Sabato pomeriggio
di Freyja
Accompagno i bambini a scuola, un bacio tenero e via, a passi veloci verso
l’auto. L’aria è gelida, meno due gradi. Il sole mi infonde un energia
incredibile. Aumento il passo. Colazione al baretto e poi ufficio, da mio padre.
Glielo devo. Non è mai troppo tardi per salvare un rapporto, noi lo abbiamo
fatto, in maniera goffa e incespicante, ma nell’unico modo possibile: il lavoro.
Prima di uscire, a mezzogiorno, gli stampo un bacio sulla guancia e ritorno
bambina. Lui è imbarazzato e mi dice’arrivederci’. Rispondo ‘arrivederci’
anch’io.
Ho appuntamento per l’aperitivo al Deux con Lapomax, Lapo per la sua somiglianza
con il famoso Agnelli-Elkann, Massimiliano perché così è stato battezzato.
Milanese, amministratore delegato di una grossa società, separato, tre figli,
freddo e spigoloso come una stalattite.
Tolta ogni parvenza di sentimento dalla nostra relazione, posso dire che ci
facciamo compagnia il week end quando non siamo con i rispettivi figli, lui
piace ai miei amici (più che a me), è intelligente (dopo lo scambio di fluidi
c’è scambio di opinioni). La sua mente poco incline alle emozioni vorrebbe
qualcosa in più, visto che mio padre ha, come dice spesso, 15 partite iva, e
quindi non dovrebbe mantenermi come fa con la stupida della sua ex moglie,
parole sue, la ‘stupida’.
Ma non accenna slanci, di alcun tipo. Se solo mi piacesse di più sarebbe
perfetto. E’ che è troppo magro e gli dico ‘tu mi buhi con codest’ossi!’, è
ordinato in modo ossessivo (tutte le camicie e i maglioni piegati e imbustati),
usa troppo profumo (il lunedì spalanco le finestre per ore per togliermi dalle
narici Obsession) , fuma (in terrazza, of course), è biondo e lentigginoso, non
posso neppure infilargli un dito dietro perché ‘no, non sono un finocchio’ , è
razzista, è fascista, odia i gatti (e il mio micio Drakula se potesse gli
graffierebbe l’uccello), ha una visone manichea dell’esistenza.
Mi siedo al bancone.
- Che bella sorpresa, la nostra scrittrice… champagne?
- Of course. Mi hai portato Glamorama? Ho quasi finito Less than zero, l’ho qui
in borsa… pensare che l’ha scritto a 21 anni. Tu lo hai letto?
- Li ho letti tutti i suoi libri. Sì, è in macchina da una settimana - dice
Renato, il proprietario del bar. Pallido, di total black vestito, femmineo. In
comune una passione per i minimalisti americani. Lui sa che scrivo racconti
erotici, glielo ha detto la mia amica Sara. Che altro…. sì, lui adora me e i
miei stivali.
Mi versa del Moet Chandon, da una bottiglia già aperta, pescandola fra cinque o
sei immerse nel ghiaccio di un enorme contenitore trasparente marchiato
‘Ruinart’
- Eh no eh.. chi ti ha detto che volevo il Moet?
- Scusa cara… cosa vuoi allora?
- Cosa hai?
- Bollinger?
- Va bene.
Apre una nuova bottiglia
- Tranquillo, ne berrò almeno due bicchieri e aspetto una persona…
- Che ne berrà almeno due - fa Ferdinando, appoggiando i gomiti sul bancone alla
mia sinistra. Bel sorriso, occhi vispi, basso ed egocentrico, come i cani di
taglia piccola.
- Non credo, è talmente controllato, è anche troppo se ne beve uno, a
quest’ora..
Come va Ferdi?
- Bene, sono appena rientrato da Dubai
- Dubai, sarei curiosa di andarci.. c’è l’edificio più alto del mondo. Renato,
hai letto Se siamo ancora vivi ? La protagonista si vuol buttate da quel
grattacielo.
Re-na-to! ma smettila di imbambolarti sui miei stivali!
Lui sillaba sottovoce:
- Farei qualsiasi cosa per i tuoi stivali
Seconda coppetta, terza. Smangiucchio un po’ di pistacchi, mi godo la sensazione
di leggerezza che mi dà lo champagne.
Renato, ancora:
- Come ti vorrei. Sì, vorrei te, contemplativa.
