La lettera dell'obbedienza
di Luna
Aveva davanti a sé uno schermo di latte, vuoto. E un nome che non era il suo. Ma
gliel’aveva creato lui, e se lo teneva addosso, stringendolo al corpo come una
sciarpa calda. In quel tessuto color notte, un profumo che non aveva respirato e
fantasticava di cuoio e fumo.
Abbassò le mani d’un tratto, scrivendo.
Me l’hai chiesto. Ordinato, dovrei dire. Perché non lasci spazio ai dubbi,
tu. Le tue parole non alzano la voce, non conoscono il tono del comando né lo
scivoloso pendio dell’interrogazione. No. Sono una mano immobile e calda sulla
pelle. Nessuna spinta. Arrivano suadenti e ferme, ma non per convincermi,
giacché sei certo che farò quel che hai preteso. Ti ho confessato da subito la
mia docilità: giunta a te il collo già flesso, le reni pronte.
La donna con un nome che non era il suo sollevò le mani dai tasti opachi,
fissando qualcosa oltre lo schermo. Le dita si tesero in lunghi segmenti sospesi
come a cercare un contatto, come a respingerlo. Dove le dita si affilavano di
bianco le pensò affondate nella tela nuda quanto lei, in un intreccio sparso di
capelli e lame di luce. L’intensità di quell’atto era lo specchio della forza
che sentiva imprimersi nella carne. Aperta.
Ritrovò il respiro, deglutendo a fatica.
Il desiderio la coglieva sempre così brusco ed inatteso, amante giunto alle
spalle silenzioso e rigido. A volte sentiva la sua mano stringerla fra le gambe
con forza, con possesso, a volte aveva i suoi occhi sulla pelle, brucianti. Si
sottometteva ai pensieri come avrebbe fatto con lui.
Le mani che scendevano ancora sui riquadri dove le parole hanno inizio
fremettero incerte.
Ad inarcarsi al passaggio di un dito, le labbra socchiuse. Ti ho scritto
disarmata, senza prevedere carezze o incrociare di ferri, senza chiusure, senza
cerniere. Già nuda.
Mia era la moquette sotto le ginocchia, mie le corde di volontà intorno ai
polsi, mio era il silenzio. Tu hai sentito lo smarrimento che avevo nel
ritrovarmi nei luoghi incogniti delle tue parole. Né io ho tentato di
nascondertelo. In quello smarrimento sei scivolato senza nasconderti. E ora
chiedi le mie parole, da padrone.
Eccole.