Olibano

di  Malodo

 



L’odore di spezie mi giunge inatteso e confonde quello di disinfettante. Un odore inebriante, un profumo maschile. Sto per aprire gli occhi quando sento una mano che mi sfiora una gamba coperta dal lenzuolo. Fingo di essere incosciente. La mano mi accarezza delicatamente spostandosi su e giù fra le cosce salendo delicatamente fino a raggiungere il seno. Il tocco è impercettibile ma sono assalita da brividi intensi. Non mi muovo, resto assolutamente immobile. Lui è veramente convinto che io sia ancora addormentata. La sua mano scende di nuovo e si ferma tra le gambe. Devo per forza muovermi e simulare un risveglio. La mano scompare provocando un leggero fruscio di lenzuolo. Mi assale il dubbio che sia stato un sogno. Postumi di anestesia. Il volto affascinante del professore mi sta osservando. Prende la mia mano e sussurrando mi dice:
“E’ andato tutto bene. Si sentirà stordita per qualche ora ma l’effetto di torpore scomparirà presto” “Verrò a trovarla domani mattina”
La sua voce è calda. I capelli brizzolati sono tagliati corti. Il camice verde si intona magnificamente con il colore indefinito dei suoi occhi. Resto sdraiata fissandolo senza dire una parola. Si allontana da me lasciandosi dietro la scia speziata. Mi sento prigioniera di un incantesimo. Vorrei potermi scoprire, sotto il lenzuolo sono nuda, trattenerlo per avvolgerlo completamente, toccare la sua pelle, prendere la sua mano e portarla di nuovo sul mio corpo, dentro di me. Ma continuo a fissare silenziosamente la sua immagine finché scompare.
“Resta ancora qui”vorrei sussurrare .
Di nuovo odore di spezie.
Un breve ricovero e quindici giorni di attesa per la visita di controllo. Nel fissare l’appuntamento ho preteso di essere inserita per ultima.
Arrivato il mio turno mi assale il dubbio di aver fantasticato troppo. Ma ormai la mano è sulla maniglia ed entro.
Lui è seduto alla scrivania. Indossa il camice. Si alza per stringermi la mano ed io la trattengo più del dovuto. Mi accomodo di fronte a lui accavallando le gambe cercando di coprire il cerotto della cicatrice. Siamo soli. Mi invita a spogliarmi. Esco dallo spogliatoio indossando soltanto la biancheria intima e le scarpe. Mi sdraio sul lettino e aspetto. Si avvicina lentamente. Inizia a palparmi la gamba. Il desiderio di afferrarlo è così forte che all’improvviso gli prendo il polso spostando la mano verso l’interno cosce. Non si ritrae, e il suo sguardo è fisso su di me mentre con le mani mi accarezza dolcemente le cosce, la pancia, il seno, il collo. Sento il suo alito caldo sempre più vicino. Le mani scendono cercando la mia intimità. Deboli suoni escono dalla sua bocca mentre entra dentro di me con un dito. Apro le gambe e premo il suo dito sempre più dentro. Un calore dolce e conturbante mi scende lungo le gambe. Mi aggrappo al suo camice cercandogli la bocca e lui mi sussurra:
“Cosa vuoi da me signorina De Carolis?”
“Voglio sedurti così come tu hai sedotto me accarezzandomi di nascosto”
“Touché”
Mi invita a rivestirmi. Penso che forse ho esagerato.
Mi siedo nuovamente davanti alla scrivania. Non c’è imbarazzo nei suoi occhi. Scrive qualcosa su un foglio che mi porge. E’ il suo numero di cellulare. Sto per dire qualcosa ma lui mi chiude la bocca con la mano.
“Telefonami domani sera alle otto”. Sorride.
“E’ un invito a cena?” dico con un filo di voce
“A domani Flavia” dice alzandosi anche lui. E’ molto più alto di me. Mi stringe così forte che mi toglie il respiro. Si china su di me e mi lecca la faccia.
“Mi piace il tuo odore e mi piace il tuo sapore” dice leccandosi il dito.