Sorrido e faccio cenno di no con la testa, pensando che sono più una slave che
una mistress ma che avrei tanta voglia di umiliarlo, quel verme bianco.
Vibrazione, telefono. E’ Lapo:
- Ciao stella, sono ancora qua con l’ingegner Busoni e Davide.. sì, perché non
ci raggiungi a colazione? Il cuoco ci ha preparato le vongole alla griglia, una
specialità, e le anguille cieche.
- Si chiamano cee, non cieche, ed è proibito pescarle e anche mangiarle. Già hai
avuto due avvisi di garanzia, non ti bastano?
Penso: antipasto, primo, secondo, conversazione intelligente. No, meglio restare
al Deux, scolarmi tutta la bottiglia di Bollinger e parlare di Bret Easton Ellis.
Inizio invece una conversazione semiseria con Ferdianando: dal grande cantiere
navale che ha fatto default alle sue attività in Medio Oriente, dalla svolta
spirituale che ha preso il mio ex marito, amico suo, che sarà sempre l’unico
marito della mia vita, al vino della mia amica Francesca che chiedo e che Renato
non ha.
- Qui è finito. Devo guarda rese ne ho ancora in magazzino… e poi la tua amica
non è mica la marchesa Frescobaldi!
- Che cazzo c’entra, voglio farlo assaggiare a Ferdi, se non vai a controllare
se ne hai ancora io ti pianto il tacco 12 del mio stivale là.
Leggo desiderio negli occhietti piccoli e porcini di Renato, vedo gonfiore
all’inguine. Distolgo lo sguardo e continuo a parlare con Ferdinando.
Lapomax ci riprova, ma non ce la fa a convincermi. Ci vediamo dopo a casa mia.
Un morso sul collo. Scrivo.
Chiacchiero, bevo, rido, passano le ore. Chissà cosa direbbe mio padre vedendomi
lì seduta al bancone di un bar come nei classici telefilm americani, senza il
bisogno di dire’dammene un altro’ perché Renato appena vede che ho il bicchiere
quasi vuoto lo riempie di nuovo.
Ad un certo punto Ferdianando se ne va, pagando anche le mie bevute. Gli sfioro
la guancia. Sarebbe una bella scopata, non fosse così amico del mio ex marito.
Renato mi versa di nuovo da bere. Guardo l’orologio. Sono le tre. Tra un po’
arriva Lapo. Lo fisso negli occhi e dico:
- Andiamo a vedere se hai ancora il vino della Franci in magazzino.
Usciamo, il magazzino è in uno scantinato dell’edificio di fronte. Mi siedo ad
una specie di scrivania, appoggio la schiena nell’ampia poltrona. Lui resta in
piedi, davanti a me. Si cala i pantaloni e afferra il cazzo in mano. E’ già
eretto. Lungo ma un po’ stretto per i miei gusti, e troppo rosa. Si masturba
lentamente, prova ad avvicinarsi, con la mano gli faccio cenno di stare a
distanza.
Chiede:
- Posso infilarmi un dito in culo?
- Certo, anche due. Vorrei dirgli: “certo piccola troia”, sono certa che
gradirebbe, ma qualcosa mi frena.
- Posso godere?
- No, potrai solo quando te lo dice la signora.
Questa volta mi viene bene, e, strano, non mi meraviglio di me stessa.
L’idea di avere le sue labbra sulle mie o le sue mani sul mio corpo o le mie sul
suo mi fa vomitare ma mi gusto quella scena e sorrido golosa quando lui si
avvicina implorandomi:
- Posso venire ora?
Sollevo la gamba sinistra e gli pianto il tacco sui coglioni. Lui ansima, prende
lo stivale e lo preme di più, manda gli occhi al cielo, dice vorrei leccarteli a
lungo, chiede posso venire ora, io schiaccio il tacco e dico:
- Vieni. Ora.
Vorrei aggiungere ‘ma non sporcarmi gli stivali’ ma non lo faccio.
Più tardi a casa pulirò con la carta lo sperma appiccicato sul tacco, in testa
la frase del primo libro di Easton Ellis:
“e mentre l’ascensore ci porta giù, oltre il secondo piano, oltre il primo,
ancora più giù, mi rendo conto che i soldi non c’entrano. Che quello che voglio
è toccare il fondo”.