Padrone
di Enchantra
Si era trovata il messaggio nella posta elettronica e, leggendolo, si era
sentita percorrere la schiena da uno strano brivido: paura, desiderio, emozione.
La sua ricerca nella curiosità umana l’aveva portata spesso a pensarsi preda e
sottomessa ma non mai aveva pensato che le sue parole gettate al web avrebbero
potuto sortire una risposta altrettanto forte e intensa.
C’era un Padrone, lì impresso nel monitor, cui dare una risposta, un Padrone cui
rivolgere una esplicita richiesta, cui offrire un assenso preciso.
Poteva rinunciare, sì... poteva farlo, ma era spinta da un desiderio consapevole
per estrapolare quella parte di sé stessa mai confessata che le aveva spesso
roso l’anima. E questo era il momento per farlo.
Le dita iniziarono a scrivere indipendentemente dalla testa. Non c’era
ragionamento, raziocinio, padronanza di sé: in quel momento sentiva solo il
desiderio di afferrare il lembo di un nastro colorato di rosso, una rosa
purpurea, che le venivano offerti, così come ai bambini viene offerta la
caramella dal “mostro”.
Risposta inviata.
Ora non poteva far altro che aspettare che il suo Padrone rispondesse, che lui
accogliesse la sua supplica...
I giorni passavano e Marta era sospesa: lui non aveva ancora accettato... lui
non la voleva ancora... lui voleva che la sua Schiava aspettasse i suoi
ordini... Lui voleva goderne l’ansia dell’attesa.
Finché, inaspettatamente come il primo messaggio, arrivarono le istruzioni per
contattarlo telefonicamente.
- E' indispensabile che così sia, e tu lo sai bene.
Il mio possesso di te si nutrirà e si fortificherà della tua vera volontà di
sottomissione che dovrà esser pura essenza.
Ti prenderò appieno se sarò preso dal tuo sicuro chinar di capo e sarà
esaltante, poi, prender di te anche la pelle.
Questo le scrisse, questo Marta accettò di vivere... Era la sua testa che
bramava così tanto... era la stessa testa china che chiedeva di essere alzata
dal suo Padrone...
Il primo approccio era importante per donargli la sua dipendenza e lei, ancora
vergine di tale esperienza, era pronta a passare attraverso la benda posata
sugli occhi, trapassarla per raggiungere la sua essenza, donargli la sua, prima
che egli raggiungesse la sua pelle...
Marta voleva il suo buio per trovare la luce con lui ...
I giorni passavano e Marta obbediva agli ordini che le arrivavano in posta
finché il momento arrivò: il suo Padrone desiderava incontrarla e Marta tremò.
Il momento era arrivato...
L’appuntamento era in un vecchio casale. Lei doveva arrivare in macchina, da
sola. Avrebbe dovuto aprire la porta, entrare ed aspettare.
Così fece...
Dietro l’uscio la accolse una grande stanza, illuminata dal fuoco vivo e caldo
di un camino acceso e le finestre erano oscurate da pesanti tende di velluto che
impedivano alla luce di entrare. Di fronte al camino un divano d’epoca sembrava
invitarla ad accomodarsi, ma non poteva, gli ordini erano stati precisi...
Come da istruzioni si pose al centro della stanza in attesa di qualcosa, di
qualcuno, di un ordine da eseguire.
Una porta si aprì e la sua voce le ordinò di chiudere gli occhi...
Marta non era nuda come dovrebbe esser una schiava, ma avvolta da una specie di
tunica setosa e stretta la quale, anziché vestirla, pareva esaltare la sua
sottostante nudità... Da questa preziosa fasciatura, come grossi spilli i
capezzoli parevano esplodere mentre il ventre e le cosce ne venivano
maliziosamente torniti.
Lui si avvicinava, la spingeva dolcemente indietro impedendole di cadere. Marta
era ormai nelle sue mani, quelle mani che la bendavano, la legavano alla trave
del soffitto, le legavano le caviglie ai due pali laterali: si sentiva un
erotico fuso disteso tra terra e cielo per il suo Piacere.
Marta si accorse che il suo Padrone frenava la sua Voglia di aprirle le gambe e
si accorse che un pensiero, un gioco nuovo, una verifica, altro comunque gli
passava per la testa che il solo soddisfacimento del suo membro dentro la bocca
di Marta od al bollore del suo inguine..
Il suo Padrone non parlava... ma lei poteva quasi sentirne i pensieri.
Un improvviso sibilo vicino al suo orecchio e una carezza strana, sottile che le
percorse la pelle, coperta od esposta, le scossero le membra.
Lui non aveva fretta, non ne ha mai.
Sentiva il bastoncino frugarle la fascia setosa che avvolgeva il suo corpo. Lo
sentiva infilarsi tra i seni, il sormonto. Lo sentiva ritrarsi e riprendere, da
sotto, la sua ispezione come un dito impertinente frugarle il sesso, penetrarla,
strusciarsi e bagnarsi dei suoi umori, tanto che Lui era costretto a portare
alla sua bocca il bambù per nettarlo prima di... colpirle i capezzoli facendola
sobbalzare... e gridare, più che per il sottile dolore, per il fatto che non se
l’aspettava.
Marta si stava adagiando in quelle carezze...
E lui continuava, cambiando di forza e tempo, a batterla con precisione di
millimetro sui suoi capezzoli doloranti...
- Non ti rimarranno segni ma per qualche giorno ogni carezza al tuo petto ti
ricorderà di me – le disse lui con tono basso, suadente, paterno...
Marta gli chiedeva di continuare, di batterla di più mentre lui alternava quei
colpi ai suoi capezzoli con altri precisi e profondi affondi al suo inguine...
Marta tremava di piacere, ora che le aveva dato il permesso di gridare stava
godendo ancor più ed il suo corpo si inarcava nell'intento di chiedergli di più,
di più..
Quello che non Marta non sapeva perché non poteva vedere, quello che nel suo
piacere gridato forse non poteva neppure immaginare, era quella chiazza scura
che si era fatta alla sommità delle sue cosce e che, mentre si allargava
lentamente verso il suo monte di Venere, scendeva con più forza a bagnare la
stoffa stretta ai suoi muscoli pulsanti, sotto il centro del tuo piacere.
Lui la prese, affondando nel suo sesso ormai gonfio e ammorbidito dal continuo
smottamento fisico. La prese con dolcezza sciogliendole le membra legate,
affinché lei potesse godere appieno del suo corpo...
Lui l’amava e in quel momento Marta divenne consapevole che il suo Padrone altri
non era che il suo Schiavo.
Regalo migliore non poteva fargli, lei, la sua schiava, che la consapevolezza
reciproca.