ALL'OMBRA DELLA FANCIULLA IN FIORE

di  Alisa Mittler

 



Eugenio, lo scultore guarda attraverso la finestra senza vetro.
Girasoli gialli su campo nero del cielo gonfio. C’è odore pesante di ozono.
Bisogna prendere il telo di cellophane per evitare che entri l’ acqua.
Volta le spalle al bozzetto di gesso, coperto da stracci bagnati. Non lavora da giorni.
Manca poco per completare la figura di donna nuda, seduta, le gambe incrociate, il mento appoggiato sulla mano, i piedi appena sbozzati dalla base, come coda di pesce

Eppure bellezza
mi sfuggi.
Sirena sei acqua
fra le mie dita.

Anche Hélène guarda il campo di girasoli dalla finestra della sua stanza.
Il grano in lontananza è maturo, pronto per la mietitura. Si pettina i capelli neri, lunghi fin quasi alla vita. Apre un po’ la camicetta e osserva, nello specchio dorato, la curva dei seni.
Continua a guardarsi.
Ora sta in piedi, inquadrata dalla cornice barocca. Il vento caldo del sud gonfia le tende. Le sue gambe, temprate dalle corse sui prati, sono tornite e muscolose, ma tanto diverse da quelle di Stefano.

A esplorare sentieri
a correre tra papaveri
rossi
del sangue di grano
decapitato

Marta detesta il caldo. Da qualche anno odia l’estate. La sua pelle appiccicosa la costringe a fermarsi,, lei che per tutta la vita ha camminato spedita su binari paralleli.
La casa è immersa nell’ afa e nel canto delle cicale. Asciuga un piatto e lo impila sugli altri. Poi si dirige verso la scala e sale allo studio del marito.
Lui è sempre voltato verso la finestra e i girasoli.
"Fa caldo" dice Marta.
Eugenio si volta di scatto
"Non è finita" le risponde il marito accennando al bozzetto.
Marta si abbassa, prende altri panni, li strizza nella bacinella d’ acqua e li appoggia sulla statua, dopo aver sostituito i precedenti.
"Sei tu" le dice il marito
"Lo vedo" accenna lei.
Ma quando si sofferma sullo sguardo, gli occhi della donna di gesso la fissano cattivi.
Si siede sulla poltrona impolverata e si fa aria alle gambe alzando la gonna.
"Mi manca qualcosa per finire."
Marta continua a farsi aria e allarga un po’ le gambe
Eugenio si volta ancora verso la finestra

Girasoli dal colloslogato
a cercare la luce
per farsi gli occhi
ciechi.

Entra Hélène.
Appena apre la porta una corrente di vento caldo attraversa la stanza, sollevando la polvere di gesso dal pavimento.
Tiene su un braccio un vassoio con delle bibite fresche, lo appoggia sul tavolo facendo tintinnare i cucchiaini. Ha il passo leggero.
Marta continua a fissare le gambe di Hélène.
La ragazza getta le braccia attorno al collo di Eugenio.
"Uhm, al lavoro ! È bella," ride lei.
Lui le scioglie i capelli fermati dalla molletta sulla nuca, poi stringendola ai fianchi le dà un bacio sulla guancia.
"Grazie cara"
Cammina a piedi nudi con passo leggero sulle mattonelle, verso la finestra. Si porta dietro un refolo di vento.
"I girasoli avranno fra poco il torcicollo" dice e scoppia in una risata. Poi esce, come di corsa, lasciando la scia del suo odore. Il vento caldo si è quietato
Marta sta in silenzio, la sua poltrona è in ombra.
Gli occhi della statua hanno lo sguardo di Hélène.

Fa sempre caldo anche se il temporale ha oscurato il sole.
Marta raccoglie i bicchieri e scende.
Eugenio si avvicina alla finestra, vede i girasoli sconvolti.

Fuori è vento
e terra sollevata
a intrecciare incubi

Poi scorge una figura con i capelli lunghi che corre lungo il viale, verso il cancello.
"Dove va ? "
I girasoli sono quasi decapitati dal vento. Si accorge che la figura che corre è nuda.
È lontana, eppure riesce a vederne distintamente le natiche candide. I capelli lunghi e neri ondeggiano al vento.
" Hélène" mormora.
La chiama, ma la sua voce non esce dalle labbra.
" Hélène" ora grida. Ma la ragazza continua a correre, danzando tra mulinelli.
Poi si volta e gli fa un cenno di saluto prima di sparire tra i girasoli e il grano.
Si appoggia al muro e chiude gli occhi.
" Hélène !" ansima piano, mentre il suo respiro si fa concitato. Socchiude gli occhi sostenendosi, sudato alla parete.

