Il suo odore
di Redlec (Marco Rossi Lecce)
Terra irrorata dalla pioggia, penetrante è l’odore
del fieno bagnato e del muschio del sottobosco. L’odore dell’erba e
della natura in fiore. L’odore della corteccia spaccata e bruciata dal
fulmine. Era lì sul prato, nuda, fra i vestiti sparsi attorno a lei. Mi guardava con un’espressione assorta, poi con voce bassa mi disse: «Spogliati per favore.» Mi vergognavo, lì tutto nudo sotto il sole. Non la conoscevo, cioè la conoscevo appena. Certo era molto sensuale, non era bella, ma decisamente un tipo. Capelli nero buio, lunghi fino alle spalle; il volto volitivo dalla pelle molto chiara; occhi scuri espressivi, lo sguardo intenso; le labbra carnose. Un naso importante troneggiava in mezzo al viso. La pelle era bella: bianca, luminosa e molto tesa. Le cose belle effettivamente finivano lì. Il corpo era massiccio e compatto, per niente armonico. Avrà avuto venti anni. Mi fece cenno di sdraiarmi accanto a lei. L’erba bagnata mi rinfrescava il corpo. I raggi del sole erano caldi, mi accarezzavano e mi facevano drizzare i peli sulle gambe. Ci baciammo subito. Mi morse la lingua, provai dolore e piacere, morsi anch’io. Sentii il sapore del sangue scendermi in gola: liquida ruggine ferrosa e agrodolce. Mi abbracciava stretto, sentivo i seni schiacciati sul petto, il ventre e il pube serrati contro di me. Mi sussurrò piano, ma in modo perentorio, all’orecchio: «Odorami! Odorami dappertutto!» Iniziai dai capelli: sapevano di grano, poi il viso: la pelle era lievemente profumata; Il collo era leggermente sudato, ne inalai l’odore lievemente acre. Il suo respiro era diventato affannoso, l’alito sapeva ancora del gelato al limone che avevamo assaporato poco prima. Annusai fra i seni, anche lì era leggermente sudata. Mi accorsi che il suo odore cambiava, diventava più deciso. Le strinsi i seni sul mio naso e aspirai forte. Le sue dita s’intrecciavano fra i miei capelli, ogni volta che la baciavo si stringevano contraendosi. Feci entrare prima un capezzolo nella narice e poi l’altro. Avevano un odore particolare, davvero ricordava il latte. Scesi sulla pancia, odorai l’ombelico, ancora era diverso, strano, aspiravo l’odore del grasso sotto la pelle. Le strizzai la carne, ero sicuro, l’odore veniva da sotto l’epidermide, era come odorare una mela e sentire attraverso la buccia. Sentii la sua voce, flebile, bassa: «Ti piaccio?» Bofonchiai qualcosa, ormai ero del tutto preso a sniffare quella creatura. Le mie esperienze amorose erano veramente limitate, era la prima volta che una donna mi domandava di odorarla, quindi per me era un territorio olfattivo sconosciuto; ero molto eccitato e curioso. Col mento toccavo i peli del pube che mi facevano il solletico. Lei allargò le gambe, vi scivolai nel mezzo. Ora l’odore era più acuto e di nuovo completamente diverso. Le odorai l’inguine, il sudore era acre e pungente. Tirò su le ginocchia stringendomi con le cosce la testa. «Ora odorami dentro.» Entrai in lei, col naso e le labbra. I suoi umori mi bagnarono completamente. Mi disse con voce roca: «Dimmi, parlami, descrivimi quello che senti, raccontami.» Cercavo di annusare, respiravo profondamente e iniziai a parlarle: «I tuoi odori sono mischiati ad altri: l’erba su cui giaci, la terra bagnata, i tuoi umori sono acri e umidi e sanno di muschio. Sono odori arcaici, mi appartengono, fanno parte del mio D.N.A. Vengo da lì, ero in mezzo a loro, gli ho respirati mille anni fa. Mi piacciono, mi eccitano, rimarranno dentro di me, no! Ci sono già!» Non conoscevo il suo nome, glielo chiesi, mi rispose: «Sono l’odore di donna, solo questo.» Lei mi avvolse completamente con le sue esalazioni in una bolla magica. Mentre l’annusavo avevo visioni incantate, e ogni immagine aveva il suo odore: Terre antiche; mari e laghi; frutti spaccati; un seno che sprizza latte; una donna che partorisce urlando tutto il suo dolore. Due corpi sudati che fanno l’amore; una giovane donna che si guarda stupita le dita bagnate dal primo sangue mestruale. Lo schizzo possente di seme da un fallo sulla pelle bianca di un corpo femminile. Le grida di una donna mentre una vecchia mammana le introduce gambi di prezzemolo nella vagina. Rumori di membra che si strusciano, di dita che s’introducono, sudore, umori, mugolii, gesti sapienti ed empi. Lacrime e tosse, febbre e calore, deserti e montagne innevate. Dolore e passioni, amori e percosse. Ecchimosi e lividi violacei. Membra disfatte e sangue. Carni putride e corpi giovani e belli. Nella bolla respiravo gli odori del mondo: essenze divine, puzze orribili, emanazioni letali, profumi naturali e odori contemporanei. Tornai in me. Sentivo la sconosciuta mugolare compiaciuta. La guardai, aveva gli occhi chiusi, le labbra stirate in un sorriso beato. La presi rapidamente, entrai in un attimo nel suo corpo. Emise un grido, mi abbracciò forte e sentì l’amore all’istante urlando tutto il suo piacere. Mi girai di lato sull’erba, avevo i suoi odori nel naso ed ero ancora eccitato. Mi sussurrò: «Ora ti annuso io, voglio conoscerti dai tuoi odori, vieni qui, fatti odorare. Mi mise il naso fra i capelli… Redlec Marzo 2008 Roma |