Nella fine è un nuovo principio

di  Boccadirosa

 

 

  Hai il palmo delle mani freddo.
L’hai sempre avuto freddo, ma questa volta lo senti più gelido del solito. Hai il viso sprofondato nell’erba. O almeno, in quella poca erba che questo inverno ha risparmiato.
Radi fili ghiacciati di graffiano il viso.
Terriccio.
È un odore forte, brullo.
Te lo senti in bocca, ed è un sapore che non ti aggrada.
Cerchi di alzarti, ma non ci riesci.
Puntelli le mani, puntelli le ginocchia, ma sei senza forze.
Ti lasci andare.
È questo il trapasso, allora?
Ma tu non puoi morire.
Sei senz’anima.
Sei già morto.
Cerchi di guardare il cielo: la luna sta tramontando. Fra poco il Sole spunterà all’orizzonte.
Fra poco spunterà e si alzerà nel cielo e i suoi raggi ti inceneriranno.
È così che morirai.
Ti hanno catturato subito poco dopo il crepuscolo, ti hanno sorpreso e ancora adesso non sai come ciò sia potuto accadere, ti hanno privato delle forze; ti hanno lasciato in quel posto, legato. La caviglia sinistra legata a una catena d’argento.
Per caso o volutamente proprio sotto la statua dell’Arcangelo?
Svetta su di te, la spada al cielo a combattere i dannati.
I dannati come lo sei tu.
È quasi ora. Vedi il cielo diluirsi, il blu sbavare in rosa.
Non hanno neppure avuto la gentilezza di bendarti, i tuoi occhi non sopporteranno la luce e saranno i primi a patire e incendiarsi e tu sentirai dolore e poi il tuo corpo s’incenerirà e sentirai tutto.
È quasi ora. Il cielo sempre più chiaro.
Fra poco il sole sorgerà e illuminerà tutto ciò che è sulla Terra.
Compreso te, Martyn. Dannato vampiro.

Una luce forte che non comprendi. E poi il buio che ti ripara come una calda coperta in pieno inverno.
Quando riapri gli occhi, non capisci.
Dove sei?
Giaci su una superficie troppo morbida per essere nuda terra, troppo confortevole per essere all’addiaccio. Attorno a te il buio vellutato della notte tua amica.
Ma come è possibile? Non puoi essere morto, sai che dopo non c’è nulla, nulla per te creatura senz’anima.
Ma ti senti stranamente vivo. Ancora.
Sei spossato ma trovi la forza per alzarti.
Hai la caviglia libera, le gambe nei tuoi stivali in morbido cuoio.
Ti siedi sul letto, ti guardi attorno. Di fronte a te, una finestra aperta, e al di fuori il mare in una lastra d’ardesia e il pallido disco della luna alta nel cielo.
Le nubi a ovest solcate e falciate da potenti tuoni.
Vai alla porta di questa piccola stanza circolare. È chiusa.
Tu, vampiro, che puoi sfoderare una forza fuori dal comune non riesci ad aprire quella miserabile porta in legno.
Vai alla finestra e inferriate si materializzano di fronte a te. Non provi a toccarle perché sai che l’argento di scotterebbe e ferirebbe la nivea mano.
Un rumore alle tue spalle, ti volti.
Non ci credi.
È Lei.
− Martyn. Benvenuto. − Ha la voce che pare sciroppo, è morbida e calda.
La sua voce ti nutre.
Ti inchini di fronte alla Dama Di Luce.
Abbassi il capo, ti inginocchi. Lei si avvicina, non pare nemmeno che cammini talmente leggiadro è il suo passo.
Ti viene accanto, la sua gonna d’argento è a pochi centimetri dal tuo viso.
Ti accarezza piano la spalla e sai che puoi alzarti.
La guardi negli occhi, quegli occhi colore dei ghiacciai, più chiari dei tuoi. Più puri.
Ti sorride, ti accarezza, ti dona calore.
I tuoi occhi, rossi per la sete, tornano chiari, azzurri come il mare più limpido.
− Mi avete salvato, mia signora.
− Sì, Martyn. − Si allontana, va alla finestra. − Lo sai perché?
Non lo sai. Scuoti il capo, in deferente sottomissione.
Lei te lo dice con la mente, i suoi pensieri si fanno i tuoi. Ti apre la mente cosicché tu possa leggervi dentro e capire.
Non credevi quello.
− Mia signora. – dici solamente in un caldo sussurro. Non sai se potrai farlo.
Fra voi ci sono più di settecento anni di differenza, ma a lei tutto ciò non importa.
Lei ti vuole per uno scopo ben preciso ed è per quel motivo che ti ha tolto dalle braccia del giorno che stava spuntando, ha evitato che tu finissi in cenere.
Che di te non esistesse più nulla.
− Dunque, Martyn?
Accetti.

