Le gentildonne, giocano così.

di  Boccadirosa

 

 

  Hai freddo. Sei confuso, non capisci dove sei. Hai dolore.
Sei seduto su un pavimento di pietra gelida, dura. Muovi i polsi, ma sono costretti da dei lacci, una corda di canapa probabilmente, ruvida e scomoda. Hai la schiena appoggiata a un palo, lo abbracci al contrario. Hai male alle spalle per la scomoda posizione.
Non ricordi nulla.
Sai solo che eri dietro al tuo mulo mentre aravi il piccolo campo, sotto un cielo carico di pioggia, quando è cambiato tutto.
Era periodo di semina e non avevi tempo da perdere. Poi solo buio, dolore e freddo.
Il tuo stomaco brontola, hai fame. Ripensi alla misera cena della … sera prima? Un tozzo di pane secco e mezzo muffito (quello più fresco l’hai lasciato alla bambina) e quel poco brodo della vecchia gallina che tua moglie ti ha preparato con infinito amore.
Dove sono tua moglie e tua figlia?
Speri che siano al sicuro. Del resto, non t’importa.
Ti agiti, cerchi di urlare ma hai la bocca bendata, ti costringe come fa il morso del cavallo del signorotto, ti sfrega le labbra, ti secca le mucose.
Forse hai più sete che fame.
Non sai quanto tempo sia passato, in quella specie di cantina è tutto della stessa identica penombra. Chiudi gli occhi.
D’un tratto, senti un profumo intenso e molto dolce arrivarti alle nari, talmente intenso che ti sembra di essere nel bosco di acacie che c’è dietro la tua modesta capanna.
Un fruscio di pesanti stoffe.
Una mano ti sfiora la guancia.
Non è tanto il tocco umano a farti sobbalzare, quanto il fatto che la mano è ghiacciata. Più fredda delle pietre sulle quali sei seduto.
Ma è una mano morbida, e intensamente profumata. Un tocco di donna.
Vorresti chiederle tante cose, ma il morso te lo impedisce.
La figura ti si accovaccia accanto. È una fanciulla di giovane età, intravedi appena il suo bel volto sottile, la pelle bianca d’alabastro.
Ti accarezza ancora.

