Amanti

di  DanzaSulMioPetto

 

 

  La serata era stata lunga, a tratti quasi interminabile tra le risa e il vino che scorreva a fiumi nei bicchieri, si riempivano ancor prima che le gocce sull’orlo avessero il tempo di raggiungere il fondo, traboccando ogni volta nelle bocche ancora assetate.
“Sono esausta… ti prego, accompagnami a casa”, mi bisbigliò Laura all’orecchio.
La scrutai chiedendomi per quale motivo mi trovassi lì con lei, era una domanda che mi facevo spesso, ogni qualvolta cedevo alla tentazione di cercarla ed invitarla ad uscire, nonostante sapessi benissimo che non me la sarei mai portata al letto e che le nostre uscite sarebbero poi sfociate in qualche stupida discussione.
Il problema era che proprio non potevamo sopportarci, ma non riuscivamo comunque a stare lontano l’uno dall’altra, era come se dovessimo rivederci periodicamente per ricordarci del nostro reciproco astio.
Ma forse era proprio questo che ci univa, in fondo erano piacevoli quelle liti senza senso e quel desiderio che restava sempre sospeso e inappagato, ci amavamo, a modo mostro, anche se non eravamo mai stati insieme e mai saremmo stati una coppia.
Solo in un’occasione ero riuscito a scoparmela, una sera simile a quella, in cui lei era troppo ubriaca per riuscire a litigare e si lasciò andare, senza fare troppi complimenti, alle mie mani che divennero sempre più invadenti e indiscrete.
Cercai di capire se anche questa volta avesse bevuto abbastanza da poter sperare in un piacevole fine serata, ma mi parve piuttosto lucida dal modo in cui si lagnava, sfoggiando tutto il suo innato talento di scassa palle.
Doveva aver intuito la ragione intima dei miei tentennamenti, del resto ci conoscevamo bene ormai, ma lei seppe sorprendermi con una proposta che quasi mi fece cadere dalla sedia.
“Non sono ubriaca come l’altra volta, ma se mi riaccompagni subito a casa, te lo succhio prima che vai via”.
Tra noi c’era come una guerra silenziosa, una lotta continua in cui nessuno voleva mai darsi per vinto, per questo dovevo rimediare non lasciando intendere il mio stupore, per questo cercai di riassumere un contegno distaccato, rispondendole tranquillamente, allo stesso modo in cui avrei potuto risponderle se mi avesse solo offerto di prendere un caffè da lei.
“E’ un po’ poco, mi sarei aspettato un’offerta migliore”.
“Ok, lascio anche che mi vieni in bocca allora, va meglio così? Ora alza il culo e riportami a casa”.
“Va bene, ma non mi fido ad aspettare di arrivare a casa tua, chi mi dice che poi, una volta avuto quel di cui hai bisogno, non ti tiri indietro rimandando la cosa a chissà quando”.
“Che stronzo che sei… tranquillo, se non ti fidi vorrà dire che lo farò in macchina, prima di partire”.
Doveva essere senz’altro molto stanca se aveva ceduto così facilmente lasciando che fossi io ad averla vinta, di solito dovevo sudarmi anche un semplice pareggio con lei.
Approfittammo della confusione per lasciare un saluto sommario a tutti, senza soffermarci in innumerevoli strette di mano e in altrettante parole per congedarci da ognuno.
Seguii Laura fino alla macchina, trovando molto eccitante il suo modo di camminare facendo riecheggiare il suono dei suoi passi nel silenzio del garage deserto, godendo la piacevole attesa che mi separava dal momento in cui avrei sentito la sua bocca.
“Non dimenticare che hai promesso di lasciare che venga nella tua bocca”, le dissi non appena iniziò a sbottonarmi i pantaloni.
“Eh no caro, quell’offerta era nel caso tu avessi aspettato di arrivare a casa mia, così no”.
“Ecco, lo sapevo ti saresti tirata indietro alla fine, almeno però potevi impegnarti per trovare una scusa migliore per farlo”.
“Ma che bastardo! Vuoi venirmi in bocca qui, senza neanche un po’ d’acqua per sciacquarmi?”.
“Quante storie, non è poi così terribile!”.
“E tu cosa ne sai? Hai mai provato?”
“No, ma lo immagino… a me non fa schifo se una donna mi vien in bocca mentre la lecco”.
