare fuori dalla finestra la pioggia scendere, sentendolo usarmi con violenza.
Ero il suo oggetto, non importava il mio dolore, le mie lacrime,
le mie suppliche.
Sentivo i suoi versi, la sua forza dentro di me.
Non so quanto durò quella violenza, mi sembravano ore.
Pensavo a tutto e a niente.
Le lacrime scendevano sul mio viso in silenzio.
Non mi lamentavo più del dolore anche se era bruciante.
"Guardami"
La sua voce era dura.
Appena fummo occhi negli occhi si spinse dentro con ancora più violenza fino a venire in me.
Restò steso su di me finchè non perse l'erezione, poi scivolò fuori e andò in bagno.
Io restai stesa, immobile.
Mi aveva avvisata che mi avrebbe fatto male.
Perchè lo avevo permesso?
Lo sentivo dentro di me che sarebbe successo qualcosa di brutto.
Non avevo voglia di alzarmi ma lo feci.
Mi vestì in silenzio, mi facevano male le gambe, sulle braccia si vedeva la pelle arrossata dalla brutalità delle sue mani.
La figa mi bruciava terribilmente, faticavo a camminare.
Luca tornò mentre camminavo verso la porta:
"Alice io....."
Nessuna parola da parte mia, non mi voltai neanche.
Presi la giacca, la borsa e me ne andai.
Arrivai lentamente nella mia piccola casa, nel mio rifugio.
Mi spogliai lentamente e feci un bagno caldo,
il calore fra le gambe mi faceva soffrire ma volevo togliermi il suo odore, lo sporco lasciato dal suo orgasmo.
La settimana prima era puro nettare ma ora non lo vedevo più così.
Ero stata ferita intimamente.
Senza motivo.
Volutamente.
Uscì dalla vasca con calma, vidi qualche goccia di sangue scendere dalle cosce.
Presi uno specchio e mi controllai.
Qualche graffio, nulla di grave per fortuna.
Misi il pigiama e mi stesi a letto, non avevo sonno, continuavo a rivedere i suoi occhi.
Freddi, cattivi, indifferenti del mio dolore e delle mie lacrime.
Mi addormentai chiedendomi il perchè, piangendo in silenzio.
Passarono settimane, i lividi erano guariti, il dolore fisico era passato.
Quella violenza mi aveva resa diversa, chiusa.
Non ero più la donna che si divertiva con gli amici.
Il sabato me ne restavo a casa, qualche amico era passato da casa mia ma nulla di più.
Andavo ogni tanto in giro con le amiche, ripassai davanti alla villa di Marta un paio di volte.
I ricordi affollavano la mente, quelli belli accaduti in quella stanza e quelli brutti a casa di Luca.
Ero confusa.
Caddi in depressione, mangiavo sempre meno, l'indispensabile per reggermi in piedi.
Non uscivo più a piedi, dicevo che avevo freddo, era arrivato l'inverno, ma era vero solo in parte.
Avevo paura di rivederlo.
Arrivò il natale.
Non mi ero ripresa del tutto ma sorridevo di più, ero tornata ad uscire con gli amici.
Mangiavo di più, avevo ripreso in mano la mia vita anche se lentamente e con attenzione.
Avevo perfino smesso di guardarmi attorno con la paura di vedere Luca.
Una domenica pomeriggio mi misi ad impacchettare i regali, cosa che mi divertiva moltissimo.
Avevo messo dei canti natalizi, avevo fatto l'albero e le lucine regalavano gioia.
Canticchiando giravo per casa spostando pacchetti, creando fiocchi e firmando biglietti quando suonarono alla porta.
Andai allegra ad aprire ma rimasi a bocca aperta vedendo chi avevo davanti...