17
di Freyja
E’ notte. Fluttuo in un’atmosfera rarefatta. Ho perso il senso del tempo e dello
spazio.
Sono leggera ma la carne è pulsante, eterea ma ho il ventre preso in una morsa
di puro piacere liquido.
Sento colori, vedo suoni, accarezzo profumi. Ho fame di luce, di vita intessuta
di voglia di vivere, di movenze convulse.
Sogni evanescenti, eppur concreti popolano la mia mente inquieta.
Seguo le note trascinanti di Lost time in Porto, il crescendo e la ripetizione
allo spasimo, come in un amplesso, senza raggiungere la vetta, mai, anzi,
implodendo in una profusione di colori, come fuochi d’artificio.
Soffocata dai miei gesti, in bocca il sapore amaro della frustrazione, della
vana ricerca.
Tutto si fonde e risorge dentro di me, nell’umida febbricitante fessura fra le
mie cosce.
Sono in una terra sconosciuta, psichedelica e promiscua.
Il cielo è un manto viola, cangiante.
Brandelli di nuvole rosa trasportano angeli cherubini pingui e ridenti.
O forse è la mia fantasia e sono solo nuvole, vaporose e cicciotte, come culi di
bimbo.
Una donna anziana mi sorride, le dita artritiche mi afferrano dolcemente il
polso.
Apro la mano mostrando il tesoro che tengo stretto. Un semplice biglietto color
indaco, con scritto un numero, il 17.
La vecchia annuisce muovendo lentamente il cranio minuscolo e appuntito, da
topo, con l’aria saggia di chi la storia la conosce già.
Qualcuno mi sfrega una gamba. Mi volto.
Un efebo con calze rosa shocking e ciabattine frou frou dai tacchi alti mi butta
un bacio – smack! - con labbra vermiglie arricciate in un sorriso imbronciato.
Il membro in evidenza.
Con la mano si sfiora svogliatamente la leggera peluria del torace nudo e quasi
glabro.
Mi dice: - sei una stella, ma così fragile, così insicura, così nevrotica e
incasinata ….. sei segnata. Non potrai cavartela in nessun modo. Ci vuole Uno, a
prendersi cura di te, a incarnare tutto ciò che di contraddittorio c’è nella tua
anima in affanno…
Non rispondo. Mi faccio strada fra piante carnivore dai colori abbaglianti che
si aprono al mio passaggio, inclinando lo stelo. Nascondono bocche fameliche che
rapide inghiottono insetti facendo schioccare la lingua.
Tremo, le tempie pulsanti, i passi incerti, come persa nell’allucinazione di un
acido. Intorno a me, suggestioni improvvise e sguardi distratti.
Mi trovo davanti una piccola tavola, la morbida tovaglia color salmone che
sfiora il pavimento: pasticcini paffuti, gelati al pistacchio e fragola,
dolcetti alle mandorle e miele, fagottini colmi di crema al cacao. Anici
stellati, sparsi qua e là.
Passo avanti, non ho fame. Non ho quella fame, mentre un altro appetito mi
divora, mi consuma, chiede la mia resa incondizionata.
- !Hola! ?como estas? Tu eres muy linda. Che hace aqui? -
E’ una piccola donna travestita da coccinella, il naso schiacciato da pugile, la
voce petulante.
- Sono in cerca di emozioni. Non se ne trovano più nella città dove vivo, per
questo sono qui, credo… -
La piccoletta mi guarda con sguardo incuriosito, sollevando un sopracciglio
dipinto.
- Ho compilato un questionario, risposto a 177 domande. Mi è stato dato questo
biglietto… -
La coccinella ha un insolito modo di saltellare mentre mi ascolta.
- 17. Diecisiete. Es la “S”. Como sensibilidad, soledad..
E se ne va, trotterellando festosa.
- Sono qui a cercare il mio destino. -
Dico, prima piano, poi sempre più forte, finchè non mi metto ad urlare.
Due strafighe mi si parano davanti. Artefatte. I capelli biondo platino, le
unghie laccate, i capezzoli ritti come caramelle gommose su due seni inorganici
che sembrano due meloncini maturi, tondi e profumati d’estate.