Lei sorride e una nube l’avvolge, avviluppa il suo abito d’argento e la lascia in un bustino bianco, fatto di lacci e occhielli, con sottili laccetti a reggerle le calze di seta, bianche anch’esse. Le braccia nascoste da guaine di pelle bianca, le mani libere.
I seni celati dal bustino.
Si appoggia alla fredda pietra, ti attende.
Sei onorato che proprio tu sia stato scelto dalla Dama Di Luce per darle Piacere.

Lei ti osserva e vuole che tu ti spogli.
Adagio, sensuale come solo tu, Master, sai esserlo, ti slacci i piccoli bottoni d’avorio della camicia. Le riveli lo splendido petto glabro, piatto, adamantino. La cicatrice a forma di croce che deturpa, ma di poco, la tua splendida pelle.
Sfili la camicia dai pantaloni, ti accarezzi la pancia, arricci attorno all’indice i peli pubici che s’intravedono.
Ti sfili gli stivali, ti togli i pantaloni in un gesto fluido.
Resti nudo, sei magnifico come un’opera d’arte, sei una statua di marmo creata dalle abili mani del più abile scultore che lavora alla corte del Papa tuo nemico, e che adorna la sua Galleria.
Ti fai ammirare poi ti avvicini alla tua Dama.
Ti inginocchi di fronte a Lei. Lei ti dà il piede, tu lo baci. Passi la lingua sulla dura sporgenza della caviglia, risali il polpaccio, annusi il calore che pulsa nell’incavo del ginocchio.
Serri le labbra, chiudi gli occhi. Ti riprendi, allarghi di poco la bocca per poggiare le labbra sulla coscia. La lingua sente la seta delle calze.
Con delicatezza, sporgi i canini affilati e le strappi quel sottile strato che le avviluppa le gambe; prima una e poi l’altra.
Le lasci le gambe nude e neppure una ferita.
Ma quanta fatica ti costa non affondare i canini in quella carne bianca, profumata e morbida.
Le ti accarezza il capo.
Risali la coscia. L’inguine.
Il sangue lì scorre come se fosse un ruscello di montagna, è impetuoso e forte e carico di fluido e pulsa così potente che il tuo udito così sensibile percepisce quel suono, ti pare anche di vedere il sangue che irrora i muscoli della dama, scorre in tutto quel corpo magnifico, e te lo ritrovi tutto lì, tutto il suo calore è racchiuso in quel minuscolo, duro, focale nodulo di carne eretto che è tutto il Piacere femminile.
E lo tocchi con la lingua, lo fai vibrare e la fai vibrare.
Rovescia il capo dal piacere, inarca la schiena come un pesce che guizza dallo stagno, allarga le gambe e ti mostra la sua carne rossa pulsante battente bisognosa di quella specie di amore che solo tu sai darle.
Affondi il viso nel suo sesso accogliente, la succhi come un tempo, tanto tempo prima, succhiavi le ciliegie del tuo albero.
La polpa succosa e rossa, il nocciolo che le dà piacere.
Geme.
E tu ti ecciti, ma non puoi fare gesti inconsulti.
Non sei il più forte in quella torre di pietra che si protende su un mare in burrasca.
Lei ti prende il viso fra le mani, ti fa rialzare.
Ansimi, sei duro eretto. Completamente sfoderato, ma sai mantenere il controllo.
Ti bacia piano le labbra cariche di orgasmo, ti lecca il labbro superiore, te lo morsica piano.
Passa l’indice sulla tua bocca ora, ne disegna i contorni. Te lo infila dentro, ti tasta i denti, sente i canini. Si punge e si lascia succhiare il sangue.
Lo assapori e ti pare essere il sapore più buono del mondo, più buono di tutte le creature delle quali ti sei nutrito in questi settecento anni di vita sulla terra.
Sfila il dito, se lo lecca.
Va al letto, slaccia il corpetto e anche lei resta nuda.
Si sdraia sui velluti porpora e ti attende.
Aspetta il suo Padrone.
E tu ti avvicini e inizi a leccarla tutta, a fare di lei ciò che vuoi, tutto ma non morderla.
Lei ti ha salvato e tu non puoi morderla.
La penetri con la mano, si contorce dal piacere invoca il tuo nome, ti implora di farle di più.
Di scatto si volta, si mette in ginocchio e appoggia le mani al muro e tu le vai dietro e la prendi, la fai tua, affondi in lei, una nave che si incaglia nei ghiacci dell’artico, una nave che si fa largo con forti colpi fra i ghiacci dell’artico.
E spingi e gode, e se lei non fosse una creatura magica in un luogo magico non potrebbe resistere a quei colpi, nessuna umana potrebbe.
Ma lei è speciale, superiore e tu puoi imporle tutta la tua forza, farle sentire il tuo membro nelle viscere, tali son forti i colpi che le dai.
Esplode nel suo orgasmo privato, così carico di elettricità che lo senti anche tu, i muscoli del suo sesso si avviluppano contraggono prendono e rilasciano il tuo membro duro, lo pompano e tu pompi e vai su e giù, avanti e indietro finché finalmente anche tu esplodi, il caldo, bollente, bianco opalescente fiotto caldo del tuo corpo di uomo entra in lei, la lava del tuo liquido entra nelle sue fessure come il gorgo di un orrido, e si quieta.
Trova la sua calma.
Il cuore della Dama torna a battere con serena regolarità.
Tu ti sfili dal corpo accogliente della donna. Il tuo sesso è lucido e rosa scuro, il piccolo occhio ancora sbavato di bianco.
Lei si volta, lo prende in mano come per salutarlo, lo bacia lieve sulla punta.
Si sdraia languida, si poggia una mano sul ventre che pare già essere arrotondato.
Ti permette di poggiarci un orecchio.
Flebile ma potente, il cuoricino batte.
Sorridi.
Il figlio che la Dama Di Luce porta in grembo è figlio tuo. Vampiro.

