Quello che ti meriti
(secondo capitolo dela Saga di Ace)
di Heathcliff
Sei rientrato che non ero ancora andato a letto, alle quattro di notte, ma tanto
sapevo che non avrei dormito.
Non voglio cercare il tuo corpo nel dormiveglia, allungare un braccio verso la
parte vuota del letto e accorgermi solo allora che sono solo.
Preferisco angosciarmi da sveglio, chiedendomi mille volte se saresti davvero
capace di andartene per non tornare. Non che mi senta in colpa, su quello non ci
contare.
Certo, scommetto che a te piace credere che qualche ora fa ti ho quasi stuprato,
quando in realtà sei grande e grosso quanto me, e io non avrei potuto
costringerti se tu non avessi voluto cedere. Ma se ti piace ancora pensare che
mi dai il culo solo perché io me lo prendo, e non perché anche tu te la spassi
quando senti trenta centimetri di cazzo spingere dentro di te, se ti piace
inscenare il dramma della vergine oltraggiata dopo che mi hai pregato di
fotterti e mi hai schizzato il tuo sperma dappertutto, beh, fai pure, se questo
ti fa sentire più uomo, ma non pretendere che io mi senta in colpa solo perché
tu non hai ancora digerito il fatto che il cazzo ti piace più della fica,
sergente Ace McKenna.
Ma lo stesso non dormo, perché so che sei impulsivo e capriccioso come un
bambino, e trovi guai come un rabdomante trova l’acqua, e ti vedo già fare a
cazzotti in uno di quei locali dove io non entrerei nemmeno, per poi finire
accoltellato in un vicolo della vecchia Cancun o in manette al comando di
polizia. E qui è meglio che mi sforzi di pensare ad altro, perché la sola idea
di te in cella mi stuzzica fantasie sconce che puoi facilmente immaginare, e ho
già voglia di nuovo del tuo corpo. Lo immagino nudo e ammanettato, oggetto di
piacere di due o tre sbirri messicani che ne abusano come vogliono, mentre a te
tocca anche far finta di non volere, e pregarli di smettere e minacciarli di
rappresaglie, quando invece l’erezione che ti viene appena assaggi un cazzo è
più sincera di tutte le tue proteste. Ce l’ho duro di nuovo, e ho voglia di
toccarmi. Allungo giù una mano a massaggiarmi sopra i calzoni. Sapessi quel che
ti farei se tu fossi qui McKenna. Adesso sì che farei il gioco duro, baby. Non
credere che mi sia già scordato di come succhiavi l’uccello a quel tizio che
neanche conoscevi, solo qualche ora fa. Dio, glielo succhiavi come se fosse un
tesoro prezioso, con uno zelo che tradiva una sconfinata passione per questo
genere di lecca lecca che hai scoperto da qualche mese. Uno spettacolo
incantevole, se quello non fosse stato il cazzo di un altro, che comunque mi ha
lasciato impietrito lì dov’ero per cinque minuti buoni a contemplare il modo in
cui prima lo ricoprivi di leccatine golose per poi fartelo scivolare in gola
fino alle palle e succhiarlo come se ne andasse della tua vita. Merda, ora devo
sbottonarmi i jeans e tirarlo fuori, uh sarebbe tutto tuo baby, e la tua lingua
avida di uccello potrebbe raccogliere le gocce di fluido traslucido che stillano
già dalla fessura sulla punta…
Ma finalmente sento il rumore dei tuoi passi malfermi su per la scala, e mi
richiudo il cazzo nei pantaloni anche se il cuore mi ha accelerato il battito
spingendomi sangue più caldo in mezzo alle gambe: non voglio farmi trovare lì
col cazzo già pronto e duro per te come se non avessi fatto altro che pensare a
te da quando te ne sei andato. Bastardo, a volte ti detesto per l’effetto che mi
fai.
Ho capito che eri ubriaco già dal tempo che ci hai messo a infilare la chiave
nella serratura e aprire la porta, e quando ti ho sentito parlare mi sono
accorto che eri completamente fradicio.
