Il prestito

di   Cher

 



Continuo a superare prove.
Continuo il mio addestramento di schiava, che non finisce mai, cado, spesso sotto i colpi della mia distrazione, ma risalgo, ne faccio tesoro e imparo e non sbaglio più. E un altro passo è fatto.
Passi importanti che abbiamo fatto sempre insieme, uno dopo l’altro, con amorevole pazienza da parte Tua. Ed ogni sforzo mio di migliorare nel desiderio di essere tua si intreccia con la Tua maestria nel trasformarmi in quell’ essere perfetto che vorrei essere per Te.
Questo cammino ci porta sempre più dentro di noi, a scavare e fare spazio ed arredare il nostro intimo essere, l’una proprietà dell’Altro, nella consapevolezza mia di donarmi a Te, alle tue certezze.
Queste calde giornate primaverili mi trovano spesso persa nei miei pensieri, penso a come ero tanti anni fa e mi rivedo fare passi insicuri e traballanti, come i piccoli quando aggrappano le manine al divano e, come d’incanto, si trovano liberi e capaci di camminare.
… fino al primo cedimento, per poi ripartire di nuovo ma stavolta con la consapevolezza di chi sa di poterlo fare.
Penso alle tante prove superate con gioia, fino alle lacrime.
Ai tanti desideri esauditi per il Tuo piacere, la cosa più bella.
Appoggiata sul divano quasi vorrei abbracciarmi, parlare con me stessa come fossi un’amica, come a voler sdoppiare una parte di me per poter raccontare e guardare la luce negli occhi dell’io che mi ascolta.
Mi capita spesso, vagando in rete, di leggere racconti, storie vissute e fantasie di Padroni e delle loro schiave e spesso, nella fantasia o tra le esperienze di molti, viene a galla, prepotentemente, il desiderio di condividere la propria schiava con altri. Alla ricerca di cosa, dipende da come ci si pone nel proprio rapporto Dom/sub.
Infatti questi racconti assumono le caratteristiche più svariate e davvero non c’è limite alla fantasia di chi scrive.
Ne abbiamo parlato, ti ricordi? Tu per farmi tremare mi dicevi: “devi diventare bravissima, che figura farò altrimenti quando ti farò usare da altri?” . E con questa scusa giocavi con la tua frusta e ad ogni mio piccolo e non autorizzato movimento mi facevi ricominciare a contare …
Poi, il giorno dopo, insieme a prenderci il caffè, io timidamente provavo, a mio rischio, a tornare sull’argomento e tu con assoluta tranquillità smontavi tutta quella struttura di tortura psicologica che così minuziosamente avevi costruito su di me la sera prima.
“Farti usare? E perché dovrei?Devo dimostrare a qualcuno la tua totale appartenenza a me? Ce n’è forse la necessità? Con tutto il lavoro che abbiamo fatto insieme, poi che faccio, ti metto nelle mani di uno che magari nemmeno conosco e che neanche sarebbe in grado di percepire tutto l’impegno che abbiamo dedicato entrambi per arrivare a questo?”
Non solo le tue parole mi riempiono della gioia di sentirmi tua ma mi rassicurano anche molto che le mani su di me saranno sempre le tue.
“Comunque sono certo che se affrontare questa esperienza diventerà parte della mia volontà tu sarai pronta … vero Cher?”
Appunto … cosa dicevo?? Come non detto!
Ti rispondo.
“Certo Padrone, non avrò un attimo di esitazione, se tu lo vorrai sarò pronta a questa ed a qualsiasi altra esperienza”.
Questi ricordi affiorano sotto la pesantezza delle palpebre, che ormai chiuse, mi invitano anche al silenzio dei pensieri, e mentre i ricordi si allontanano si fanno prepotentemente strada nella mia mente immagini nuove, leggere, vive …

