Selena, la dea della luna

di  Redlec (Marco Rossi Lecce)

 

 

  Le sue labbra sono dolci e umide, lucide della mia saliva. Il suo fiato è leggero e vaporoso, il suo profumo rimanda a misteriosi aromi speziati, a lontane terre orientali. Il suo incarnato ha la trasparenza della luce lunare. La sua pelle è liscia come l’alabastro. Nelle pupille scure brillano lampi di luce, chiarori lontani, come meteore veloci nel cielo buio. I suoi denti brillano nel rosso del suo bel sorriso. I suoi capelli sono lunghi, color nero buio, con riflessi blu profondo, scendono come una cascata scomposta sulle morbide e tornite spalle.
Ha il corpo procace di giovane donna. Alta, armonica, bella!

Dopo il bacio Selena si stacca da me e mi sussurra:
“Devo lavorare, scusami, ora vado.” Con la sua camminata dinoccolata si avvia verso il cavalletto. Il dipinto è molto grande, rappresenta una enorme vagina, meticolosamente dipinta, con un topo dentro. In realtà del topo si vede a malapena il sedere e la coda, immerso e soffocato come è dalle mucose. È un’immagine molto forte e molto simbolica. Selena riprende la matita e ricomincia a disegnare, ha cambiato espressione, è visibilmente concentrata, la fronte aggrottata, lo sguardo attento, le palpebre strette, la mano scorre veloce e precisa.
Lo studio è pieno di disegni, sulle pareti, sui tavoli, per terra. C’è un disordine incredibile. Da quando è venuta Selena non dipingo più. Passo il tempo a guardarla, a servirla, ad amarla, ad adorarla. I suoi lavori sommergono e coprono i miei. Non l’avrei mai immaginato di essere completamente annientato da una persona. Ma Selena è speciale e unica. Ognuno si sceglie il suo carnefice e io ho scelto il più bello e intrigante. Sento che la mia vita non ha più nessun valore. Vivo solo per lei e non m’importa del resto. La mia devozione è totale. Il suo immaginario erotico ed esistenziale mi ha affascinato completamente. La notte sogno di lei e dei suoi lavori. La sua bellezza si mischia ai suoi mostri, amo lei e le sconcezze che dipinge. Mentre facciamo l’amore, lei mi sussurra fantasie inenarrabili, e io penso ai suoi lavori. Mi sto ammalando anche io? Come lei? Si, è una persona malata, dovrebbe andare in terapia per cento anni. Eppure è così bella e dolce, ha un candore naturale che contrasta con quello che fa. Il suo corpo mi corrisponde, ha due seni bellissimi, i capezzoli sono molto piccoli e color rosa scuro. La pelle è liscia e calda, il suo ventre mi riceve e si contrae con un ritmo giusto per me. Sentiamo l’amore all’unisono e questa è una cosa bellissima. Il suo odore è buonissimo, l’inalo insieme all’aria del giorno e della notte. I suoi umori hanno un buon sapore, sanno di muschio e di terra irrorata dalla pioggia, di ruggine, odori e ricordi ancestrali.