Quando scende, all’ ora di cena c’è Marta in cucina. Hélène sta apparecchiando la tavola.
"Che ti è saltato in mente di correre sotto il temporale? "
sia Hélène che Marta lo guardano stupite
"Insomma, prima, che facevi fuori nella pioggia"
"Ma papà ! – risponde Hélène , non sono mai uscita di casa oggi"

Il temporale di ieri non ha portato fresco, il casale si rosola al sole. Si sentono i rumori dei giochi di Stefano nella stanza a finco.
"Vieni Hélène !" La chiama il fratello.
"No, non ho voglia" e si china di nuovo sul libro. Gli orali dell’esame di maturità sono tra pochi giorni

M’annoio ora
a inseguire rane
nei prati.
Solo sentieri nel
grano sgozzato
da falce di luglio.

La madre che è entrata, le fa cenno di sedersi sullo sgabello nell’ angolo. Ha in mano un paio di forbici che risplendono nell’ ombra.
Non parla, solo con l’indice le mostra il posto dove deve sedersi. Lei obbedisce in silenzio.
Marta scioglie la treccia dei capelli della figlia, solleva una ciocca e poi un taglio netto. E poi ancora e ancora.
Si sente il rumore metallico delle lame nella casa immersa nel silenzio.
Stefano si affaccia appena alla porta, ma subito fugge spaventato.
Ciocche nere di capelli sulle mattonelle bianche.


Ancora bambina
non è tempo
di mietitura
non per te
non adesso.

Hélène è nella sua stanza, si guarda, ha i capelli corti e il suo volto, simile a quello di Stefano, sembra il viso di un ragazzino. Poi, piangendo di rabbia si spoglia, butta a terra la canottiera, il reggiseno. Si toglie tutto insieme pantaloncini e slip.
Lo scirocco ristagna nella camera.
Si osserva. Nuda, con il seno abbondante, i fianchi sinuosi.
No, non è un ragazzo. Si infila da sopra la testa un vestito lungo.
Una tunica color girasole, che la ricopre dal collo ai piedi. Poi chiude la porta facendo attenzione a non far scricchiolare il pavimento di legno. Dà un occhio alla scala che porta al piano inferiore.
C’ è afa, stridono le cicale.
Vede, attraverso l'uscita sul fondo della rampa, Stefano passare di corsa spingendo i pedali della bicicletta.
Si volta e, in punta dei piedi, raggiunge lo studio del padre.

Lui dà le spalle, incorniciato dalla finestra.
Non si gira, ma la ha sentita entrare, ha percepito il suo odore. La statua è lì, liberata dagli stracci umidi, sembra soffrire il caldo nel pomeriggio di luglio.
" Continua il tuo lavoro !" gli dice.

No Hélène, brucia
La bellezza è luce
e non
si torna più indietro.

e intanto si sfila la tunica restando nuda, per mettersi sulla poltrona impolverata.
È bella Hélène, non bianca, ma candida, luminosa. Malgrado l’ umiliazione dei capelli tagliati è più femmina che mai.
Ed è sua, non può essere altrimenti. Lo sarà sempre di più, oggi per l’ ultima volta.
Soffia caldo il vento del deserto, che solo quest' anno si sente dalle nostre parti.
Anche lui ora è nudo.

La stringe, poi piano la bacia, lungo il collo, sui seni, mentre lei, con le gambe gli circonda i fianchi. I suoi baci sono furiosi, quasi morsi. Si in fretta, devono gustare e godere , prima che tutto si bruci.
Entra in lei, si muove in fretta dentro il suo corpo. Vede bianco abbacinante ovunque.
Lei sa di essere sua, lo è sempre stata, oggi più che mai. Sa che doveva essere così, per quest’ unica volta.

Stanno abbracciati ora, esausti sul pavimento, non sanno da quanto tempo. Il vento s’è quietato.
Deve essere il tramonto perché, nella finestra è incorniciato un sole rosso sangue. Eugenio si scioglie dal suo abbraccio e va a guardare la campagna.

I girasoli sono inceneriti.