Convivium
di InsideSusan
Resto in attesa, non oso un movimento tra le maioliche disposte con gusto tra i
varchi lasciati dal mio corpo aperto a stella.
Mi hanno fatto accomodare su questo tavolo orientale ampio e quadrato, stendere
sul dorso, la pelle a contatto con il ciliegio liscio.
Mi hanno sistemato a gambe flesse, la testa riversa oltre l’orlo, le braccia
stese lungo lo stesso bordo; mi hanno detto di accertarmi di essere comoda,
perché poi non potrò più muovermi.
Hanno apparecchiato quanto rimaneva del tavolo con piatti e bacchette di
porcellana fine, cristalli ed eleganti segnaposto.
Una cameriera mi ha sistemato tra le labbra del sesso qualche piccolo boccone,
non so se si tratti di frutti o che altro.
Mi ha aggiustato i capelli, sorridendomi dolce mi ha domandato se fossi pronta,
sussurrando che sarebbero arrivati di lì a poco. Io le ho fatto cenno di sì.
Difatti eccoli entrare e prendere posto al tavolo. Non saprei dire quanti siano,
li immagino tre o forse quattro. Ma non sento che un mormorio contenuto ed un
composto movimento attorno a me.
Con il capo così rovesciato, non vedo altro che la parete in carta di riso;
tutto è studiato affinché io non possa scorgere i loro volti, anche le brocche
sono state disposte in modo da impedirmi la visuale. Potrei vederli solo levando
la testa, ma mi è stato detto di non farlo.
Del resto non sono altro che il piatto del giorno, non devo curarmi d’altro che
offrirmi al meglio, chi mi ha ordinato non è affar mio. Tutto ciò che so a
proposito degli ospiti è che deve trattarsi di persone facoltose,
prevalentemente uomini, ma non potrei escludere che tra loro ci siano donne.
Preso posto sul tatami, li sento versare il vino scambiandosi parole cortesi.
Sembrerebbe una cena come un’altra in un qualsiasi ristorante esclusivo, se non
fosse per l’inconsueta variante che sono io a trovarmi sul menù, questa sera.
Chiacchierano piano tra loro, ne colgo a stento le parole, ma di me non parlano.
Giaccio nuda e aperta sulla loro mensa, e su di me non spendono nemmeno una
parola.
Deve trattarsi di una semplice norma di etichetta, sconveniente è ogni commento
a proposito del cibo, qualora questo sia vivo e cosciente, e dotato di
intelletto al pari dei convitati.
O forse questa gente è talmente avvezza a siffatti banchetti, da ritenermi
entusiasmante al pari di una scaloppa al limone.
Sento tintinnare le bacchette, questo raffinato esercito si arma, pronto a
sbranarmi con inaudita affabilità.
Respiro profondamente e mi chiedo chi vorrà iniziare. Ascolto il riso garbato di
una donna, e penso che lo sapevo, doveva esserci una Lei.
Mi sento sfiorare le dita del piede sinistro, forse da un polsino ben inamidato,
o da una cravatta sfuggita al contegno della giacca, o dall’ampia manica di
organza della donna che rideva.
Qualcuno sta allungandosi sul mio corpo per dare il via al banchetto. Stringo
gli occhi e attendo di venire assaggiata da un momento all’altro.
Una sensazione fresca mi lambisce l’interno delle cosce, ed un tocco leggero mi
lavora tra le labbra, credo un paio delle bacchette di ceramica le stiano
scostando, per prelevarne il contenuto.
Ho uno scatto di sorpresa, mi hanno spiegato che è ammesso, persino gradito, a
patto che mi trattenga dal serrare le ginocchia, o dal sottrarmi in qualche
modo.
Non posso muovermi, altrimenti che piatto sarei? Nessuna cacciagione di sorta ha
mai sognato di ribellarsi nel bel mezzo della tavola imbandita.
Avverto le bacchette abbandonarmi, una volta reperito il boccone al mio interno;
poco dopo ne sopraggiungono altre, e ancora abiti che mi accarezzano, questa
volta la pelle del ventre.
I commensali si muovono, come a sistemarsi inginocchiati sul tatami, o a
protendersi a prelevare un boccone di me, forse a porgerselo vicendevolmente.
Quando sento lo scavare farsi insistente dentro il mio sesso, capisco che non
devono esserci più bocconi rimasti al mio interno, ora si cerca dell’altro, più
a fondo, più mio.
Le bacchette mi perlustrano le pareti come scandagli, a raschiare o indovinare
la parte da staccare; provo paura e al contempo abbandono, non ho idea di cosa
esattamente cerchino, ma non mi è sgradevole tale indagare.
Sembrano trovarlo e compiacersene, quasi entusiasmarsene. Iniziano ad agitarsi,
credo si levino in ginocchio dal momento che inizio a sentirmeli addosso da più
direzioni, allungarsi sulle mie gambe e sul ventre.
Qualcuno arriva a tastarmi i seni per saggiarne la consistenza. I convitati
prendono a parlare del mio incarnato e del mio tepore, del mio sapore e della
mia tenerezza. Resto incredula nel sentirli affondare e prelevare ulteriori
parti di me. Non provo dolore, non capisco cosa di me stiano predando, sento
crescere il tono delle loro voci, percepisco fermento e concitazione.
Mentre una mano mi accarezza una coscia, mi viene versato qualcosa su un piede,
forse vino, e un istante dopo un paio di labbra prendono a succhiarmene le dita.
Il banchetto sembra virare in un baccanale: uomini e donne, digiuni e bramosi di
nutrirsi di me, sento addosso tutti i loro occhi e tutte le loro dita, ora anche
nel sesso, come volessero forzarlo e squarciarlo per mangiarne più avidamente il
contenuto.
Dita pazienti mi cospargono la pelle del torace di una crema fluida, io
intravedo solo una manica blu, poi più; vengo bendata con cura dalla cameriera,
li immagino tutti allungarsi sopra di me, caduti gli abiti costosi, apprestarsi
ad addentarmi come belve selvagge.
Le mani mi toccano e le dita mi frugano giungendo anche laddove non avrei
creduto, in un incontro delirante tra inedia e perversione.
È il momento che aspettavo. Protagonisti sono la mia carne, i miei tessuti, i
miei organi ancora palpitanti. Attendo l’offerta estrema all’appetito dei
convitati, che reclama legittima soddisfazione.
Io, preda modello, mi apro più che posso, inarco la schiena porgendo lo sterno
ed i seni.
Mi mordo violentemente le labbra e punto i piedi sul tavolo, afferro con le mani
il bordo di ciliegio e tendo ogni singolo muscolo del mio corpo. Sento lo
sguainarsi di una lama sortita dal proprio fodero. Mi piace pensarla lunga e
affilata, mentre aspetto fidente che mi squarci dalla gola al sesso, in un solo
colpo netto.