Non è tutto come sembra
di LaDispettosa
“Ciao amore, sono ora davanti alla gelateria. Fra dieci minuti sono a casa”.
La ragazza ripose il cellulare nella borsa e svoltò nel piccolo vicolo sulla
destra.
“Certo che potrebbero metterlo un lampione”, pensò guardando in alto verso la
debole luce, l’unica a parte quella della luna, che usciva da una finestra del
secondo piano.
A quell’ora non era consigliabile girovagare in quella zona da sola. Non c’era
nessuno in giro. In fondo erano quasi le due del giovedì notte ed i pochi locali
avrebbero aperto solo la sera successiva. E poi solo un pazzo sarebbe uscito a
piedi visto che aveva piovuto fino a mezz’ora prima.
Un gatto saltò fuori da un cassonetto ribaltando alcune scatole lì vicino.
Lei gridò dallo spavento immobilizzandosi all’istante al centro della stradina.
Respirò a fondo in silenzio.
Con le mani cercò di tirare in basso la stoffa quasi inesistente chiusa a
fasciarle il culo, anche se sapeva che la gonna non sarebbe diventata di certo
più lunga di quel che era.
Accelerò il passo ed il rumore dei tacchi sembrò farsi più deciso sull’asfalto
bagnato quasi a cercare di darle maggior sicurezza.
Poi si fermò.
Di nuovo immobile, a piedi uniti, la borsa stretta nelle mani. Si voltò a
guardare la strada appena percorsa.
“C’è qualcuno?”, gridò per fare eco al rumore che aveva appena sentito.
Nessuna risposta.
E con quel buio a malapena riusciva a scorgere il profilo dei palazzi che si
allineavano lungo la via.
Accelerò ancora il passo. Ormai mancava poco a casa.
Prese quasi a correre, sui suoi tacchi da otto ed il respiro diventato tutto a
un tratto pesante.
Si voltò di nuovo. Ancora lo stesso rumore sordo ad attirare la sua attenzione.
Ora la figura alle sue spalle era netta, stagliata a pochi metri da lei nella
luce della luna che si rifletteva sulla strada bagnata.
L’uomo camminava a passo veloce come seguendo la scia di quel profumo che lei
aveva messo solo qualche ora prima.
La ragazza iniziò a correre ma l’uomo ci mise poco a raggiungerla. Quando la
afferrò per il braccio lei gridò cercando di mettere avanti le mani.
“Zitta. Stai zitta, hai capito? Se farai la brava non ti succederà niente”,
disse da dietro il passamontagna nero e stringendole i polsi con le dita.
Strattonandola la spinse verso il muro schiacciandole la guancia contro la
parete.
“Vediamo cos’hai qui sotto”, disse sollevandole la gonna.
Un sonoro schiaffo sulla natica nuda echeggiò per il vicolo deserto.
“Per favore non farmi male. Ho dei soldi, ho un cellulare nella borsa. Prendi
quello che vuoi ma lasciami andare ti prego”.
“Quello che voglio è proprio qui, non mi interessa altro”, le sussurrò l’uomo
nell’orecchio mentre faceva scivolare due dita lungo la schiena fino al taglio
del culo, e poi più giù, fino all’entrata.
Con il cazzo rigido fuori dalla zip, le sue gambe divaricate tra quelle nude di
lei, la penetrò lentamente per qualche centimetro, poi una spinta secca. La mano
salda afferrò i suoi fianchi rotondi.
La donna gridò ancora.
“Zitta puttana, tanto se urli non ti sente nessuno qui”.
L’altra mano a tapparle la bocca e a premere sulle labbra. Il rossetto che
sembra sciogliersi sotto il palmo caldo e umido dello sconosciuto.
Iniziò a scoparla così, sbattendo il bacino contro il culo di lei mentre un
rantolo gli saliva dalla gola.
Poi rallentò.
Uscì quasi per metà e poi riaffondò dentro.
Un’altra spinta e rimase immobile al suo interno, mentre attorno al suo cazzo il
piccolo buco iniziò piano a dilatarsi.
“Lo so che piace anche a te. Chissà quanti ne hai presi qui dietro”.
Ancora un colpo ed anche l’altra mano afferra la carne dei fianchi. La attira a
se e la strattona.
La sbatte e si fa risucchiare finché l’uomo non geme a denti serrati e labbra
unite, soffocando l’orgasmo nel passamontagna scuro.
Rivoli di sperma colano tra le natiche bianche della ragazza, fermandosi sulla
fascia elastica delle autoreggenti a formare una piccola massa umida.
Poi improvvisamente vuota, uno strano senso di smarrimento.
Pochi secondi per riprendersi e finalmente riaprire gli occhi.
Sembra ancora più buia la notte adesso.
Guarda verso destra e poi verso sinistra, ma dell’uomo non c’è già più nessuna
traccia.
Abbassa la gonna e passa una mano tra i capelli. Poi fa scorrere le dita sotto
gli occhi per togliere il trucco sceso giù dalle ciglia.
Percorre correndo i pochi metri che la separano da casa, poi entra nel suo
appartamento richiudendosi velocemente la porta alle sue spalle.
La sala da pranzo è vuota. Percorre il corridoio fino ad arrivare in camera da
letto.
“Amore, sei qui?”, chiede lieve entrando nella stanza buia in punta di piedi.
“Si, sono qui. Accendi pure la luce se vuoi, sono sveglio”.
È sdraiato sul letto, le gambe incrociate.
“Ti sei divertito stasera?”, gli chiede leccandogli il palmo della mano ancora
sporco di rossetto.
Poi si volta a guardare il passamontagna appoggiato sul comodino, sorridendo.