Collezione di farfalle

di  Daina

 



E’ stata una notte agitata. Il caldo umido e afoso inevitabilmente mi ha tenuta sveglia.
Tutta la notte a fissare il nulla e a pensare a ciò che era stato detto durante una conversazione telefonica la sera prima.
Sono le 05.00. Prima di andare al mare, voglio passare dalla scuderia. Ho preparato tutto il necessario prima di coricarmi; il tempo di farmi una doccia e sono già fuori casa.
Faccio uscire PJ dal box e lo porto a pascolare. Ha voglia di muoversi. Torno indietro per sellarlo e via... una breve galoppata per renderlo felice. Una mela e un bacio sul muso.
Sono le 08.00, quando giungo davanti allo stabilimento balneare. La giornata non si presenta bellissima, sole pallido e tantissima umidità. Forse è per quello che ci sono poche anime in giro.
Gianni, il titolare dello stabilimento, appena mi vede dice:
"In prima fila tutto esaurito. Solo seconda o ultima fila".

Sì perché Gianni mi conosce fin da quando ero ragazzina e conosce molto bene anche le mie preferenze per quanto riguarda la posizione degli ombrelloni.
"Dipende com’è l’acqua del mare; se fa schifo come domenica scorsa lo vorrei in ultima fila... anzi, se metti il lettino sotto la doccia, ancor meglio".
L’uomo che si trova al fianco di Gianni inizia a ridere. Un bell’uomo sui quarant’anni poco più poco meno.
Gianni rivolgendosi a lui: "Questa donna merita un premio per la sua fedeltà!"
"E’ vero!" gli rispondo. "Ma è ora di cambiare!"

Poi, ammiccando aggiungo: "Non mi riferivo allo stabilimento, non ti tradirei mai".
"Sono vecchio ormai, se non saranno i miei figli a proseguire, temo che tra un paio di anni venderò".
La parola "fedeltà", mi aveva portato alla mente la mia vita sentimentale. Sono sempre stata fedele ai miei compagni di viaggio che, pare assurdo, ma per il lavoro che facevano o per i km che ci dividevano, li ho sempre attesi anche per settimane senza mai tradirli. Una volta era considerato un pregio, oggi è considerato un difetto di cui vergognarsi.
Mi sto gustando la colazione preparata da Gianni, cappuccino doppio con un bel bombolone pieno di crema e ricoperto fino all’inverosimile di zucchero al velo, quando una voce alle mie spalle esclama:
"Non hai più il sedere di quando avevi 20 anni, ma il tuo mi piace sempre. Però vorrei domandarti se hai intenzione di arruolarti!"
La voce mi è familiare anche se non riesco nell’immediato a dargli un volto. Capisco che l’uomo si sta rivolgendo a me per via dell’abbigliamento che indosso. Un paio di pantaloni lunghi alla militare e il pezzo sopra del bikini sempre in stile militare.
Sto ancora masticando il bombolone, quando decido di voltarmi per capire chi è e ... sento le mie guance improvvisamente prendere fuoco. Deglutisco cercando di essere il più disinvolta possibile, ma lui capisce il mio imbarazzo e scoppia in una fragorosa risata.
"Sono andata a cavallo stamattina prima di venire al mare. Non potevo certo andarci in costume da bagno ti pare?!"
"Ti sono pure cresciuti i baffi!"
e alle sue risate si uniscono anche quelle di Gianni e dell’altro ragazzo.

"Hai la bocca sporca di zucchero... non sei cambiata per niente a mangiare i bomboloni e immagino che la macchina parcheggiata qui davanti sia la tua. Sembra un santuario dedicato ai cavalli!"

Santuario. A parte tre adesivi che ritraggono cavalli, un ferro di cavallo e un cavallino appesi allo specchietto retrovisore e i cappelli che si trovano nella parte posteriore dell’auto a ridosso del vetro, non c’è nient’altro. "Esagerato"… penso tra me e me.
Vorrei mandarlo a fanculo, ma penso che davanti a sconosciuti non stia bene.
"E’ buono il bombolone?". Annuisco senza far uscire una sola parola dalla mia bocca.
Stefano, il playboy dello stabilimento balneare e nipote di Gianni. Mi rendo conto che invecchiando è diventato ancora più bello di quando eravamo ragazzi e tutte se lo contendevano. Le serate passate sulla spiaggia tra maratone di ballo che si prolungavano fino a mattina inoltrata, falò sulla spiaggia e tante altre cose ancora. Stefano, che non passava inosservato e con le ragazze ci sapeva fare; un vero collezionista, ma io non ero mai finita nella sua collezione di "farfalle", non gliel’avevo permesso proprio a causa di quella fedeltà di cui accennavo prima.
Stefano mi presenta il suo amico Alberto e insieme mi accompagnano a scegliere la mia postazione tra i pochi ombrelloni rimasti a disposizione in ultima fila. Alberto poi va ad aiutare Gianni ad aprire gli altri ombrelloni e a sistemare i lettini dei bagnanti che hanno prenotato per questa domenica che ancora non ho capito come sarà.
"Ma i figli di Gianni oggi non ci sono, come mai?"