- Chris…Ehi Chris dove cazzo si accende quella luce fottuta?-
L’ho accesa io prima che tu inciampassi in tutta la roba che avevo fatto a pezzi
e sparpagliato sul pavimento qualche ora prima. Ti squadro da capo a piedi, con
un sospiro di sollievo: niente lividi né ammaccature, niente nocche sbucciate;
sei integro e perfetto come sempre, e bello da fare male. Non te lo dirò mai,
dopo tutti i rimproveri che ti faccio perché bevi troppo, ma se possibile da
sbronzo sei ancora più irresistibile che da sobrio. Non so bene, ma è come se
tutta la sensualità che già trasudi in ogni momento venisse amplificata dagli
effetti dell’alcol che fa emergere con prepotenza il tuo io più nudo. Tutto
quello che fai sembri farlo con più gusto, e quello che dici sembri dirlo con
più passione, il modo in cui guardi è così sfacciato, così diretto, così franco
che ti si legge tutto negli occhi, la collera, la delusione, lo sconforto, il
desiderio, l’amore, il bisogno, soprattutto il bisogno, come se tutto il tuo
comportamento fosse dettato da una necessità impellente di fare quello che fai a
costo di qualsiasi cosa, ed è questo di te che mi ha stregato, se ancora non
bastavano i tuoi muscoli, i tuoi occhi e il fascino dell’uniforme che porti.
Vieni avanti vacillando, senza guardarmi in faccia. La tequila e la notte
messicana ti velano di sudore la pelle, e io sento l’impulso improvviso di
passare la lingua sui tuoi grossi bicipiti sodi e salati, e poi mordere la tua
nuca rasata di soldato. Il caldo ti ha incollato al torace la t-shirt già
aderente, e le curve dei tuoi muscoli spiccano come se fossi nudo. Per quanto
avessi deciso di restare dov’ero e ignorarti, non resisto e vengo da te.
Semplicemente, non riesco a tenere le mani lontane dal tuo corpo. Allungo le
mani a coppa sui tuoi pettorali rotondi e polposi, e cerco i capezzoli coi
pollici. Li sfrego da sopra il cotone sottile della maglietta, delicatamente,
quel tanto che basta per farli drizzare. La bocca ti si schiude in un sospiro
alcolico mentre la punta dei tuoi capezzoli si fa turgida e sporgente. Insisto,
deliziato dalla loro reazione immediata. Dalle labbra ti sfugge un piccolo
gemito acuto, tipo il guaito di un cagnolino. Quel debole suono così poco
maschio, così in contrasto coi tuoi muscoli e con tutto di te, mi dà lo stesso
piacere che mi darebbe la tua lingua sulla punta del cazzo. Ti tiro verso di me
e ti appioppo in bocca un bacio violento, pieno di lingua e saliva che sa di
tequila. L’odore dell’alcol e del tuo sudore mi dà alla testa, e un’ondata di
sangue bollente mi irrigidisce il sesso. Tu cerchi la mia bocca e succhi la mia
lingua come un affamato, ma quando ti lascio andare mi alzi negli occhi uno
sguardo miserevole che mi stringe il cuore.
- Chris…picchiami.-
- Non dire cazzate Ace –
Il mio tono è brusco quanto il tuo supplichevole. Non sono dell’umore giusto per
sopportare i tuoi capricci stasera.
- Sei ubriaco e sragioni, come al solito. Ora va in cesso, ficcati due dita in
gola e sciacquati la faccia, e poi vieni a letto, forza…-
Mi viene naturale darti ordini come te ne darebbe un padre, e in fondo giurerei
che a te sergente gli ordini piace più prenderli che darli, dal tono
sfacciatamente impudico e lascivo con cui a volte mi rispondi “Sissignore”.
Ma tu insisti, trascinando le sillabe in una cadenza ubriaca. - Dico sul serio
Chris… lo sai che me lo merito… dammi un pugno, ti prego, o prendimi a schiaffi
come si prende a schiaffi una puttana…-
Cristo santo, McKenna. E’ meglio che non me lo dici due volte, sai? Già così,
con quel tuo corpo pieno di muscoli che sembra poter sopportare di tutto, e quel
ghigno strafottente che hai di solito sulla tua faccia da schiaffi, mi fai
nascere dentro un desiderio di violenza che non credevo neanche di avere – la
tentazione di levarti di bocca quelle tue risposte arroganti con un manrovescio,
la voglia perversa di sistemare i tuoi capricci affondando le nocche nella tua
carne soda - e faccio già abbastanza fatica a trattenermi senza che tu mi
istighi apertamente a maltrattarti. Ma certo sai toccare le corde giuste: -
Dammi uno schiaffo, Chris Benoit… Non crederai di essere l’unico che mi ha
sborrato in culo stanotte…-
Una scossa cieca di rabbia e di gelosia, e la mia mano scatta contro la tua
guancia, una volta e poi di nuovo, prima che riesca a riprendere il controllo.