Ancora buio, ancora imbavagliato, ancora legato ma alla colonnina d’un letto a baldacchino ora, in piedi. Hai un brivido, sei completamente nudo. Ti vergogni.
Sotto i piedi un pavimento in legno scuro, a destra una finestra ti rivela che è notte.
Risenti il profumo dolciastro.
Senti le labbra di quella strana fanciulla sul collo, scorrere sulle spalle. Baciarti piano la pelle. Annusarti.
Gemi, dal dolore, dalla fame, dalla sete. Una goccia di sudore ti entra in un occhio, brucia. Vorresti detergerti ma non puoi, agiti le braccia, ma la corda sfrega sulla pelle dei tuoi polsi e lei ti è addosso e non capisci come una fanciulla così esile possa impedirti di muoverti.
Senti le sue fredde mani sul torace, i capezzoli ti si rizzano all’istante. Per il freddo o per lo strano piacere che stai provando? Senti il sangue defluire nei corpi cavernosi, ti procura una mezza erezione che t’imbarazza e ti stupisce al contempo.
Lei sussurra qualcosa in una lingua che non è la tua.
Senti la sua mano afferrarti, stringere delicatamente lo scroto piccolo come una prugna.
Respiri più forte, sei del tutto eretto, ora.
La giovane s’inginocchia e ti bacia l’inguine, fra la pelle liscia e i peli del pube. Ma non ti sfiora il sesso con la bocca, lo accarezza solo con le mani.
Si rialza e ti guarda.
Ha gli occhi d’un oro carico, con i bordi rossi, le pupille dilatate. Capelli lunghi e chiari come il grano che in estate cresce nel campo. Un vestito porpora come i papaveri del fosso, alto fino al collo, nasconde le sue fattezze ma non le sue forme, è sottile come i giunchi del fiume.
-Sai perché ti ho scelto?- ti chiede con una voce che ti scuote l’anima. Resti immobile. Non t’interessa, o forse sì, ma solo se la tua famiglia è salva. -Per il colore dei tuoi occhi.- dice suadente.
Quegli occhi che in famiglia li hai solo tu, d’un azzurro pieno come il più sereno dei giorni d’estate, come il manto della Vergine dell’affresco della piccola Cappella del borgo. Preghi in silenzio. Quegli occhi che né tuo padre e né tua madre avevano, nessuno dei tuoi fratelli.
Per quegli occhi così chiari tutti credevano che fossi malformato, e cieco.
Ripensi a tua moglie, alla figlia. Le speri al sicuro. Lei, leggendoti la mente, dice:
-La tua famiglia non m’interessa.
Finalmente ti rilassi un poco. Almeno loro non sono in quell’incubo.
Senti arrivare un altro profumo, fortissimo, ti procura uno starnuto. Un uomo, alto e completamente vestito di nero, i capelli lunghi e molto ondulati e uno sguardo come quello dei corvi, ti appare di fronte.
-Sono venuto a vedere la tua nuova conquista.- dice alla donna. Ha una voce che pare scricchiolare; ti fa venire la pelle d’oca; egli lo nota, commenta: –Il tuo umano ha freddo. O è paura?- ti passa il glaciale indice sul corpo, dalla gola all’ombelico. Lo tocca insistente, senti nello stomaco uno strano formicolio. Rapido si china e ti dà una profonda leccata sul ventre sodo. Ti va dietro, e ti lecca la nuca, sotto gli occhi della fanciulla. Ti piazza le mani lunghe e sottili sul petto glabro.
Lei è più delicata invece, ti accarezza il petto come una tenera amante, ti bacia il viso con delicatezza estrema.
L’uomo dietro di te ti passa una mano su una natica, ti agiti, non vuoi. Lo senti ridere cattivo, lei lo intima di lasciarti in pace. Diventa dura mentre prende le tue difese.
-È solo un inutile essere umano, Celine. Ne trovi mille così.
-No. Lascialo stare. È mio.
Lo senti sbuffare e ancora ridere. Ti tocca una natica, la strizza, la separa dall’altra. Ti tocca poi si stacca, ti torna di fronte. Ti guarda sprezzante, poi guarda lei.
-Ti lascio giocare col tuo essere umano, allora.- lascivo tocca il petto alla fanciulla, come se fosse una sua proprietà, il seno da adolescente.
Lei china il capo, sottomessa al suo Master.
Lui sparisce che neppure te ne accorgi.
Lei ti scioglie la benda dalla bocca, finalmente.
-Sete … - è la prima cosa che dici. L’arsura in gola ti strazia, le labbra aride e spaccate. Lo sguardo della ragazza si fa cupo per un attimo, sussurra “Anch’io” con voce diversa, poi torna a sorridere e prende una brocca poco lontana. Ti bagna le labbra con del vino, ti fa bere alcune sorsate.
Ti passi la lingua sulle labbra, lei passa un dito, se lo sporca un poco col porpora del vino. Lo guarda.
Ti sorride pacata, svelando solo i piccoli e bianchi incisivi.
Ti bacia, ficca con forza la sua lingua nella tua bocca, ti viene addosso, il bacino contro il tuo sesso eretto. Ti tocca entrambi i glutei, affonda le unghie nei muscoli asciutti.
Ti slega i polsi e ti mette sul letto. Cerchi di sfuggirle ma è più forte di te. Per una qualche strana ragione, quella creatura è forte come un uomo adulto, anzi di più.
Ti arrendi, sei troppo stanco, troppo affamato per combattere.
Lei ti tratta con più cura, ti accarezza le cosce, ti lecca il muscolo sartorio, vi poggia i seni. Con la punta della lingua di accarezza il pene, l’asta e la vena che la solca. Le labbra inglobano la cappella scoperta, poi tutto il sesso. Le senti la gola. Senti i denti sfiorarti la carne eccitata. Ti tocca lo scroto, lo lecca, lo prende in bocca, separa con la lingua i testicoli; ti piace in un modo che neppure capisci. Ti lecca anche fra le natiche, infila piano la lingua.
Ti esplora come nessuno ha fatto mai, come neppure immaginavi si potesse fare.
Si rimette dritta, si spoglia rivelando un corpo perfetto e d’un bianco opalescente, il sesso biondo e i capezzoli rosa, la vita stretta e l’ombelico come una rosellina. Le cosce affusolate, le braccia snelle.
Ti lega ancora i polsi, opponi un’inutile resistenza.