Ora sono io che sorrido mentre gli faccio scorrere la lingua sulle labbra.
Esco dalla stanza senza fretta. Me ne torno a casa. Preparo un bagno caldo, accendo lo stereo, mi immergo nell’acqua della vasca da bagno. Non riesco a pensare ad altro che a lui. Mi accarezzo come non facevo da tempo. Lo desidero da impazzire e non so se riuscirò ad aspettare fino a domani. Voglio la sua bocca, le sue mani ovunque, la sua lingua, il suo corpo sopra il mio. Lo voglio dentro di me, sentire i suoi urli e coprirli con i miei. Uno spasmo e la mia mano cerca di mettere fine a questo doloroso bisogno di essere posseduta.
Alle otto in punto lo chiamo. La sua voce al telefono è profonda. Mi dà un indirizzo. Mi vesto con cura. Arrivo alle nove e mezza davanti ad una palazzina stile liberty. Mi apre il portone informandomi che il suo appartamento è all’ultimo piano. Lo trovo ad attendermi sulla porta. Indossa una polo nera e un paio di jeans scoloriti. E’ scalzo.
“Buona sera” mi dice e si allontana per ammirarmi. “Sei bellissima”.
“Anche tu Giorgio non sei male” dico ed entro sorpresa di averlo chiamato per nome.
Il salone è arredato con mobili classici e bellissimi divani bianchi. Una grande libreria accoglie centinaia di libri. Il colore alle pareti mi ricorda il glicine. Una tavola è apparecchiata con molto gusto. Mi colpisce l’accostamento insolito del colore dei piatti con la tovaglia: tonalità di viola e verde.
“Hai cucinato tu?” gli chiedo.
“Sì, quando ho tempo mi piace molto cucinare e sono anche piuttosto bravo. Cucinare è per me un atto d’amore. Ci metto passione, animalità. Mescolo, assaggio, assaporo, condisco, godo immensamente nel trovare il giusto equilibrio tra sapore e piacere del palato. Invento ricette, le rielaboro”.
“Ami anche il buon vino” dico osservando la bottiglia che sta stappando.
“Mi piacciono semplicemente i grandi vini come questo Chateau Kefraya. Colore rosso rubino intenso, aromi fruttati. Un vino elegante che si accosta bene con il formaggio”.
“Vuoi bere Flavia? Spero ti piaccia questo ottimo rosso libanese”
Sorseggio il vino complimentandomi con Giorgio.
“Vorrei che tu assaggiassi questo piatto lasciandoti imboccare” e delicatamente con una mano mi chiude gli occhi mentre con l’altra mi infila in bocca un impasto morbido.
“Ti piace?” mi chiede.
“E’ buono. Ha un gusto salato e dolce al tempo stesso” rispondo.
“E’ come te Flavia” sussurra mentre con la mano cerca il mio sesso scostando gli slip già umidi facendomi gemere.
“Sembra una crema di formaggio. C’è anche miele” rispondo aprendo ancora di più le gambe.
“E’ mousse di formaggio stagionato Castelmagno impastato con miele di acacia e cannella. Si mette sui crostini e si mangia con fettine di speck” Adesso la sua mano è completamente scivolata dentro di me.
“Assaggia anche una fetta di questo tortino lasciandoti accarezzare il palato. Cosa c’è dentro secondo te oltre la carne di pollo?”
“Spezie, hai messo delle spezie ma non conosco i loro nomi. Forse coriandolo”affermo. Io sto perdendo il controllo. Sono impaziente di terminare questo gioco ma so che Giorgio si sta eccitando. La sua erezione sotto i pantaloni è evidente.
“Cumino, zenzero, zafferano, cannella, chiodi di garofano, cardamomi, chili, aglio, peperoncino. E infine si, c’è della polvere di coriandolo. Si chiama Chiken Byriani. E’ una pietanza indiana afrodisiaca”.
“Giorgio voglio scopare. Non ne posso più della tua mano. Ti voglio dentro di me, subito”.