Continuo a guardarla, non faccio altro. Dalla mia poltrona ho una buona visione di tutto lo studio. Selena è in piedi pochi metri da me. Sta rifinendo la coda del topo. Indossa solo una blusa bianca, le arriva appena sotto le natiche. Le gambe sono lunghe e muscolose, hanno una bella forma. I piedi sono nudi. So che sotto è nuda, fa sempre così. Si fa la doccia, si asciuga appena, s’infila la prima cosa che le capita e corre a lavorare. Ha un portamento naturale ed elegante. Uno straccio addosso e sembra una modella che sfila sulla passerella. Ma quello che mi affascina di più di Selena è l’altra faccia della Luna, quella in ombra. C’è un mistero in lei. Apparentemente sembra una bella ragazza, che scoppia di salute e che non ha problemi. Invece non è così! Da quando stiamo insieme, da poco tempo, in effetti, mi sono accorto di quanto è diversa dai suoi coetanei. Ha solo ventidue anni ma è incredibilmente seria, studiosa e impegnata. Un velo di tristezza appanna sempre i suoi begli occhi. Il suo mondo interiore deve essere molto complicato, incombente e pieno di sfaccettature misteriose. È dall’inizio del nostro rapporto che studio i suoi lavori. Lì è la chiave, quel suo mondo mostruoso pieno di visioni ossessive e oppressive che lei sa rendere bello e intrigante, grazie al suo talento d’artista. I suoi disegni sembrano incisi, mi fa pensare, come tecnica al Doré o al Goya incisori, ma lei è ancora più analitica, maniacale. Se disegna un ano, che non è mai reale, è solo un brutto sogno, lei disegna le mucose perfettamente, gonfie e viscide insieme, esalta le piccole vene, i capillari della pelle, l’umidore che le copre. E alla fine ha disegnato un essere vero e proprio che ha una sua valenza fisica, è vivo e vegeto, sono persone, uomini e donne mostro. Il primo disegno che vidi era un’enorme vagina, disegnata in dettaglio, sul perimetro c’erano degli spuntoni, ricordavano dei denti, un vero incubo per un maschio, una vulva che può anche mangiarti. Eppure non aveva niente a che fare con una vera vagina, era una proiezione fantastica e irreale, fantascientifica e materia insieme.
La guardo, Selena ha una fica normalissima, i peli del pube sono ben curati e lisci, neri come la notte più buia. Mi piace molto baciarla. Mentre lo facevo avevo dei pensieri trasversali:
“Ora mi morde?” Oppure:
“Ora esce il topo e mi rosicchia il cazzo.” Insomma in questi miei deliri godevo come un matto. Mi piaceva il rischio virtuale, anzi, rimanevo anche un po’ deluso quando lei sentiva l’amore, mugolando o urlando. Nell’attimo più intenso mi prendeva i capelli e mi schiacciava le labbra sul punto del godimento. Mi sussurrava frasi oscene e parole forti. Io succhiavo i suoi umori e speravo che uscisse il suo ipotetico mostro, niente, tutto normale. Dopo aver fatto l’amore Selena si rilassava, si accendeva una sigaretta e io le portavo del whisky con ghiaccio. Mentre eravamo abbracciati le domandavo:
“Ma perché hai disegnato quei denti, cose pensavi?” E lei canditamente:
“È un mio autoritratto, cioè, solo della mia fica, s’intende.”
“E quel topo, come ti è venuto in mente?”
“Quel topo è parte di me, è dentro di me, esiste per davvero sai.” Non capivo, l’accarezzavo e pensavo.
“Questa è proprio matta, ma per davvero, è una creatura surreale, forse me la sono inventata per i miei bisogni malati, in realtà non esiste. Mi pizzicavo, sentivo dolore e Selena era sempre lì che beveva e fumava e mi guardava con quello strano sguardo velato.

