Parlami !

di  Mirtilla

 

 

   Parlami!
Era il suo imperativo.
Ogni volta era questo il suo monito.
Dovevo parlare.
Non sapevo chi fosse, né come fosse, né dove.
Sapevo che era femmina, lo speravo.
Mi teneva incollato alla tastiera, per ore.
Ed io non riuscivo a lasciarla.
Lei, poche frasi, una ogni tanto; io, parlavo, parlavo, per ore.
Mi incuriosiva.
Era dolce, delicata, emotiva.
- Amo le tue parole – mi scriveva – sono la mia musica, il mio siero per l’anima.
- Ogni volta mi sento sempre più prosciugato da te – le rispondevo – anche io ho fame delle tue parole.
- Parlami!
E allora le parole precipitavano come una cascata di acqua cristallina.
Erano dolci o salate, adatte alla circostanza.
Ero il suo artista, per lei dipingevo quadri con le frasi. Tiravo fuori ciò che di meglio avevo in me.
Perché lo facevo? Ancora non mi era chiaro.
L’avevo incontrata in chat. Si faceva chiamare “ingorda”.
La volli conoscere, la chiamai e le chiesi perché il nickname “ingorda”.
E lei mi scrisse:
- Parlami! Sono ingorda di parole.
Mi disse che aveva 28 anni. Le chiesi di incontrarci.
- Non voglio conoscerti, voglio parlarti. Potrei morire senza parole. Toglimi il pane, l’aria, il sonno; non togliermi le parole. Dammi la poesia, l’anima, il cuore, ogni parola che tu mi lasci è un gioiello d’oro, una perla di sapienza in un mare di gusci vuoti. Colora con le tue rime i miei cieli oscuri. Ridai vita con il tuo nutrimento alle gemme del mio giardino. Non lasciare che il mio tronco secchi, così come una pianta che senz’acqua, si accartoccia su se stessa e lascia questo mondo. Non lasciarmi senza parole. Ho conosciuto freddezza, ho incontrato cattiveria, ho toccato l’indifferenza. Questa è la morte per me. Potrei vivere una vita senza amore, senza carezze, senza baci, ma non senza parole.
Le dissi che la volevo incontrare.
L’aspettavo al centro della piazza e fu lì che la vidi arrivare. Piccolo bulbo, raccolta in sé come una piccola rosa, gracile e indifesa. Occhi impauriti e terrore dentro. Fu il suo sorriso spento a toccarmi il cuore.
Le presi le mani e la guardai dritto negli occhi. Lei li abbassò. Arrossì fino alla punta dei capelli.
Non parlò, ascoltò soltanto la mia voce. La vidi ridestarsi, sollevarsi su se stessa ad ogni parola. La presi in braccio con una leggerezza tale che mi parve di sollevare una bambina. Tremava come una foglia, sbattuta dal vento. Aveva paura di tutto … di sé, di me, degli uomini …
Mi sussurrava nelle orecchie “Parlami!”
La sua voce mi eccitava, quelle poche parole, sussurrate così, piano, piano, piano …
Io ero molto più grande di lei, ero molto più grosso di lei, avevo paura di farle male.
Le parlai per ore e me ne innamorai. L’amai per tutta la notte, recitandole poesie, raccontandole della mia vita, donandole il meglio della mia anima.
Lei mi guardava con i suoi meravigliosi occhi verdi, che diventavano sempre più luminosi, mano a mano che le parlavo.
Di lei sapevo solo una cosa, l’unica parola che in tanto tempo era stata capace di pronunciare: “Parlami!”