Mi vergogno a dirlo, ma ho sentito il cazzo fremere nei pantaloni quando ti ho
colpito. Sei scivolato giù in ginocchio con la faccia fra le mani, e quando mi
sono avvicinato a te non sapevo ancora se era per consolarti o per colpirti di
nuovo – il tuo atteggiamento mi innervosiva, e colpirti mi era piaciuto, piccolo
bastardo, te lo devo dire, e se era per il mio uccello avrei continuato
volentieri - ma tu mi hai circondato i fianchi con le braccia e affondato la
faccia contro l’inguine, e io mi sono sentito improvvisamente come Stella
Kowalski quando Marlon Brando le chiede perdono in ginocchio in “Un Tram
Chiamato Desiderio”.
Ma mentre a te non manca un grammo del fascino di Brando, a me la parte di
Stella non viene bene. Soprattutto quando sento la tua bocca insaziabile aprirsi
e cercare la sporgenza del mio cazzo sotto i jeans, e premere calda sulla punta.
Non ne hai ancora avuto abbastanza, sergente McKenna? Com’è che sei diventato
così zoccola, quando a sentir te sei mesi fa non avevi mai neanche preso un
cazzo in bocca? Stai bagnando di saliva il davanti dei miei jeans, e hai preso a
mordicchiare il grosso cilindro che senti spingere sotto la stoffa, e a
strofinarmi la faccia sul pacco in un modo che mi fa venire voglia di
affondartelo in gola di brutto. Le tue dita ubriache armeggiano goffamente per
slacciarmi la patta. Io tremo dal desiderio della tua bocca addosso, ma non
credere che basti un pompino per farti perdonare, e la rabbia mi dà la forza di
spingerti via dal mio cazzo che anela il calore bagnato della tua bocca.
- Alzati, puttana. -
Dio, non so come mi sia uscito, e poi con quel tono. Ti alzi vacillando, gli
occhi lucidi rivolti al pavimento, e il respiro corto di chi sta per piangere.
Il tuo cazzo però è evidentemente duro sotto i calzoni color kaki.
- Da chi ti sei fatto sbattere quando sei andato via? Da quello sgorbietto
messicano a cui hai fatto un pompino? Non l’avrai neanche sentito cazzo! -
La mia voce è dura e carica di disprezzo. Ti vedo stringere le mascelle e
deglutire a fatica, ma niente da fare, e due grosse lacrime ti scivolano via
dalle ciglia. D’impulso, ho allungato la lingua sul tuo viso e leccato via di
gusto il sale del tuo pianto. Le tue guance sono appena ruvide della barba di un
giorno e calde e salate di sudore e lacrime, e a sentirti sotto la lingua
insieme così uomo e così bambino, ho un sussulto del desiderio cieco ed egoista
di possederti in tutto e per tutto, e di farti mio più di quanto tu appartenga a
te stesso. Ti ho afferrato per un braccio e scrollato con forza.
- Dimmi cosa hai fatto quando sei andato via, dimmelo cazzo!- Nessuna risposta,
neanche facessi apposta a farmi salire la rabbia e la smania, solo il pomo d’adamo
che va su e giù e altre lacrime che sgorgano dai tuoi occhi torbidi.
- Picchiami Chris, ti prego. -
L’hai detto con lo stesso identico tono con cui di solito mi dici “Fottimi”, e
non ti nego che il mio cazzo ha avuto lo stesso fremito di quando mi chiedi
quello, e per una frazione di secondo sono stato lì lì per accontentarti, perché
la tentazione di colpirti e vederti vacillare e sentirti gemere l’ho sentita nel
palmo della mano come giù fra le gambe.
