Mi sono concessa un regalo

di   Angeljca

 



Appena adesso…
Dura un attimo, il tempo di placare l’ansito che mi dilania.
Guardo il palmo della mano che recentemente ha stretto le spine di una rosa, più e più volte, e vedo la pelle ora di nuovo morbida, tesa, ambrata dal sole che già l’ha colpita.
Comincio a tracciare il contorno delle dita, e non c’è un motivo che mi spinga a farlo, non c’è un motivo diverso da un appuntamento che sembro aver fissato con me stessa. Mi nasce dentro. Improvvisamente. Mi chiama.
E, oggi, qui, da sola, torno a pensare di desiderarmi più sentita. Di ritrovarmi tra le pieghe. Un momento, brevissimo, intenso, e finalmente sentirmi di nuovo libera.
“Vuoi sentirti?”, mi dico.
“Vuoi la tua pelle liscia?”
Non mi rispondo, non mi incoraggio, ma nemmeno mi fermo al gesto. Dal cassetto, in cui tengo tutto, prendo un ago da cucito. Tra i colori dei filati, impugno una cruna larga.
Poi lascio che mi baci, senza un fiato, sul palmo della mano. Lascio che mi spogli, che mi induca a pensare al tempo in cui un ago inevitabilmente mi atterriva. E mentre sento la punta che spinge e incunea la carne, forzando la resistenza elastica del palmo, in un angolo buio della mente si acutizza una luce, ed è come se mi infilassi un dito tra le cosce.
“Ecco, vuoi prenderti da sola? Prenditi, forza!” La mia vocina, la coscienza, è la controfigura che mi manca. L’impossibilità che ho di dimenticare che questa mano non appartiene ad altri, ma è la mia stessa che mi illude e che mi incalza. Di trovarmi bagnata, impotente, su una sedia, a cui potrei venire con la mia sola spinta.
Mi ferisce questa consapevolezza, la vocina…. Mi schernisce con un torpore che non riesco a decifrare.
Poi, “ti diverti?”, una voce mi sorprende dalla porta, all’improvviso, la voce di lei. Sovrastante. Collega e amica, confidente e complice di mille e più una storia. Mi guarda e non fosse che è lei, inventerei qualcosa. Invece massaggio il palmo dove una goccia intanto è affiorata in superficie., macchiando di colore una piega fra le dita.
Massaggio ma non distolgo lo sguardo.
“Mi sono concessa un regalo”, le dico, poi rido, per provocarla? “Ma non è che mi basti”, glielo ripeto come a confermare un racconto già fatto. Ché sa, lei sa.
Lei si avvicina e si siede sulla scrivania, accavalla le gambe e mi prende la mano fra le sue. “Sei preoccupata?”, le sorrido, “non è nien…” sto per dirle, ma non mi lascia finire. “Sta buona, faccio io!” dice e mi sorprende. Ma lo ribadisce, tiene stretta la mia mano e mi accarezza con la sua, passa dove l'ago ha appena inferto la sua piccolissima ferita. Lei si impressiona, di sé, non ho dubbi.
Poi sento il calore che da lei arriva, ha le mani così calde!
I miei pensieri svaniscono nel nulla, la mente liquefa tersa, limpida come il desiderio inaspettato che allarga una strada dentro di me.
Lei ha le mani così calde, che la osservo rapita. Posso dire che ho sentito amore in quell’istante? L’ho sentito!
Mi accorgo che, subito, il palmo si è stretto a pugno, le dita si sono richiuse nascondendosi a riccio. Così, senza capire da dove giunge quel sapore dolce, stendo il braccio e la mia mano, senza che rifletta, si scioglie. Si apre senza difese.
“Fallo, ti prego…”, non sussurro, ma la mia voce non sono più così sicura che sia la mia. Guardo lei e nemmeno vedo la mia mano, ora non mi importa.
Poi lei ha un’esitazione, “non so se mi regolo”, dice, buttando la frase lì quasi a caso, come volesse che fossi io a fermarla.
Mi guarda e non sapessi che è lei, che mi conosce, non credo che avrei lasciato la mia mano così morbida, desiderosa di sentire quella carezza. Vera, vera molto più di tanto altro in questo tempo.
“Non preoccuparti”, dico scherzandoci su, “te ne accorgerai, lo sentirai da me”, sono talmente presa da sentirmi felice.
E…
… (non sento altro, è un gemito – un lamento – che mi devasta e desta, sveglia, non mi ferma),
lei punge.
Attraversa in una sola andata, con forza, trattenuta. Io rido, mi esalto, lei anche. Poi la paura ci abbandona, e ogni altra volta che l’ago passa la carne io sento la porta del cuore che si apre. Mi avvolge.
Ci avvolge. Come un abbraccio, ci rende nude. Vicine al punto, che ora sto pensando: “domani sarà uguale?”
Poi il pensiero riprende forma e di nuovo la guardo come a vederla per la prima volta, il suo viso è arrossato come se avessimo fatto l’amore ed io, non so dire. Quant’è che non mi sentivo così leggera?
“Tesoro… grazie!”, sussurro, poi.
Poi, alzandomi dalla sedia e baciandola appena. Un attimo prima che il lavoro ci impedisca di farlo.
Appena adesso… incredula, felice, nessuna aspettativa, solo la certezza che lei è un’amica e che a volte basta un momento a riempire un vuoto immenso.