Non capisco perché.
Hai voluto mettermi nell’ulteriore imbarazzo di farmi salire in camera da sola, non potevamo farlo insieme?
Ora ho il cuore impazzito dalla tensione e i battiti dentro di me sembra che li percepisca anche il portiere al quale non do il neanche il tempo di dirmi buonasera.
“Mi stanno aspettando alla 305” , mi volto verso le scale e sento già distanti le sue parole.
“… terzo piano!”
Non so assolutamente cosa dovrò aspettarmi da questa serata, hai fatto in modo che io non sapessi nulla, non hai risposto alle mie domande. Mi ha chiesto solo “Sei sicura di volerlo fare? Ti senti pronta? Sai che dietro quella porta sarà diverso, sai che se accetti di entrare lì dentro dovrai obbedire.
… E non a me!”
Lo so, l’ho voluto e desiderato e ora che sto per bussare alla porta la sensazione è diversa, non ci sono più immagini sfuocate, voci lontane, c’è solo questo preciso momento.
Busso alla 305, un attimo di silenzio, sei tu ad aprirmi la porta, mi guardi ed accenni appena ad un sorriso, faccio due passi per entrare e tu chiudi la porta dietro di me, subito la mia attenzione è attratta da una figura in piedi davanti alla finestra, non riesco a sostenere lo sguardo, abbasso gli occhi, rimango immobile, non so che fare spero solo che arrivi una parola, un ordine o qualsiasi cosa che interrompa questo mio imbarazzo.
Percepisco che l’uomo davanti alla finestra è lì immobile e mi guarda, tu sei dietro di me, finalmente sento che appoggi le tue mani sulle mie spalle e mi accompagni verso la finestra.
Ora sono davanti a lui, sento le tue mani che si staccano da me, vorrei lasciarmi cadere all’indietro pur di riprendere il tuo contatto.
“Inginocchiati”
Quella voce è tranquilla ma severa, diversa da quella prima volta che ci siamo incontrati tutti e tre, quasi come se tu avessi voluto mostrare la merce prima di darla in prestito.
Ricordo che quella sera ero eccitatissima all’idea di quell’ incontro, ma mi avevi rassicurata che sarebbe stata solo una chiacchierata fra amici ed infatti passammo una piacevole serata, tra i vicoli del centro, seduti ad un tavolino fuori di un piccolo locale caratteristico, io vi ascoltavo parlare ma la mia mente era altrove, sapevo perché eravamo lì e guardavo le sue mani cercando di immaginarle su di me, il suo sguardo era diretto su di te e io ho provato più di una volta a guardarlo in viso ma ogni volta, lui si girava verso di me e io abbassavo di nuovo lo sguardo, non sono mai riuscita a sostenere quegli occhi.
Lui sembrava che avesse capito e giocava con questo mio pudore, mantenendo lo sguardo su di me ancora qualche attimo e poi via di nuovo, sapendo di avermi in pugno, sapendo che sentivo la sua forza e che i miei pensieri erano ormai intrappolati dentro la sua gabbia.
Pensieri, ora, durati un flash, sono in ginocchio davanti a lui, lo sguardo sempre a terra, di nuovo in attesa.
La sua mano mi accarezza la testa, poi le dita scendono leggere, arrivano sotto il mento e mi sollevano il viso, per un attimo solo incrocio il suo sguardo, sorride, distolgo gli occhi dai suoi sperando così di non farlo arrivare subito diretto alla mia anima. Continua a tenermi il viso alzato poi mi accarezza di nuovo, quasi mi confonde, so che mi sta studiando, appoggia una mano sulla mia spalla e fa una leggera pressione, ora ha sentito che sto tremando.
Si sposta e va a sedersi su una poltroncina all’angolo della stanza.
Ora sei tu a parlarmi.
“Alzati e vieni qui, - mentre mi alzo e vengo verso di te continui a parlarmi - vicino a questa sedia, spogliati, togli tutto ma molto lentamente”.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, mentre inizio a spogliarmi tu vai a sederti sul letto vicino a lui, non vi guardo ma sento i vostri occhi su di me.
Sono in piedi davanti a voi, nuda, occhi sempre bassi, la tensione che ho dentro mi scuote facendomi tremare come una foglia, so che questo mio tremore è visibile anche da voi, questo vostro silenzio mi toglie il respiro, mi offusca la vista.
Lui si alza, viene verso di me, mi prende un polso, un istante solo alzo lo sguardo a cercare i tuoi occhi, mi sento protetta, mi porta ad un passo di fronte al muro e mi fa appoggiare le mani, braccia tese poi infila una mano tra le mie cosce e mi obbliga ad allargare le gambe.
- “Immobile”
Di nuovo quella voce severa.
Due mani mi stringono le spalle, sei tu, chiudo gli occhi e ti respiro, ti sento, sei qui con me.
- “Adesso io vado, so con quanta dedizione stai affrontando questa esperienza e con quanto amorevole impegno ti offri, sono fiero di te adesso e lo sarò domani mattina quando ti riabbraccerò, buonanotte amore”.
Non sono riuscita a risponderti, non mi è uscito il fiato necessario per farlo, sono rimasta immobile, ho sentito la porta richiudersi a chiave questa volta, dall’interno.

Sento girare la chiave nella porta, sei tornato: “Ciao amore – ti abbraccio – pensavo a te, mi sono addormentata, sognavo di Te e di me, e di chissà chi …!!!”