- Dimmi perché dovrei. -
Ti ho preso il mento per costringerti a guardarmi negli occhi, mentre un nodo di
gelosia mi attorciglia lo stomaco.
- Perché non mi merito altro…Sono andato in un bar gay, e dopo che mi hanno
pagato tre - quattro giri di tequila sono finito nella dark room... –
Basta così; non voglio sapere altro.
- Giù i calzoni, Ace -
Mi hai guardato speranzoso, ma hai aspettato a slacciarteli qualche secondo di
troppo.
- Non me lo fare dire due volte, Ace. Giù i calzoni, e chinati sul letto. –
Ti apri la patta dei chinos, e il tuo cazzo duro scatta subito fuori, non
trattenuto da nessun indumento intimo. Il sangue mi va alla testa solo a vedere
quello.
- Dove cazzo hai lasciato gli slip, Ace? –
Alzi nei miei i tuoi occhi profondi, lucidi di pianto e stralunati dall’alcol. –
Non lo so…nella dark room credo…ma erano fradici di sborra Chris…-
- Puttana! - La rabbia mi strozza gli altri insulti in gola. In un attimo ti
sono addosso con tutto il mio peso, ti prendo per le spalle, ti giro, ti
schiaccio piegato in due sulla sponda del letto. Ubriaco come sei non riesci
neanche a reagire, o forse non è nemmeno l’alcol a renderti così passivo ed
arrendevole, ma la voglia di essere preso con la forza che ti brucia fra le
natiche. Uh, se è questo quello che vuoi, baby, accontentarti sarà un piacere.
Eccoti una prima sberla su quelle tue chiappe nude di mignotta.
- Vediamo se una bella sculacciata ti insegna a tenere le mani lontane dai cazzi
degli altri, McKenna.-
Tu sussulti, ma zitto. Scommetto che ce l’hai ancora più duro ora baby, e che il
tuo cazzo non chiede altro. Quanto a me, la vista del tuo culo muscoloso in
offerta è più che sufficiente per farmi avere un’erezione, ma se non bastasse
quello l’idea di quanto sei puttana mi sta straziando insieme di gelosia e di
desiderio. Ti voglio, McKenna. Non so che farci cazzo, ma più sei zoccola e più
ti voglio, e non sono più del tutto padrone di me stesso, ora che la stessa
collera che mi riga il collo e le braccia di vene pulsanti mi spinge il sangue
giù al cazzo, me lo fa duro come un bastone, e io mi sento fra le gambe la
voglia di picchiarti e poi di fotterti, e di farti soffrire e godere come più mi
piace. Ti colpisco di nuovo, più forte, gustando l’impatto della mia mano sulla
carne soda e liscia delle tue natiche ancora una volta a mia disposizione. Il
tuo silenzio mi infuria, e mi istiga a picchiare più forte – voglio sentirti
gemere come quando te lo spingo nel culo, perchè qualsiasi piccolo suono
inarticolato proveniente dalle tue labbra mi va dritto al cazzo con una fitta di
desiderio. Inizio a sculacciarti con una cadenza regolare, un colpo dopo
l’altro, col respiro corto e il cazzo che mi palpita nei boxer ogni volta che il
palmo della mia mano impatta pesante sulle tue natiche. I tuoi glutei sodi
vibrano caldi e arrossati sotto miei colpi. Chissà in quanti te li hanno
palpeggiati nell’oscurità licenziosa della dark room, baby. Quante mani
fortunate si sono chiuse sulle curve dure dei tuoi muscoli, godendosi la
setosità della tua pelle ben depilata per me. Di colpo, mi assale l’impulso
perverso di sapere tutto.
- Dimmi quello che hai fatto nella dark room, Ace. Dimmelo cazzo!-
Tu sempre zitto, e io sento una rabbia cieca montarmi dentro per la tua duplice
disubbidienza, il tradimento prima e ora il rifiuto di ammetterlo. Aumento
l’intensità e il ritmo della sculacciata finchè non mi fanno male le mani.