- Hai proprio una gonna da troietta, - fanno in coro – così corta e larga, così
è facile prenderti, infilare una mano là sotto, nella tua fessura… -
- Piccola cagnetta in calore - Una delle due mi sbottona la camicetta.
- Bene. Lasciala così, con i capezzoli che fanno capolino dal reggiseno a
balconcino – dice l’ altra, e con un pennarello mi dipinge una S sul seno.
- La S, piccola dolce puttana, è la 17a lettera dell’alfabeto. S come Sklavin.
Spricht du Deutsch, oder was? ..ahahaha……. -
Ridendo sguaiate se ne vanno, lasciandomi lì, in mezzo alla strada, i vestiti
aperti come petali di una margherita che ha fatto m’ama non m’ama.
Sento le lacrime che spingono contro le orbite. Annuso l’aria. Odore di sandalo
e orange pekoe tea.
Due occhi di brace mi scrutano, Una mano calda, bruciata da estati di sole
implacabile mi accarezza il seno.
I miei bottoncini, liberi dalla stoffa, si induriscono. Sembrano due smarties
rossi. L’uomo li lecca con lingua di serpente, i baffi corvini mi fanno il
solletico.
Rabbrividisco e sudo nello stesso tempo, di desiderio e di piacere.
I miei sospiri un misto di lingue diverse mentre vado incontro al mio destino.
- No, non sono i tuoi occhi neri come la pece il mio destino – penso.
Il mio Dio, il mio Maestro, il mio Signore, il mio Inizio e la mia Fine, è
altro. E’ altrove. E’ energia, è luce, immensità, addestramento della volontà,
amore.
Il mio amore ha gli occhi di zucchero filato. L’ho visto in sogno.
Sento, con tutti e cinque i sensi. Sento il suono voluttuoso di una frusta.
Poi silenzio.
Driin. Un telefono che squilla.
- Pronto – Recitiamo all’unisono.
La mia voce è incerta, sussurrata, timida. Intensa e melodiosa la sua.
Mi fluisce sulla pelle come il jazz più profondo, penetra in ogni angolo del mio
corpo, provoca scintille dorate che mi pizzicano le guance.
Non posso resistere a quella voce che mi guida, oltre la siepe, oltre la strada,
il confine, l’orizzonte.
Una porta. Una chiave.
La apro e la richiudo alle mie spalle.
E’ buio, ma posso vedere con gli occhi della mente. Sedotta dalla sua voce.
Incantata, come un cobra dal piffero.
Sono incastrata, stregata. Piegata, lo guardo con aria implorante.
I polsi legati. Paralizzata dalla paura. La paura una sensazione solida. Poi la
sua voce, calma, rassicurante, profonda, che mi dà pace.
- Fidati di me. Scoprirai quanto è meraviglioso quello che ti farò vivere io. -
Solo oscurità e la sua voce luminosa, a rischiarare le tenebre.
- Chi sei? -
- Sono ciò che tu desideri -
Non posso vedere, ma so che mi sta guardando.
- Abbandonati a me. Farò casa, nido nel tuo cuore.
Ha una voce melodica, che si alza e si abbassa in un ritmo ipnotico. Non posso
far altro che pendere dalla sua voce, dipendere da lui, che mi guida con un tono
di carezza.
Mi sfiora leggermente una coscia, risale, sento il sangue fluire lì, fra le
gambe, nel centro di tutta la mia esistenza.
Il calore si espande alle piccole isole brune che popolano la mia pelle, che lui
traccerà, come una mappa.
La sua voce mi riempie di luce e io divento fluida. Ruscello, torrente, fiume
che rompe gli argini.
Scorro in un tormento di sottomissione.
Mi abbandono a lui, escluso dalla mia percezione tutto ciò che non è lui.
Raggiungo uno stato di grazia. Sì, è beatitudine questa.
Le sue dita mi danzano leggere sul corpo, poi con forza violano il mio pudore.
E c’è sempre quella spiritualità, quel suo lato etereo, sognante, che mi
trascina via, verso un cielo senza regole.
Mein Herrscher.
Mein neues Leben.