"Sono andati ad un matrimonio di una loro amica, arriveranno finita la cerimonia in Chiesa".
"E tu cosa ci fai qui? Hai ripreso ad aiutare tuo zio? Sono anni che non ti si vedeva più!"

 "No, solo per oggi e poi non è detto che quest’anno non decida di trascorrere le mie ferie qui. Tu invece le ferie dove le trascorrerai"? "Vorrei andare in Sardegna, sono anni che non ci vado oppure all’Isola d’Elba. Ancora nulla di definito, nel frattempo mi accontento di trascorrere qui le domeniche."
"Sono contento di rivederti. Mio zio me lo aveva detto che continuavi a venire qui e tramite lui ho saputo anche altre cose. Del tuo matrimonio finito e anche quello che è avvenuto dopo".
Lo guardo un po’ imbarazzata, perché io invece di lui non ho mai chiesto nulla e mi pare quasi scortese dirglielo. L’unica cosa che mi era stata riferita, è che si era sposato, me l’avevano detto i suoi cugini, figli di Gianni.
"Mi piacerebbe restare qui con te a parlare, ma devo dare una mano fintanto che non arrivano i ragazzi."
"Non ti preoccupare, tanto fino a stasera sono qui, avremo modo di scambiare qualche chiacchiera. "
"Posso invitarti a pranzo? Qui naturalmente e come tu sai, noi mangiamo prima perché dopo dobbiamo servire i tavoli."
Declino l’invito, ma lui insiste e mentre insiste per pranzare insieme mi viene un flash! "Ci sono gli scampi?"
"Chiedo a Rosa se ci sono, ma se non ci sono li procuriamo!"
"Se ci sono gli scampi, si, accetto l’invito".
Mentre si allontana gli urlo: "Mi raccomando, che siano cucinati alla Tippete!"
"Alla che?"
"Nulla... è una ricetta emiliana e qui siamo in Romagna"
  Lui non capisce... non può capire, ma io me la rido da sola.

Ogni tanto passa a trovarmi insieme al suo amico Alberto e altre volte da solo e quando è solo ci raccontiamo il nostro privato, compresa la storia con Daniele e il suo seguito. Poi arriva mezzogiorno ed è ora di pranzare.
Ha preparato un tavolo per solo due persone. "Il tuo amico non pranza con noi?"
"No, lui pranza dopo."

Rosa inizia a servirci il pranzo che è tutto a base di pesce. Porta anche il vino che io essendo astemia, rifiuto di bere.
Ed ecco finalmente gli Scampi! Tra me e me penso che non ce la farò mai perché ancor prima di iniziare il rituale già mi vien da ridere.

Non so quanto riuscirò ad essere disinvolta.
Tutto sommato mi riesce anche abbastanza bene. Mentre mi parla invece di fissarmi negli occhi, osserva la mia bocca che allo stile "Tippete" si gusta gli scampi. Ogni tanto si zittisce, abbassa lo sguardo e sorride. Poi alza di nuovo lo sguardo puntando prima agli occhi e poi alla bocca.
Ho finito di gustarmi gli scampi e osservo il suo piatto che ce ne sono ancora.
"Vuoi anche i miei?" mi domanda mentre mi lecco le dita.
Il mio stomaco a dire il vero era già anche troppo sazio, ma perché rovinargli questo momento con un "no" ?
"Se non ti vanno più, è un peccato lasciarli nel piatto!"
"E’ quello che penso anch’io!"


Terminato di mangiare anche i suoi scampi avanzati, la frutta e il caffè, mi faccio venire voglia di un gelato. Naturalmente un cornetto Algida anche se non sono quelli che preferisco.

Non mi riesce difficile dimostrare l’arte nel leccare il cornetto. Penso che non sia difficile per nessuno, però ammetto di averci messo amore più del solito.
Alberto ci fa un gesto di saluto con la mano. "Dai digli di venire a sedersi qui con noi."
"Ti piace?"
"Mi piace cosa?"
"Alberto, e chi scusa?"
"Ahahahah non dirmi che temi di perdere il primato da playboy da spiaggia! E’ un collezionista di farfalle anche lui?"

