Sotto il vischio
 

di  Ladybird

 



Il vischio, questo sconosciuto. Mentre me ne stavo in piedi davanti al chiosco di fiori, aspettando il mio turno intirizzita dal freddo, guardavo dubbiosa le foglioline del ramo di vischio che avevo deciso di comprare.
Sotto che forma appare in natura? Cos'è? Un cespuglio? Un arbusto? Una pianta da bordura? E poi, fa i fiori? Di che colore? Insomma, io che mi vanto di avere un pollice, se non proprio color smeraldo, almeno verdolino penicillina, io che non confondo mai la gazania con la guzmania, che discorro quotidianamente con la mia yucca, che esulto di gioia all' apparizione magica di ogni germoglietto verde, ebbene io non so cosa sia il vischio.

L'unica cosa che so è che esiste questa stupida tradizione del bacio natalizio e che quando ieri ho adocchiato questo bel ramo infiocchettato la prima cosa che ho pensato è che sarebbe stata un'innocente occasione per baciarti.
E allora compriamo il vischio. Ma è necessario questo stupido stratagemma per avere un bacio?
Eh sì, perchè possiamo stare seduti accanto, possiamo abbracciarci, parlare, ridere, scherzare, eppure i tuoi figli mi chiameranno sempre zia e la distanza fra noi non potrà mai essere colmata.

Ma oggi devi passare sotto questo maledetto ramo di vischio, anzi, dobbiamo passarci insieme ed io potrò avere finalmente il mio regalo di Natale.
Ho attaccato il ramo ad un chiodo sopra lo stipite della porta che collega il salotto con l'ingresso e quindi con la cucina e ho spiegato a tutti la tradizione del vischio, e adesso aspetto.

L'annuale carrozzone della sera della vigilia è ormai partito.
Lo zio Gaspare ha agguantato la prima bottiglia capitatagli sotto mano, ben attento che ci fosse una cifra sopra la quindicina scritta accanto al simbolo della percentuale, e non se n'è più staccato. Sono solo le otto e nei suoi occhi è già apparsa l'espressione tipica di chi guida nella nebbia con visibilità cinque metri.
Accanto a lui sua moglie, la zia Carola, perfetta incarnazione di tutti i motivi che spingono un uomo a iniziare a bere, non fa che ribadire il concetto, più volte ripetuto nell'ultima ora e un quarto, di quanto io sia ingrassata nell'ultimo anno.

Nessuno finora sembra accorgersi che da quando siete arrivati voi, da quando cioè il tuo sorriso caldo ha riempito il mio Natale, io non faccio altro che passare e ripassare sotto questo benedetto rametto di vischio, cercando scuse sempre nuove per spostarmi da una stanza all'altra non appena ti vedo muovere.
Questa tattica ha portato inevitabili nefasti sviluppi, ho dovuto infatti baciare, nell'ordine, la prozia Carmelina, con dentiera traballante, il cugino Vincenzino, la cui forma ormai mappamondica dovrebbe convincere i genitori a togliere quel diminutivo, il quale nel pieno del subbuglio ormonale tipico dei quattordicenni ha cercato di infilarmi prima le mani sotto al maglione e poi la lingua in bocca.

Di ritorno dal bagno, dopo essermi lavata la bava del cicciottello dalla guancia, è stata la volta dell'esuberante cugina Veronica, la...come dire...estroversa? Disinibita? Generosa? Sì insomma, la mignotta della famiglia.
Quando mia madre mi ha chiamato dalla cucina mi sono alzata ancora stordita dal nauseabondo profumo di Veronica, e proprio lì, sotto il vischio, ci siamo scontrati.

Mentre mi perdevo nei tuoi occhi ho sentito il grido da piccolo voyer di Vincenzino, "bacio bacio bacio", e ad un tratto, dopo averlo tanto desiderato, questo bacio mi ha messo paura.
Un bacio. Come lo vorrei questo bacio?

Dovremmo avvicinarci piano fino a respirare ognuno il fiato dell'altro, con i nasi che si sfiorano e gli occhi che si chiudono per lasciare il mondo al di fuori. Poi le bocche si toccano, premono delicatamente l'una sull'altra e rimangono lì incollate in perfetta simbiosi, come se fossero l'una il negativo dell'altra.
Poi basterebbe muoverle appena, aprilrle e chiuderle in piccolissimi schiocchi, una, due, venti, mille volte, con le labbra che via via si aprono sempre di più, per scoprire la parte più intima, più umida, per permettere alla lingua di affacciarsi e saggiare il sapore dell'altro.
E poi vorrei sentirla, la tua lingua, dentro la mia bocca, ma non viceversa. Perchè dovresti essere tu a riempirmi, a insinuarti dentro di me muovendoti delicatamente. Niente movimenti orrendi come mulinelli o martellamenti, solo la lingua che danza con una lentezza quasi esasperante, come vorrei che si muovesse il tuo sesso dentro di me, con decisione e fermezza ma senza fretta.

E i nostri corpi? Attaccati, con le mani che si cercano e si incollano, palmo a palmo, e poi ruotano per far intrecciare le dita in una stretta morsa. Ecco come lo vorrei il nostro bacio di Natale.

Invece mi guardi e sorridi, appoggi una mano sul mio braccio e ti avvicini.
"Buon Natale" mi dici un attimo prima di girare la testa in modo da poggiare la tua guancia, calda, sulla mia. Poi sento lo schiocco del tuo bacio che, sprecato, si perde dietro di me.
Ti allontani un po', mi sorridi ancora e poi ti volti.
Buon Natale, mio inconfessato amore.