Ti bacia e chiudi gli occhi, ma li riapri subito quando senti afferrarti le caviglie. Qualcuno le ha appena legate alle colonnine in fondo.
La ragazza, Celine, ti è seduta sul petto e t’impedisce di vedere chi l’ha fatto. La sua fica umida si struscia su di te, te la fa annusare, vedere bene. Ha la vulva rosa, sa di buono.
Poi senti delle labbra prendersi in bocca il tuo sesso, sono fredde. Una lingua viscida leccarti, delle mani di ghiaccio stringerti lo scroto. È strano, ma la tua erezione si fa ancora più gonfia. Senti un dito insinuarsi fra le natiche, non delicato come la lingua di Celine poco prima, ma violento, le stringi d’istinto, una risata beffarda e un colpo secco, il dito entra con forza in te.
Urli dal dolore.
Celine si volta, guarda la ragazza che gioca con il tuo ano, emette un sibilo.
-Piano! È solo un essere umano!
-Così fragile … meraviglioso.
-Ti ha mandata Gaspard? È mio, l’ho trovato io.
La ragazza si mette il dito in bocca, lo succhia guardandoti negli occhi. Ghigna e il suo volto prende le sembianze della faina che di notte prova a ucciderti le galline. Dura un attimo. Ritorna a essere fanciulla. Sotto lo sguardo severo di Celine ti bacia le labbra, poi va via.
-Scusatemi, signore, Leni adora le cose nuove.
Le cose nuove.
Ecco il tuo ruolo.
Sei una cosa. Un giocattolo.
Un giocattolino erotico sottomesso a quelle creature.
-Non sono una cosa … - provi a dire. La risata argentina copre il resto delle tue parole.
-Vi prego, ditemi ora, qual è il vostro nome, signore?- chiede accarezzandoti il petto, stuzzicandoti i capezzoli, sfregando la vagina bagnata sul tuo ventre.
- Martyn, e non sono un signore. Lavoro la terra.
-Interessante. Io sono Celine, ma forse lo sapevi già.
-Ti prego lasciami andare. Lasciami tornare dalla mia famiglia.
-No. Non posso più.
-Non dirò nulla, lo prometto. Sarà come se non vi avessi mai visto. Giuro …
Lei ringhia.
- Non dire quella parola!- affondandoti le unghie nella pelle.
Tornando serena, ti va nuovamente a prendere in bocca il sesso, lo lecca, lo titilla, lecca la spaccatura in punta. Lo morde pianissimo.
Ti ferisce appena con gli incisivi affilati, un rivolo di sangue sottile come un filo d’erba macchia la perfezione del tuo pene eretto.
Lei lo lambisce subito, cupida, ti succhia altro sangue dal pene gonfio.
È totalmente presa, ti succhia via il sangue, ti agiti, senti uno strano dolore. Urli, smette.
-Scusatemi. Siete così buono, Martyn.
Ti sorride e si svela. Sono come sciabole i due canini ai lati della bocca.
Gemi, invochi il Signore, lei ringhia forte ti viene sopra.
-Non nominarLo mai in mia presenza!- ringhia e sembra una lupa, con quei denti così aguzzi.
Non hai fiato, scuoti il capo. Implori pietà a quel mostro.
Torna a essere bella, ti accarezza.
-Se ti slego, fai l’amore con me come lo fai con la tua umana?
Te lo chiede in un modo così dolce, così innocente che non puoi rifiutare.
In un attimo le sei sopra, lei apri le gambe, infili due dita in quel corpo freddo. Ma resti disorientato quando senti del calore, la vagina carica di umori tiepidi, il clito è come pieno di sangue pulsante e vivo mentre ha un piccolo orgasmo. Ti spingi con le dita ancora più in fondo fino alle nocche, lei chiude gli occhi. La baci e lei risponde con passione. Osi di più, e le tocchi le natiche, l’ano e lei geme ancora.
È bollente come se il sangue fosse tutto concentrato lì.
Adagio, la penetri col dito, lo senti entrare, anello dopo anello, nella stretta apertura.
Tua moglie non si fa toccare lì, è contro natura dice, ma con Celine sai che puoi farlo.
Ti piace, la vorresti penetrare anche col sesso, vorresti svuotarti in quella cavità stretta, sentire che effetto ti procura. È madida dei suoi umori, sembra essere spalmata d’olio.
Geme di più, si apre per te come un ostrica (quelle che vedi al mercato ed essere proibite, proprio come quel rapporto sessuale al di fuori del Sacro vincolo).Ti si offre completamente. Vedi la fessura della fica rossa e pulsante di una vita che non ha più da tempo, la fessura sottile e nascosta del suo fiore più proibito. Scosti le piccole labbra. Entri e la senti calda, non è più quel pezzo di ghiaccio, non è come copulare con la neve.
I suoi seni piccoli ti stanno nella mano, i suoi capezzoli in bocca, li mordi come chicchi di grano maturo.
Ti muovi e ti muovi e non sai se ne uscirai vivo.
Poi, obbedendo a un istinto, ti levi, la volti. Lei si lascia girare, ti offre le natiche sode e rotonde come luna piena.
Non resisti. Stai commettendo un peccato Martyn che ti costerà molto.
La penetri dietro. Lei geme di piacere, non c’è attrito. Si offre ancora di più, si allarga per te. Ti muovi ancora e ancora, potente, ti piace sentire quell’opposizione che il suo corpo ti offre.
Hai un orgasmo che scuote il cuore di chi ancora ce l’ha. Ti svuoti in lei, la riempi di caldo liquido, ti togli sei appagato.
Quasi non ti accorgi di quel che accade dopo, talmente è tutto veloce.
Sei ancora scosso dall’orgasmo che lei ti viene sopra, senti la pelle del collo bucarsi, due canini penetrarti nella giugulare, il sangue defluire.
Il calore uscire dal tuo corpo.
Urli.

Quando ti risvegli, ti senti strano. Come se ti fossi tolto un peso dall’anima.
No, l’anima non ce l’hai più.
Hai le mani fredde come ghiaccio, denti affilati e letali.
Non sopporti la luce.
Solo gli occhi di quell’incredibile profondo azzurro, intenso come i cieli estivi e il mare che da lontano ti porta il suo profumo, son restati.
Gli occhi, a svelare chi eri.
Martyn, la tua nuova vita è appena cominciata.