Freneticamente ci togliamo i vestiti per gettarci sopra il tappeto.
I suoi occhi hanno il colore giallo verde dei felini. Mi fa venire in mente un gatto che si muove cauto sopra un morbido tappeto pronto a saltare sulla preda. E come un animale mi annusa, mi lecca, succhia la mia lingua, morde le mie cosce, i miei capezzoli.
Lo stringo contro di me con le gambe leccandogli il torace, l’addome, l’inguine. Vorrei ingoiarlo, divorarlo, mentre trattengo il suo sesso nella mano. Mi entra nuovamente dentro con le mani poi scende a leccarmi tra le gambe. Inarco la schiena più che posso, lo accarezzo con violenza, lo graffio. Grida e si dimena ma non smette di succhiare. Trattengo la sua testa tra le mie gambe quasi a soffocarlo. Lo supplico di possedermi, di farmi godere. Uno sguardo malvagio gli illumina il volto.
“Voglio assaggiarti ovunque perché ogni zona della tua pelle ha un sapore diverso. Il tuo corpo sa di zucchero caramellato, il tuo sesso ricorda il muschio, nella tua bocca è rimasto il sapore della cannella” bisbiglia mentre con la bocca e la lingua assapora ogni piega della mia carne.
"Chiudi gli occhi Giorgio”sussurro mettendomi carponi sopra di lui ma distante dal suo corpo. Mi lascio sfiorare dalla punta della sua lingua muovendomi lentamente.
“Cosa stai assaggiando professore?”
“Carne”.
“Sii più preciso”.
“Carne profumata di vaniglia”.
Gli lascio affondare la bocca tra i glutei, spingere la lingua dentro di me e la stanza si riempie dei piccoli rumori della sua bocca avida della mia carne. Resto sospesa per un tempo indefinibile poi l’orgasmo mi getta sopra di lui, ansimante.
“Profumi di vita piccola mia ed hai un sedere che è uno spettacolo” dice eccitato.
Poi tutto si mescola. Giorgio inspira intensamente, mi annusa centimetro dopo centimetro, il suo viso è imperlato di sudore, perde il controllo del suo corpo. Vorrei strapparmi di dosso la pelle e fondermi con lui. Mi penetra senza fretta bisbigliandomi nell’orecchio. Cerca i miei occhi. Il suo sguardo resta fisso nel mio mentre si sfrega sul mio corpo sempre più velocemente, ansimando e gridando oscenità. Si ferma, riprende a contorcersi sopra di me cercando di spingersi sempre più dentro, si ferma di nuovo. I nostri corpi sono coperti di goccioline salate che fanno scivolare la pelle sulla pelle. Fili trasparenti di saliva restano sospesi tra le nostre bocche come trame di una ragnatela che si tesse sempre più fitta.
Le sue mani mi afferrano le gambe sollevandole in alto. Le spinte diventano violente. Mi accarezza, mi preme la testa sul suo torace, mi morde il collo, mi succhia il seno e si lascia mordere. Le mie unghie si conficcano sulla sua schiena, gli stringo le natiche, lo spingo dentro di me, oltre di me. Il corpo di Giorgio ondeggia lentamente, senza tregua. Io mi attorciglio sotto di lui sentendo il mio corpo sciogliersi.
Ovunque lui mi tocchi sento la pelle bruciare e bagnarsi, come fuoco e acqua, come se i nostri corpo stessero fondendosi. Il suo profumo mi da le vertigini, i suoi muscoli contratti fremono. Mi rendo conto della sua forza lasciando che faccia di me ciò che vuole. Lo desidero ancora.
Lo bacio selvaggiamente, ingoiando i suoi gemiti ed il suo respiro, mordendo la sua lingua, possedendo la sua bocca così come lui sta possedendo me. Voglio accoglierlo e imprigionarlo per sempre dentro il mio sesso. Mi costringe a guardarlo tirandomi i capelli verso il pavimento. Il suo alito è caldo, umido. La sua voce è soffocata. Mi implora di continuare a muovermi sotto di lui, di accoglierlo fino in fondo, di tenere il suo liquido dentro di me, di offrirgli altri modi di possedermi.
