Fantasma d'amore

di   Morgause

 



Tu ami le donne.
Ami tutto ciò che le riguarda e sogni di un mondo senza uomini nel quale esisti solo tu per poterle adorare tutte indistintamente.
Ogni loro difetto é un insulto all’ordine naturale, perché vorresti credere che noi siamo senza macchia, incorruttibili, senza peccato.
Tutto questo te lo leggo nello sguardo, lo intuisco nella musica delle tue parole, che ascolto da anni, anche se si tratta di scarni termini scientifici, lo sento “dentro” percuotermi il ventre, quando per caso mi sfiori con una mano.
Ma in questo tuo mondo di adorazione fantastica ti muovi con timidezza, o forse sono io con la mia aggressività così spesso esibita e che tu ben conosci a frenarti?
Potresti essere mio padre, per età, e questo invece che diminuire la voglia che ho di te non fa che accentuarla –freudiana perversione- tanto da indurmi infine a trascurare la più elementare prudenza.
Così oggi, giorno del mio compleanno, entro nel tuo studio, silenziosa, senza bussare e chiudo lentamente la porta, prima che tu abbia il tempo di dire una sola parola.
Poi guardandoti fisso giro la chiave che ci isola con uno scatto secco dal resto del mondo.
Ruoti lentamente la poltrona su cui siedi e:
-Che vuoi...-
mormori a voce bassa; domanda inutile, lo sai quello che voglio lo sai da anni ed é quello che vuoi tu, ne sono sicura.
Le tue gambe, negli impeccabili pantaloni blù, sono aperte mentre scivoli impercettibilmente in avanti, abbandonato.
Muovo un passo verso di te, poi un altro...
Mi fermo, immobile, le dita sui bottoni della camicetta.
Prendendomi un tempo infinito la apro per puntarti contro i seni abbondanti, lustri di scura pelle mediterranea annerita dal sole, con il rosa delle areole simile al colore di certe conchiglie lavate dall’acqua del mare di Cuba.
Accarezzo i capezzoli, pizzicandoli delicatamente, fino ad inturgidirli.
Con aria ditratta, sempre fissandoti, porto le mani alla fibbia della cintura.
Sto scartando il mio regalo solo per te e l’espressione che appare sul tuo viso dapprima sorpresa poi incerta e infine avida mi conferma che ora anche tu hai solo un pensiero in mente.
Avermi.
La fibbia penzola libera intorno alla vita, mi dimeno una due tre volte mentre la gonna lunga scivola intorno alle caviglie, lontana dalla pelle bruciante.
Restano solo i candidi slip a tenere composti i riccioletti del pube.
-Ti piaccio? Ti piace il mio corpo? mi vuoi, ora?-
Ti sfido con gli occhi, senza parlare.
Sono in piedi, tra le tue gambe aperte, la mia carne contro la tua, il mio profumo a solleticarti le narici.
Devi toccarmi, se non lo fai ... impazzirò dal desiderio.
Tu resti immobile, sei completamente vestito eppure già aperto a me, sento la tua erezione premere contro le mie gambe.
Poi lentamente mi posi una mano sul ventre, l’altra sull’anca e la tua richiesta anche se muta mi é chiarissima.
Mi raggiunge come una staffilata bruciante in mezzo alle cosce, dove già sono bagnata di te e per te.
Mi inginocchio e guardandoti negli occhi sorridendo con tutta l’acquiescenza secolare di una geisha ti apro i pantaloni che costringono il tuo desiderio.
E ti ho, finalmente, racchiuso delicatamente in una mano, mentre faccio scorrere teneramente le dita dell’altra per tutta la tua lunghezza, sconcertata e commossa dalla bellezza di quel sesso che ho tanto desiderato.
Ora ti torturo con il morbido tocco delle dita che si muovono sù e giù, poi intorno, a volte frenetiche, a volte furtive, sempre imprevedibili.
E ti guardo, mentre ogni mio tocco, ogni pausa deliziosamente minacciosa si insinua come gemma nella tua mente febbricitante di desiderio.
- E’ una pazzia - mormori cercando di afferrarmi, di avvicinare il mio viso al tuo, di attirare i miei seni contro di te, ma io mi alzo, e tu insieme a me.
Restiamo lì, in piedi, i corpi che aderiscono l’uno all’altro, mentre ti tengo sempre in mano, caldo, fremente: ti sento pulsare e crescere, affamato.