E tutto si fa nuovamente luce e non capisci.
Il buio, ora, e un tunnel e freddo e caldo e poi ancora più caldo.
E apri gli occhi, ancora.
Sotto di te, l’erba secca resa arida dal sole bollente che ti scotta la schiena.
Hai sete, tanta sete.
Ti alzi a fatica, alzi lo sguardo alla cattedrale di alberi che si erge su di te, vedi il faggio farsi salice, l’olmo e il castagno.
E l’ombra che ti protegge e tu che esci dall’ombra ed esponi il viso al sole.
E non ti pare vero. Annusi l’aria e senti i profumi dei pollini. Starnutisci.
E respiri, respiri, respiri e senti il cuore batterti forte nel petto, e la vita scorrerti nelle vene e alzi le braccia al cielo a questa nuova vita.
Alla vita che con forza ti è stata strappata e in cambio della vita che hai creato nella Dama Di Luce lei ti ha restituito la tua e riportato al tuo mondo.
Alla tua epoca.
Ai primi dell’anno Mille.
Il mulo è là, paziente attende il suo padrone, dondola piano la coda a scacciare gli insetti molesti.
Gli vai accanto, gli gratti piano le orecchie e il morbido muso di velluto.
Prendi la borraccia e finalmente bevi.
La prima acqua di una nuova vita.
E la senti scendere nella gola nell’esofago nello stomaco e acquietarti.

Il tuo sguardo si concentra sul fondo del piccolo campo, sulla figuretta che corre verso di te, e allora ti accovacci e spalanchi le braccia e la bambina si fionda nel tuo caldo abbraccio.
− Papà!
I suoi capelli castani ti solleticano il viso e quella figuretta ti appare così piccola e indifesa in quell’abitino di cotone grezzo.
E la culli e la tieni a te.
− Ma non hai ancora finito? − È la voce di tua moglie questa; ti viene accanto portandoti dell’acqua fresca.
E tu non sai come fare per spiegarle l’assurdo sogno che hai fatto, che hai visto l’uomo volare e hai visitato città incredibili, monumenti immensi, che sei stato alla corte del Re di Francia e al cospetto dei dogi di Venezia e Genova, di Vescovi e Imperatori, che hai visto quella smisurata meraviglia che è il mare e che dovrai farlo vedere anche a tua figlia. Non può crescere ignorando l’esistenza di una tale incredibile forza della natura.

E la sera, togliendoti la camiciola di lino, ti stupisci nel vedere la piccola cicatrice che hai sul petto, quella cicatrice a forma di croce, lasciata da un crocefisso in argento nell’anno del Signore 1492.
Che ora sai, lascia sulla pelle dei vampiri segni dolorosi come scottature.

Martyn, la tua nuova vita è appena ricominciata.