- Dimmi quello che hai fatto stanotte, se non vuoi che mi levi la cintura e usi
quella.-
Ma evidentemente è quello che stai cercando. Faccio un passo indietro per
rimirare lo spettacolo del tuo didietro mentre mi slaccio la fibbia della
cintura. Il rosso vivo delle tue natiche brucianti spicca sulla tua pelle chiara
come il richiamo sessuale di un animale in calore, e mi eccita come non avrei
mai immaginato. Poi ti giri a guardarmi, gli occhi fissi sulla patta dei miei
calzoni dove il mio uccello freme dalla voglia di penetrarti. Ti accarezzi il
cazzo lentamente, con un sospiro di aspettativa, mentre io sfilo la cintura dai
passanti dei jeans. Ne mungi una goccia di fluido, la raccogli col dito e ti
porti il dito alla labbra per una leccata vorace. Ti levi la t-shirt fradicia di
sudore, istillandomi il dubbio che sia un invito a frustare anche la tua schiena
a v cesellata di muscoli. Vorrei aprirmi i jeans e affondarlo subito nel tuo
buchetto già dilatato da chi mi ha preceduto stanotte, ma mi ossessiona il
bisogno di sapere a quanti ti sei già concesso. Mi avvolgo l’estremità della
cintura con la fibbia intorno al pugno chiuso, e ti faccio piegare di nuovo a
novanta gradi sul letto.
- Ora ti chiederò quanto sei stato puttana, Ace, e ti conviene rispondermi
subito. Quanti cazzi hai succhiato stanotte, oltre a quello del messicano?”-
Ad ogni domanda senza risposta, una cinghiata. Colpisco a casaccio dorso e
natiche, e tu sobbalzi ad ogni colpo, ti contorci, stringi i denti e i pugni e
contrai i muscoli perfettamente scolpiti in un gioco di intagli e sporgenze. Le
prime cinghiate le incassi da uomo, con solo un virile grugnito a denti stretti
che già mi fa vibrare dalla voglia di strofinare il mio cazzo duro sulle tue
chiappe calde e arrossate. Ma poi questo gioco perverso mi prende la mano, e mi
trovo ad andarci giù più pesante di quel che avevo inteso, con le parole e con
la cinghia, finchè ho sentito quel che restava della tua virilità sgretolarsi
come un castello di sabbia. I tuoi grugniti rochi lasciano il posto a un
piagnucolare da moccioso, e le lacrime riprendono a scorrerti lungo le guance.
Cominci a pregarmi di smetterla.
- Chris..oh Chris per favore…basta…mi fai male…-
- Questo è quel che ti meriti per comportarti come una troia, sergente McKenna.
Dimmi quanti uomini ti sei fatto stanotte.-
- Chris…ti prego, aspetta. Io non..-
- Dimmi quanti uomini, puttana del cazzo!-
La cintura schiocca sulla tua schiena strappandoti un singhiozzo di dolore. La
tua reticenza mi esaspera, ma colpirti mi fa fremere di piacere ogni volta che
vedo il tuo corpo perfetto sussultare e agitarsi sotto le mie frustate, come
godo a vederlo perdere il controllo nell’orgasmo. Il sangue bollente mi martella
nelle vene - le tempie mi scoppiano, e il cazzo pure. Crolli a piangere come un
bambino quando finalmente mi confessi quello che in realtà il mio uccello voleva
sentire.
- Ero sbronzo e arrapato, Chris…Sono entrato, e mi sono lasciato fare di tutto.
E…e i cazzi che ho preso non sono stato certo a contarli Chris. Non ho idea di
quanti ne ho succhiati, o di quanti mi hanno sborrato addosso.-
Oh mio dio, che sotto sotto ti piacesse il cazzo te l’ho letto in faccia appena
ti ho messo gli occhi addosso, Ace McKenna, ma che tu fossi una tale zoccola …!
Ti colpisco di nuovo, con rabbia, con disgusto, coprendoti di insulti, mentre
intanto sento nei pantaloni che potrei venire solo a sentirti raccontare i
dettagli. Tre mesi che mi hai dato il culo, e da quel soldato macho che eri
quando ti ho conosciuto sei già diventato un’ insaziabile troietta
sborra-dipendente. Tu continui a piangere, e a provocarmi con la tua
confessione:
- Non so che farci Chris, non è colpa mia se sono così…Oh..mi piace il cazzo…oh
Chris mi piace da morire, non farei altro che prenderlo in bocca e in culo…-
Oh cazzo, non resisto più, McKenna, devo godere dentro di te o muoio, puttana
che non sei altro. Getto via la cintura, mi apro i jeans con le mani che mi
tremano dalla voglia, mi abbasso i boxer dove la punta del mio uccello ha
lasciato una chiazza bagnata, liberando il cazzo e i coglioni già gonfi e tesi.