Fortunatamente a questa mia battuta cretina di cui io stessa provo vergogna, si mette a ridere, poi, seriamente dice:
"Anna, le persone crescendo o innamorandosi cambiano."
"E tu sei innamorato?"
"Si, ero innamorato di mia moglie."
"Non lo sei più?"

- Silenzio - "Anna, io ti devo fare delle scuse."
"Scusarti con me? E per cosa?"
"Ricordi quell’estate? Quell’estate che tu eri libera sentimentalmente ma che in realtà poi non lo eri?"


Sì, ricordo quell’estate. Marco era morto in un incidente stradale 8 mesi prima.
Quell’anno Stefano aveva deciso a farmi fare la farfalla di turno. A dire il vero ci aveva provato anche gli anni precedenti ma senza nessun risultato positivo per lui, ma non era un problema poteva avere tutte le donne che voleva.
Quell’estate io e Stefano cominciammo a frequentarci anche senza la presenza degli altri amici o delle amiche. Le effusioni non mancavano, carezze, baci, palpaggiamenti vari, ma ogni volta che si arrivava al punto di avere un rapporto completo, io mi tiravo indietro e non perché non mi piacesse, ma perché avevo come l’impressione di tradire Marco, anche se Marco non c’era più. Fedele nella mente e nel corpo.
Io e Stefano ci lasciammo in malo modo quell’estate. Lui mi accusò di avergli rovinato l’estate.
Uscirono parole pesanti dalla sua bocca.
"Si, certo che me la ricordo anche se non vorrei ricordarla."
"Lo so e mi dispiace riportarti a quell’estate, ma spesso in questi anni non mi sono dato pace per le cose brutte che ti dissi. Dopo che mia moglie se ne era andata, ogni volta che arrivava l’estate chiedevo sempre di te a mio zio, pregandolo di non dirti nulla per non risvegliare cose che ti avrebbero fatto del male."
"E parlandomene tu adesso, pensi che sia diverso?"
"Non lo so, devi dirmelo tu, ma ci sono cose che non sai e che vorrei dirti."
"Ti ascolto."

"Tu mi piacevi molto, più di altre. Solo che non riuscivo ad averti. Invidiavo Marco, invidiavo la vostra storia e quando veniva a trovarti la cosa mi dava fastidio.
Quando arrivasti quell’estate al mare, a me stesso potei finalmente dire che ti avrei avuta, che saresti stata mia, che anch’io potevo renderti felice anche più di quanto ti avesse resa felice lui. Ma non fu così. Tu eri ancora sentimentalmente legata a lui, non te ne volevi staccare.
L’anno dopo ancora tornasti e stavi già da un mese con quel deficiente che poi hai sposato.
Quell’anno se ricordi, ti evitavo. Poi gli anni successivi smisi di venire ad aiutare mio zio e iniziai a fare le ferie andando all’estero."

Improvvisamente smette di guardarmi negli occhi e anche di parlare.
"Continua Stefano."
"Quattro anni dopo conobbi Eleonora. Ho capito che quando si è davvero innamorati viene naturale essere fedeli, non l’ho mai tradita, ma c’è di più..."

Ancora silenzio... i suoi occhi diventano lucidi. Non lo incito ad andare avanti, lo farà lui quando e se ne avrà voglia.
Alza il viso e fissandomi negli occhi tutto d’un fiato dice:
"Ho perso anch’io mia moglie. Non è stato un incidente, ma è stata la malattia a portarmela via. Aveva solo 30 anni. Ho pensato molto a te, quando lei è morta. Ho capito il tuo dolore e quel volere rimanere fedeli ad una persona che hai amato, che ti ha amato e che non c’è più. Sono stato per quasi due anni, proprio come te, senza provare il desiderio di andare con un’altra donna anche se mi piaceva.
Ho pensato che da un lato ero stato un po’ più fortunato di te, mi era stato dato il tempo per farmene una ragione, sapevo che sarebbe morta, tempo che tu non avevi avuto. Te lo avevano portato via all’improvviso, come quando eravate piccoli e questa volta per sempre.
Mi sono sentito un animale per come ti avevo trattato quell’estate, le cose orribili che ti avevo detto e mi sarei solo perdonato nel momento in cui fossi riuscito a farti personalmente le mie scuse".
"Non ti devi scusare, non potevi sapere quello che si prova".