Il piacere giunge per tutti e due nello stesso momento. Giorgio resta impigliato nel mio corpo fissandomi con quegli occhi dal colore incerto che mi incantano.
“Voglio assaggiarti ancora, voglio il tuo sapore mescolato con il mio nella bocca” sussurra abbassandosi a cercare il nettare nascosto tra le pieghe della mia carne bollente.
Ancora piacere per me che non sono sazia di lui.
Restiamo abbracciati con i cuori che battono all’unisono, con i respiri che si smorzano, i capelli e la pelle bagnati di sudore e umore.
“Sei sposato?” gli chiedo all’improvviso.
“Lo sono stato”. “E tu hai un compagno, un marito?”
“Ho un compagno”.
“Parlami di lui”.
“Gabriele è un avvocato. E’ innamorato di me e vorrebbe una relazione stabile che io non desidero. Abbiamo una vita sessuale molto intensa ma lui ama soprattutto guardarmi mentre mi masturbo e a me questo eccita molto. Resta lì di fronte al mio sesso anche quando ho goduto per raccogliere fino all’ultima goccia del mio umore. Gli piace sentire in bocca il mio sapore e la sua lingua mi cerca continuamente. Con lui mi sento appagata perché è l’unico uomo che gode del mio piacere solitario. Lo aspetta, lo provoca, non si sazia mai di guardare mentre mi penetro con le mani, godendo a sua volta intensamente toccandosi da solo”
“Allora io sono già relegato al secondo posto” dice accendendosi una sigaretta.
“Stai peccando di presunzione professore”
“Mi stai confessando che non ti ho stregata con il mio fascino. Il mio orgoglio maschile è ferito”
“Raccontami di tua moglie”
“Claudia è stata una magia. Quando la magia è svanita ci siamo allontanati. Lei ed io ci siamo amati con una tale passione bruciante che siamo affogati insieme”. Ma se vuoi che io sia sincero, bé, Claudia amava essere guardata mentre si faceva scopare da altri uomini. Non ti nascondo che mi ha procurato piaceri indimenticabili lasciandomi soddisfare ogni fantasia erotica. Ma lei è ….il passato che non ritorna”.
Giorgio si allontana da me e inserisce un cd dei Gotan Project che rievoca le atmosfere malinconiche della musica latina, intrigo di suoni nostalgici.
“Musica per intenditori professore” gli dico mentre ci rivestiamo.
“Vuoi ballare questo tango Flavia prima di andare via?” dice stringendosi contro di me.
Ancora quel profumo di spezie. Ora è più intenso che mai.
“Qual è il nome del tuo profumo? “chiedo lasciandomi inebriare.
“Habit Rouge”.
“Mi piace, é seducente”.
Mentre la musica continua a diffondersi nella stanza mi divincolo dall’abbraccio di Giorgio. Restiamo uno di fronte all’altro, silenziosi. Basterebbe così poco per buttarci nuovamente uno nella braccia dell’altro ma sento che sarebbe un errore fatale.
“E’ tardi. Buona notte professore e grazie per la squisita cena”.
“Buona notte Flavia. Se hai voglia di sentirmi telefonami, il numero lo conosci”.
“Non credo che lo farò ma non si può mai sapere”. Apro la porta e mentre scendo le scale sento che ha alzato il volume dello stereo. La musica dei Gotan Project mi accompagna fino al portone rievocando l’erotismo di una musica antica e della sua danza.
Salgo in taxi pensando che andrò a cercare quel profumo. Giorgio svanirà in una nuvola di essenze.
Accendo il cellulare e telefono a Gabriele.
“Ciao tesoro, scusami per l’ora tarda ma avevo nostalgia di te. Mi manchi”
“Ti ho telefonato invano fino a poche ore fa. Anche tu mi manchi. Perché non vieni a casa mia se non sei troppo stanca?”
“Tra dieci minuti sarò lì” dico eccitata all’idea di farmi possedere nuovamente.