Raccolgo qualche goccia di lubrificante dalla fessura e lo spalmo sulla punta,
ma quando ti apro le natiche rosse e doloranti mi accorgo subito che non c’è
bisogno di prepararti, perché il tuo buchetto scivoloso trabocca dello sperma
degli altri. Non ci vedo più dalla rabbia e dalla lussuria. Ti prendo a sberle
dappertutto, sulla schiena, sul collo largo e forte, sulle grosse cosce dense di
muscoli, ti prendo per il collo e ti schiaccio la faccia sul letto così forte
che tutto quello che ti può uscire di bocca è un mugolio soffocato, mentre
affondo il mio bastone dentro di te con tutta la mia forza. Il piacere mi toglie
il respiro. La sensazione del tuo culo intorno al cazzo, così caldo e già così
scivoloso, è talmente intensa che devo fermarmi e mordermi le labbra per non
venire in pochi colpi. L’idea che tu sia talmente mignotta che il mio cazzo non
ti sia bastato neppure per qualche ora mi strugge di gelosia e di piacere
insieme, e sento già premere l’urgenza dell’orgasmo. Mi sforzo di restare fermo
dentro di te, ma tu ti muovi, piccolo bastardo, ondeggi i fianchi su e giù, e
trattenermi è una squisita tortura.
- Hai il buco del culo più aperto e più fradicio della fica di una puttana alla
fine del turno, sergente McKenna, ma a giudicare da come ti sbatti sul mio palo
non hai ancora avuto tutto il cazzo che ti ci vuole stanotte. - ti ringhio sul
collo a bassa voce, sfregandoti la faccia sulla coperta.
- Di cazzo non ne ho mai abbastanza Chris… Picchiami, perchè sono più puttana di
una puttana vera.-
Ti schiaffeggio forte sulle cosce e sulle spalle già segnate dalle striature
della cinghia, mentre tu gemi e ti contorci non so più se per il dolore o per il
piacere di quei colpi, e il cazzo mi sussulta involontariamente nello stretto
delle tue viscere. Inizio a muovermi dentro di te, cercando di andare piano per
durare più a lungo, centellinando col fiato sospeso la sensazione della mia
verga che scivola fuori e dentro di te. Mollo la presa sulla tua nuca, e ti
afferro i fianchi con entrambe le mani per impedirti di accelerare il ritmo e
farmi venire dopo poche spinte. Ma tu scalpiti come un puledro sotto i miei
colpi, e un attimo piangi come se ti stessi scannando e l’attimo dopo mi preghi
di fare più forte e di farti godere più di tutti quelli che ti hanno scopato
stanotte, e allora baby io non posso fare a meno di spingere sempre più forte il
cazzo nel tuo culo più stretto che mai nell’imminenza dell’orgasmo. Con un
rantolo roco ti pianto le dita nella carne soda dei deltoidi e mi aggrappo al
tuo corpo, senz’altro istinto che affondare più in fondo che posso nelle tue
viscere e godere finalmente dentro di te, quando l’orgasmo mi prende e mi
strazia la carne come una pugnalata, e mi strappa la vita dai lombi a fiotti
caldi e cremosi.
- Chris…?-
Non so più chi sia più ubriaco, McKenna, se tu di tequila o io del tuo corpo,
quando la tua voce cerca di riportarmi alla realtà con un sussurro rauco. Mi
sollevo vacillando dalle tue spalle su cui ero crollato a peso morto dopo
l’ultima spinta, per accorgermi con raccapriccio dei segni rossi delle sberle e
delle cinghiate sulla tua pelle chiara, e mi sento un verme. Ma quando anche tu
ti rialzi e vedo la pozza di sperma che ha lasciato sulla coperta, capisco che
solo ora la mia troia marine ha avuto quel che voleva, ed è finalmente sazia.