Stefano allunga le sue mani per prendere le mie, ne avvicina una alla bocca e la bacia.
Nel frattempo sono arrivati i suoi cugini e passano a salutarci.
Per rompere quell’atmosfera cupa che si era venuta a creare, propongo a Stefano di andare a fare una passeggiata sulla battigia.
"Ottima idea per digerire gli scampi!" .... ride.
Rido anch’io e invitando Alberto a venire con noi, ci avviamo sul bagnasciuga.
Passiamo davanti ai banchetti degli extra-comunitari. Vedo delle cose carine, ma non posso comprarmi nulla perché ho lasciato il portafoglio in custodia a Gianni.
"Abbiamo digerito gli scampi! Possiamo tornare indietro prima che tuo zio mi sgridi per avervi sottratto dal vostro impegno preso con lui"!
Arriviamo al mio ombrellone e dico a Stefano se per favore alle 17,30 può venire a controllare se sono sveglia o se mi sono appisolata; nel caso in cui mi fossi addormentata, di svegliarmi perché alle 18 vorrei partire per rientrare a casa.
Nonostante il chiasso dei bambini, riesco ad addormentarmi.

Un’improvvisa e dolce sensazione di benessere. Sento le sue mani che mi spalmano la crema lungo la schiena e le gambe.

Lo guardo e gli sorrido.
Mi fa cenno di seguirlo.
"Dove mi porti"?
"Andiamo a fare un giro al largo sul pedalò. Io pedalo, tu ti risposi".
Da ragazzi, quando lui portava una ragazza a fare un giro sul pedalò, significava che se ne andava al largo per scoparsela.
Siamo lontani dalla riva, ma non oltrepassiamo gli scogli. Il mare è limpido e calmissimo.
Lui smette di pedalare e viene a sdraiarsi vicino a me. Mi sposta quei pochi capelli che ricadono sul mio viso e con le labbra inizia a sfiorami la fronte, le gote, il naso fino a sentire la sua bocca che si posa sulla mia, la sua lingua in cerca di una mia risposta.
So cosa sta per succedere. Posso cedere ed entrare a far parte della sua “Collezione di Farfalle”.
Nessun senso di colpa. Non tradirei nessuno.
Mi alzo e mi tuffo in acqua; lui mi segue.
Stefano si avvicina, inizia a scherzare poi con una mano sulla mia testa mi spinge sott’acqua e io lo trascino sotto con me. Ci ritroviamo avvinghiati, io con le mie gambe attorno al suo bacino, le mie braccia attorno alle sue spalle, le sue mani stringono i miei fianchi.
Risaliamo per prendere fiato e con le mani mi aggrappo alle sponde del pedalò.
Mi spoglia con la fretta di uno che teme un rifiuto mentre siamo in acqua. Mi sfila prima gli slip poi il reggiseno e infine con la stessa fretta si sfila i boxer. Ferma, praticamente immobile tra lui e il bordo. Le mani impugnano le sponde, la schiena appoggiata al bordo e lui di fronte che mi spinge sempre di più per evitare che io mi sottragga da lui.
Nudi, completamente nudi.

Con le gambe fa leggermente pressione per tirarmi un po’ più su dall’acqua. La sua bocca e la sua lingua cercano i miei capezzoli turgidi. Inizia a succhiarmeli, a mordicchiarli mentre sento il suo sesso, il suo membro duro penetrare dentro di me.
Reggendosi con una mano sola alle sponde, stacca l’altra e la porta dietro le mie natiche. La sua mano che esplora... le sue dita che entrano nel mio sedere.
Mi sta possedendo. La sua bocca che succhiano i miei capezzoli, il suo cazzo che mi scopa e le sue dita nel culo.
"Sali sul pedalò. Voglio scoparti la fica con la bocca"
Ci stacchiamo e mi aiuta a salire. Sono a carponi quando lo sento prendermi per i fianchi.
"Ferma così. Non ti muovere".
Mi apre le natiche e inizia a leccare con avidità, poi, un colpo deciso da farmi restare senza fiato. Si ferma per una manciata di secondi, poi molto lentamente lo tira completamente fuori e ancora tutto in un colpo dentro, così per 6-7 volte.
"Voglio sentirtelo dire"!
"Scopami il culo... non ti fermare"!
"Dimmelo ancora"...
"Non ti fermare ti prego!"
Il ritmo è veloce, molto veloce. Sento le sue palle sbattere contro le mie natiche.