“Ok, allora che ne dici se dopo che mi sei venuto in bocca io risputo tutto nella tua? Se ci tieni così tanto di certo non ti dispiacerà condividere la cosa con me e poi si tratta di roba tua!”.
“Beh…”.
“Ecco, questione risolta… se non te la senti, vuol dire che non è una cosa a cui tieni tanto e quindi puoi farne a meno”.
L’idea di ritrovarmi in bocca il mio orgasmo mi disgustava, ma non potevo cedere io ora, in fondo poi mi sarebbe bastato risputarlo e una volta arrivati da lei mi sarei fermato per sciacquarmi la bocca e bere un po’ d’acqua, in fondo non doveva poi essere così terribile se in tante donne lo fanno, anche se quando mi masturbavo lo trovavo sempre tutt’altro che invitante.
“Ok, ci sto!”.
“Ne sei certo?”.
“Sì, ti ho detto che ci sto, non mi hai sentito?”.
“Non mi fido”.
“Dì la verità che la tua era tutta una scusa e che eri certa che mi sarei rifiutato”.
“Sì, ne ero certa e proprio per questo non mi fido… chi mi dice che poi non ti tiri indietro tu?”.
“Cosa vuoi fare, chiamare un notaio per farmi firmare un contratto?”.
“Qualche garanzia la voglio”.
“Tutte quelle che vuoi”.
“Allora voglio che mi prometti che se all’ultimo momento ti tirerai indietro, poi dovrai fare per me tutto quello che vorrò per ripagarmi”.
“Certo tesoro, tutto quello che vuoi, nessun problema”.
“Non prenderla troppo alla leggera, io faccio sul serio”.
“Sì, ho capito, non preoccuparti”.
“Allora ricordati di aprire la bocca quando finirò, perché se non lo fai, prima te lo sputo addosso e poi ti vorrò a mia disposizione per una settimana”.
“Una settimana di sesso sfrenato con me? Non hai bisogno di fare giochetti se è questo che vuoi”.
“Ti consiglio di smetterla di fare il gradasso, io non scherzo e ti conviene stare attento a quello che prometti, potresti pentirtene”.
“Ok, ho capito, o apro la bocca o poi pago pegno per una settimana”.
“Esatto, se ti tiri indietro poi sarai il mio schiavo tuttofare per una settimana”.
“Il tuo schiavo?”.
“Certo… e non fare quella faccia sconvolta, se non ricordo male mi hai detto che certi giochetti ti piacciono, quindi non ti dovrebbe poi pesare molto, anche se io dovendo vendicarmi troverò il modo di fartelo rimpiangere”.
Il gioco si faceva sempre più pesante ed ormai era troppo tardi per tirarsi indietro, non mi restava altra scelta se non accettare le sue condizioni e fare del mio meglio per resistere al disgusto ed aprire la bocca.
Mi abbandonai sul sedile e dimenticai ogni cosa nell’umida scia di saliva con cui Laura bagnava il mio sesso, lasciando che affondasse tra le sue labbra, prima dolcemente e poi con sempre più impeto mentre accompagnavo i suoi movimenti tenendola per i capelli.
La sua bocca era calda e accogliente e quando sentivo di essere sul punto di raggiungere l’orgasmo, la fermavo, riposando dentro lei con lievi sussulti, tra le carezze della sua lingua che premevano contro la mia eccitazione.
Di tanto in tanto Laura spingeva per rialzarsi ed io allentavo la presa fino ad uscire quasi da lei, per poi rientrare ancora, lentamente a volte, altre volte con un colpo deciso che la faceva trasalire, continuando ad accompagnare i suoi movimenti finché non riuscì più a controllare il mio piacere e lo sentii esplodere in un attimo di pura estasi nella sua bocca.
Solo allora mi ricordai della mia promessa, mi tornò alla mente la storia di Pinocchio che chiedeva alla fata turchina la caramella promettendo di prendere in seguito la medicina amara, pur non avendo alcuna intenzione di farlo.
Se avessi dovuto aprire la bocca per prendere quello schifo, prima che lei me lo succhiasse, forse ci sarei riuscito, o forse avrei rifiutato categoricamente di farlo.
Invece avevo detto di sì, non immaginando il disgusto che avrei provato in quel momento, ed ora, per quanto mi sforzassi, le mie labbra restavano serrate, proprio potevo farcela, il solo pensiero mi faceva venire i conati di vomito.