Poi ci fu all’improvviso un cambiamento, Selena non dormiva più, non andava più in Accademia a seguire i corsi. Lavorava incessantemente, la produzione d’immagini erotiche e mostruose raggiunse un apice incredibile. Lo studio si riempì in ogni suo angolo di esseri e parti anatomiche pazzesche: Esseri antropomorfi che si autopenetravano, vagine deformate e terrorizzanti, ani risucchianti, falli lunghi e nodosi come rami d’albero, per di più ricoperti di muschio viscido. Ero preoccupato, Selena era dimagrita, aveva i lineamenti del viso sempre tirati. Non mangiava, non parlava, non facevamo più l’amore. Io non sapevo più che fare, passavo ore e ore a guardarla, assorta nel lavoro, lontana da tutto, immersa completamente nel suo mondo onirico. Mi addormentavo spesso, poi mi svegliavo e lei era lì, sporca di grafite e di colori, mi dava un’occhiata e ricominciava a lavorare.
Dopo un po’ di giorni pensai che era ora di parlarle. La presi per mano, la portai sotto la doccia, la lavai con tutta la delicatezza possibile. Le passai la spugna nel solco della vagina, fra le natiche, sull’inguine, insomma la lavai tutta. L’asciugai, lei era lì ferma e mi guardava, ogni tanto accennava un piccolo sorriso. La portai verso il letto, la feci sdraiare sulle lenzuola fresche e profumate. Le sussurrai che avevo voglia di fare l’amore. Lei mi rispose:
“Hai voglia di conoscermi davvero, fino in fondo, fino alle estreme conseguenze?” Ma che voleva dire? Avevamo fatto l’amore tante volte, non potevano esserci sorprese, le risposi di si. Iniziammo a baciarci. Selena era particolarmente presa, mi baciava con grande intensità. Mi succhiava la lingua come non aveva mai fatto, era vorace, sembrava che mi divorasse. Venne sopra di me e la penetrai in un secondo. Urlò tutto il suo piacere chiamandomi per nome. Saltava e mi possedeva come non aveva mai fatto, si dimenava e mugolava forte. Poi mi sussurrò:
“Tu mi ami, è vero? Faresti qualsiasi cosa per me, qualsiasi sacrificio? Dimmi, rispondimi?” Risposi:
“Si, per te in assoluto, sono solo tuo, puoi farmi qualsiasi cosa che vuoi.” Fece uno strano ghigno:
“Allora va bene, ora mi conoscerai davvero, vedrai l’altra faccia della Luna, quella buia e misteriosa.” Chiuse gli occhi, cambiò espressione, sembrava che si concentrasse su qualcosa. Iniziò a stringere i muscoli della vagina. Sentivo le mucose indurirsi sempre di più. Mi facevano male, mi stringevano il fallo in maniera incredibile. Qualcosa non andava, sentivo intorno al sesso delle cose dure, non erano muscoli, non erano mucose. Selena continuava a stringermi, iniziai a urlare. Avevo capito, erano denti e mi mordevano forte. Selena aprì gli occhi, nelle iridi era riflessa l’immagine della Luna piena. Sotto quello sguardo lunare iniziò il mio dolore e il mio tormento, la stretta fu repentina, sentii i denti sbattere tra di loro, un dolore acuto mi percorse tutto il corpo, fiotti di liquido caldo mi scorrevano sull’inguine e fra le natiche. Qualcosa si muoveva piano fra le mie cosce. Mi accorsi che stavo per svenire, il buio calava sui miei occhi, nell’ultimo attimo di lucidità sentii uno squittio, uno squittio di topo. Poi solo silenzio e notte profonda.

Sentivo un rumore lontano. Mi disturbava, aprii piano gli occhi. Non osavo guardarmi, lentamente voltai lo sguardo sul mio sesso, ero terrorizzato da quello che avrei visto. Invece niente, tutto normale. Lo toccai, lo stirai, frugai sotto i peli del pube. Ero a posto. Tirai un sospiro di sollievo. Avevo avuto solo un incubo. Mi alzai, era pieno giorno, lo studio era bel illuminato. Guardai le lenzuola, niente, erano solo stropicciate, ma non c’era sangue. Cercai Selena con gli occhi, non la vedevo. Mi accorsi con sorpresa che l’ambiente era in ordine. Non c’erano più i suoi disegni sparpagliati. Tutto era pulito e perfetto, i miei quadri erano allineati in bell’ordine. Sul cavalletto c’era un telaio ricoperto con un panno. Alzai il tessuto. C’era un disegno di Selena, l’ultimo che aveva fatto, finito però, una grande vagina con i denti e un topo affogato nelle mucose. Al posto della firma c’era una Luna piena. Avevo capito, Selena se ne era andata per sempre, forse sulla Luna, chissà?

Redlec Giugno 2009 Roma