Lo sento eccitato.
Mi scopa il culo con foga e con una mano mi tocca la fica.
Il ritmo improvvisamente cambia. Si fa sempre più lento poi lo fa uscire e mi fa sdraiare di schiena. Mi apre le gambe, mi accarezza l’interno coscia risalendo verso il mio sesso e si sdraia sopra di me.

Mi bacia, mi lecca, mi morde, sento il suo respiro affannoso, sento tutta la sua eccitazione. Il suo membro gonfio e duro appoggiato al mio pube. Lui sembra capire che con gli occhi gli sto chiedendo di scoparmi, di possedermi e quando tendo a muovermi con il bacino per farlo entrare dentro di me, lui si scosta leggermente.
Finalmente decide di penetrarmi scopandomi lentamente e quando inizia a sentire le contrazioni della vagina e miei gemiti che si fanno sempre più forti, fa uscire il suo membro si gira portandolo all’altezza della mia bocca e inizia a scoparmi la fica con la lingua. Non riesco a trattenere l’orgasmo e urlo tutto il mio piacere soffocato dal suo cazzo che ho in bocca.
Lo spinge così a fondo da non riuscire a succhiarlo. Non sono io a scoparlo con la bocca ma lui che mi sta scopando la bocca. Ora sono i suoi gemiti che si fanno sempre più forti.

Prende il suo cazzo in mano e con movimenti veloci esplode spruzzando la sua sperma sul mio viso.
Spruzzi di sperma gelida che mi fanno sussultare.

Levo lo sperma che mi copre gli occhi per poterli riaprire.
Stefano e Alberto sono lì, davanti a me che con le pistole ad acqua mi stanno spruzzando e ridono.
Sembrava tutto così reale che mi ci sono voluti alcuni minuti per capire che addormentandomi, ero entrata nel mondo dei sogni.
"Sono le 17.30, sei stata svegliata come da tua gentile richiesta".
"Grazie, ma non avevo detto di svegliarmi con le pistole ad acqua".
Alberto si allontana portando con se le pistole.
"Perché non ti fermi a cena? Ti porto a mangiare altri scampi se vuoi..." e sorride.
Ridendo gli rispondo: "La prossima volta gli scampi te li mangi tutti tu. Sapessi l’effetto che fanno durante la digestione!".
"Sei stata male? Mi dispiace! Ti assicuro che erano freschi!"
"No figurati, sono stata benissimo. Magari un giorno te lo racconto. Vado a salutare Gianni poi fuggo a casa prima che si formi coda in superstrada".

Sto salutando Gianni e famiglia quando vedo Stefano all’angolo del bancone del bar intento a scrivere su di un foglio.
Attendo che abbia finito di scrivere per avvicinarmi a salutarlo.
"Quando sei pronta ti accompagno alla macchina".
"Sono pronta".
"Allacciati la cintura e va piano"

"Promesso".
"Non posso fare o dire nulla per farti cambiare idea per farti restare a cena?"
"Nulla...".
Mi abbraccia forte, con una mano mi scompiglia i capelli e mi bacia delicatamente sulle labbra.
Mentre mi augura buon viaggio, mi allunga un pacchettino striminzito.
"Non aprirlo adesso. Spero di rivederti presto".
Metto in moto la macchina e parto.

Finalmente a casa.
Da dietro la porta sento la gatta che miagola.
Riempio di acqua la vasca e intanto apro il pacchetto che Stefano mi ha consegnato prima di partire.
All’interno c’è quel braccialetto visto al mercatino con scritto il mio nome.
Nel foglio che lo racchiudeva queste parole:
"Sei bella quando arrossisci, ancora di più quando sorridi.
Mercoledì è il tuo onomastico, è capitato più volte che venisse festeggiato qui in spiaggia. Ogni scusa era buona per festeggiare tutti insieme. Non ti ho mai regalato nulla. Ha poco valore, ma so che ti piace e che dovrebbe portare fortuna. Spero te ne porti perché te lo meriti e ricordati, quando si chiudono delle porte, se ne aprono altre. Chiudi quella porta e se bussa, non aprire."

(segue il suo numero di telefono e indirizzo e-mail).
Sarebbe educato telefonargli ora e ringraziarlo, ma è stata una giornata mentalmente faticosa.
Domani gli scrivo per ringraziarlo.
Mi immergo nella vasca ormai piena.
Un paio di telefonate, di cui una va a vuoto.

Il telefono suona libero ma non risponde.
Sorrido perché me l’aspettavo, poi ripenso alle ultime parole scritte da Stefano.
Quando si chiude una porta, se ne aprono altre....
Sì, è giunta l’ora di chiudere per sempre quella dannata porta.
La mia anima non è un albergo.