Laura naturalmente non esitò vedendo che a nulla servivano i suoi versi per ricordarmi la promessa, e subito mi risputò tutto addosso.
Dal senso di nausea che provai in quel momento, fui felice di non aver aperto la bocca e mi precipitai a cercare dei fazzoletti nel cruscotto per potermi ripulire.
“Visto? Facevo bene a non fidarmi! Sei proprio un gran bastardo!”.
“Scusa, volevo aprirla, ma proprio non ci sono riuscito”.
“Scusa? Non preoccuparti caro, avrai modo di farti scusare nella prossima settimana che mi farai da schiavo!”.
“Ma dai…”.
“Dai cosa? Ti ho detto che facevo sul serio, ora non pensare di poterti tirare indietro anche su questo!”.
Non immaginavo potesse arrabbiarsi tanto per quella storia, quasi temetti che mi strangolasse per vendicarsi di quel che le avevo fatto.
“Ok, come vuoi, pagherò il pegno”.
“Ok? Non mi piace ok, sei il mio schiavo ora, rivolgiti a me mostrando più rispetto”.
“Dai, ora non esagerare però”.
Con una strizzata di palle improvvisa, mi fece capire che non mi conveniva discutere oltre sull’argomento, almeno non per quella sera, non finché non le fosse passata la rabbia del momento.
“Così ti è più chiaro?”
“Sì mia Padrona”.
“Ecco, così va meglio… ora metti in moto e riportami a casa”.
Osservando la grazia con cui i suoi piedi scivolavano fuori dalle scarpe, fui quasi felice di dover pagare pegno.
Dopo un centinaio di gargarismi sembrava essersi calmata, probabilmente la stanchezza aveva preso il sopravvento sulla sua rabbia ed io potevo tirare un sospiro di sollievo.
Mi avvicinai inginocchiandomi davanti a lei, mentre con un piede ancora indugiava nella scarpa e l’aiutati a toglierla, sollevandole poi le gambe e facendola stendere.
“Visto? Avevo ragione a dire che in fondo ti piace fare il mio schiavo”, disse sospirando, mentre il suo piede mi accarezzava il viso scivolando sui miei baci.
Con la punta della lingua sfiorai le sue dita, scivolando sullo smalto di un rosso scuro che colorava le sue unghie e le faceva sembra come ciliegie mature che lentamente cominciai a succhiare, inseguendo i suoi gemiti che risuonavano nella notte.
Mi eccitava il suo modo di distendere il piede e di strofinarlo sul mio viso, osservandomi mentre la mia lingua scorreva avidamente sul suo tallone e lungo la pianta.
Poi richiudeva gli occhi non appena mi sentiva di nuovo raggiungere le sue dita e si mordeva il labbro inferiore mentre le lasciavo scivolare nella mia bocca, bagnandole con i miei baci.
“Sì, si capisce da come mi lecchi i piedi che ti piace essere il mio schiavo”, bisbigliò, facendo scivolare una mano sotto la gonna e cominciando a toccarsi tra le cosce.
Ad un suo lieve cenno la seguii, leccando e mordendo la pelle morbida delle sue gambe, risalendo fin tra le sue cosce bagnate dal piacere che le mie carezze le procuravano.
Succhiai le sue labbra affondando il viso nel profumo del suo orgasmo, bevendo i suoi umori come se fossero dolce nettare, finché lei non mi attirò a sé, lasciando che la spogliassi e che leccassi il suo ventre e i suoi seni, salendo fino al collo e alla sua bocca, entrando dentro lei, nell’abbraccio delle sue cosce che sussultavano.
Sentivo tutto il suo corpo fremere sotto il mio e il suo ventre accogliermi e stringermi dentro sé, come se mi attendesse da tempo, vibrando ad ogni mio affondo, nel desiderio che ci univa.
Nel tepore dei suoi seni premuti contro il mio petto e nei brividi che sbocciavano sulla sua pelle, mi resi conto di quanto l’amavo.
Potevo sentirlo in ogni suo gemito, nel sapore del sudore che la bagnava tra i nostri abbracci e in quello della sua lingua, mentre la succhiavo baciandola con forza.
“Lo sapevo che non ti sarebbe dispiaciuto essere il mio schiavo, del resto lo eri già, solo non te n’eri ancora reso conto fino a che punto”, mi sussurrò all’orecchio mentre le respiravo sul collo.
“Ti sbagli, sapevo già di esserlo… e proprio per questo so che mi ucciderai”.