La mia bocca si chiude sul tuo collo, mordendo, baciando, leccando, assaporando la tua carne, il tuo odore di uomo, mentre continui a contorcerti contro la mia mano.
Poi ti bacio sulle labbra, e il bacio diventa un pasto per le nostre bocche.
Quanto ho desiderato sentirti così perso contro di me come se già fossi dentro il mio ventre.
Intanto spingo i fianchi in avanti e ti guido dove la seta dello slip e la carne si incontrano, ti appoggio al mio inguine, ti faccio sentire il calore all’interno della coscia dove la pelle é tenera e liscia.
Il mio respiro irregolare e saturo di eccitazione ti alita sul collo mentre continuo a tenerti, aumentando e diminuendo la stretta della mano seguendo il tuo tenderti e rilassarti, persa nell’adorazione della vita che sento scorrere tra le dita, contro la gamba.
Ora ti spingo sotto il bordo degli slip.
-Basta, smettila, non ce la faccio più, ti voglio-
La tua voce non implora, ordina.
Non é questo il momento della tenerezza, un gemito roco mi esce dalla gola, perché anche
io ti voglio, lì, in piedi, contro il muro.
Voglio sentirmi piena di te, prima che venga detta qualunque altra parola.
Perché le parole sono bugiarde.
Solo dovrei avvisarti che non ho protezione, dovrei, ma la spinta cieca del desiderio é troppo forte, darei la vita che mi resta in cambio di quello che succederà ora.
Un senso di vuoto mi attanaglia lo stomaco in uno spasmo di bisogno insostenibile, e le labbra del mio cuore di femmina diventano petali cremisi gonfi e umidi nella foresta del desiderio.
In un attimo gli slip scendono e con una gamba ti stringo a tenaglia il fianco, restando in precario equilibrio sui tacchi alti.
Non sei sorpreso dalla mia mossa, conosci l’agilità del mio corpo, sai quasi tutto di me, da quando ero una ragazzina.
Mi penetri con violenza ed io spingo la testa all’indietro, con un grido soffocato, artigliandoti le spalle, mentre tu con una mano mi torturi spasmodicamente un seno, mi mordi il collo, gemi, pronunci inarticolate parole.
Uso i fianchi e la gamba come fulcro per spingerti ancor più in profondo dentro di me.
E vorrei che questo momento non finisse mai.
Tu prendi a muoverti lentamente ed io mi lamento piano.
Non cerco l’orgasmo, per la prima volta nella mia vita voglio il tuo piacere, il tuo seme a riempirmi , vorrei che ti ingrandissi a dismisura, in modo da ridurmi solo un involucro alla tua lussuria.
Sono aperta, pronta, femmina come non mi sono mai sentita.
Ad un certo punto tu, come se avessi intuito qualche cosa , ti ritrai da me quasi del tutto, e ci guardiamo, nel tuo sguardo velato una domanda inespressa.
Ma io scendo con la mano a cercarti, ti tocco, bagnato di me, scivoloso e poi ti ingoio di nuovo e di nuovo, con violente spinte della pelvi.
Presto, tutto finisce presto, ma il mondo mi si ribalta intorno quando i fianchi strappati verso di te, le tue dita insinuate nella profondità delle mie natiche, ti perdi con un grido nel mio ventre contratto.
Restiamo così ancora per un attimo, l’uno nell’altro, rendendoci conto solo ora di quello che é veramente successo.
La mia gamba si abbassa, tu stai per dire qualche cosa, ma io ti metto un dito sulle labbra:
-Shhhh, le parole sono bugiarde-
Mormoro.
Di sotto, sulla spiaggia, si festeggia il mio compleanno, con fuochi, bevute e bagni notturni.
Qualcuno mi chiama, é l’ora di tornare da loro, da quelli che hanno la mia età, ma che non sanno amare le donne.
Non come mi hai amato tu, almeno, non come ti ho “sentito”.
O come mi ami? O come ti amo io?
O come non ci amiamo?
Curiosità, sesso, un amore che mi porto dentro da quando avevo otto anni?
Che cosa é veramente avvenuto tra di noi, oltre ad una lussuosa scopata?
Ora non lo so, sono confusa, mi rendo solo conto che devo tornare sulla spiaggia,
a festeggiare.
Ma tu sei ancora caldo dentro di me e il mio inguine é piacevolmente dolorante, al resto penserò domani.