Non ho fatti i compiti
di Summer
Non ho fatto i compiti per casa.
Ma sono uscita dall'ufficio e sono salita in macchina.
40 minuti di traffico mi separavano dalla piscina.
In mente rimbalzavano immagini e brandelli di conversazioni di quanto scritto e
letto durante un pomeriggio a tratti rubato al lavoro.
La sensazione che si faceva strada tra le immagini era ormai fisica e
percepibile a pelle.
I capezzoli si facevano secondo dopo secondo più definiti e turgidi premendo
contro le coppe generosamente piene.
La sensazione era quella di una carezza sfiorata premendo piano con il palmo
della mano aperta.
Prima, seconda, fermi tutti. L' aria rovente dell'auto al sole da un giorno
intero…
Prima, seconda ancora, folle, seconda, fermi tutti di nuovo.
Mi sono guardata attorno, nella mia macchina piena di cose come solo un
ripostiglio sa essere, eppure inspiegabilmente mai disordinata.
Lo sguardo è caduto su un paio di mollettine per capelli, di quelle fatte a
becco che uso per trattenere la frangetta, appuntate alla chiusura della sacca
da piscina.
E' bastata una frazione di secondo e l'eccitazione non è stata più un esclusiva
del mio seno.
Ho sfilato una mollettina dal suo appiglio strategicamente improvvisato,
prendendola con due dita.
- Ti interessa il seguito? -
Con le dita libere dell' unica mano disponibile ho scostato il collo a scialle
della maglia sottilissima e scollata.
Ho scostato di poco il margine del reggiseno.
Potevo già intravedere, solo abbassando di poco lo sguardo, il seno sodo e
abbronzato, il capezzolo appuntito e duro, invitante, anche se solo per me.
Ho infilato la punta della molletta, stringendone le estremità per aprirla.
L’ ho appoggiata al capezzolo, lungo un'immaginaria linea verticale, e con le
dita ho sistemato il collo della maglia, a nascondere il tutto.
Una rapida occhiata attorno, a controllare se e chi avesse visto qualcosa dalle
macchine incolonnate e affollate intorno alla mia, bassa, con il finestrino
spalancato.
L'idea che qualcuno avrebbe potuto scoprire il piccolo segreto che stavo
mettendo in pratica in mezzo ad una folla di persone sole, assorte e innervosite
dal caldo e dall'ingorgo mi eccitava sempre più.
E pensare che il mio pudore mi avrebbe fatto arrossire solo pochi anni fa, anche
solo all'idea di una cosa simile.
Alla prima sosta disponibile, nel continuo tira-molla del traffico
congestionato, ho fatto la stessa cosa con la seconda molletta, sul seno non
ancora prigioniero.
All’inizio c’è il dolore, ma dura un attimo, e la fusione di dolore e piacere e
desiderio che si scatena subito dopo non mi era del tutto nuova, ma la
persistenza della sensazione, e l’indipendenza della sensazione stessa
dall’intervento di mani o dita, dalla volontà mia o di qualcun altro, rendeva
nuova una sensazione già provata.
Nuova e intrigante.
Intrigante l’idea di un gioco privato in mezzo al mondo pubblico che scorreva
tutto intorno.
Intrigante l’ idea di quell’ eccitazione che sentivo crescere e sciogliersi,
avvolgente, calda e liquida, nello spazio che era stato compagno di tante cose,
di fughe, di libertà assaporate correndo senza meta con la radio e la voce a
squarciagola, di affannati ritardi al lavoro, di terrorizzate corse da e per
l’ospedale, di assolati tragitti verso il mare.. ma mai testimone di giochi come
quello.
Non resistevo.
Non era difficile resistere al dolore, ma era sempre più impegnativo resistere
alla voglia che saliva dentro.
Ho cominciato a spostare il peso da una gamba all’altra, dondolando con estrema
lentezza il bacino, premendo sulla spessa cucitura dei pantaloni di lino grezzo,
ormai ammorbidita e umida.
Non bastava.
Sono scivolata un po’ avanti sul sedile.
Ho abbassato la zip.
Ho infilato due dita, scavalcando il margine del perizoma liscio, sottile, senza
cuciture…
Ho cominciato a cercare quel piacere annunciato a gran voce ma ancora lontano.
Prima, seconda, fermi tutti. L' aria pesante di smog e rumori ruggenti.
Prima, seconda ancora, folle, seconda, fermi tutti di nuovo.
E la mia mano che cercava, inquieta ma non frettolosa.
Paziente come un’amica che ascolta confessioni segrete.
Non bastava.
Sarebbe bastato lo sguardo incuriosito e subito complice del viso brizzolato,
inscatolato nel confortevole metallo della mercedes accanto, compagno per un
istante di interminabili secondi all’ennesimo semaforo.
Sarebbe bastato un guizzo della mia eccitazione riflesso negli occhi di un
complice sconosciuto, casualmente affascinante.
E la mente comincia a vagare, gli occhi seguono la coda di macchine, nel suo
avanti e indietro lento e quasi suadente, ma la mente abbandona l’abitacolo e
ricade in un letto sconosciuto, anonimo ma familiare.
Il letto buio, forse viola scuro, un po’ torbido e un po’ infantile come il
rosa, il letto delle fantasie, quelle miste di voglia e dolcezza, di sesso mai
scopato e romanticismo innato.
E in quel letto viola l’affascinante sconosciuto perde i contorni del viso,
scioglie le labbra definite e sicure, di uomo affermato, in un sorriso
sprezzante, il sorriso di un uomo senza volto, ma consapevole della mia
inquietudine.
All’improvviso la mia mano trova qualcosa, non l’ha ancora afferrata, questa
cosa, la sta solo avvicinando con movimenti lenti e ricchi di confidenza.
All’ improvviso, mentre le dita si avvicinano alla cosa vicina, l’uomo senza
volto, l’affascinante complice sconosciuto le aiuta.
Vuole aiutarle a raggiungere la loro meta e mi prende, con sicurezza decisa ma
senza violenza, a riempie il mio caldo del suo senza esitare, ma senza fretta.
Si ferma un interminabile istante, per farsi sentire dentro e fuori e tutto
attorno.
E prende poi a muoversi seguendo perfetto la danza delle dita, affondando forza
e delicatezza. Forza e delicatezza Forza e delicatezza.
Si ferma solo il tempo di un respiro trattenuto, a sentire il mio ventre
contrarsi appena, e riprende allontanandosi impercettibilmente per poi tornare
di colpo, a fondo, fissandomi negli occhi col suo sorriso senza volto.
Soddisfatto. Dicendomi, col suo sguardo senza occhi, “Ecco, ora l’hai trovato”.
All’affascinante e complice sconosciuto.
Al traffico, misteriosamente incasinato.
Al caldo, insolitamente inebriante.
Alla fantasia, costantemente al mio fianco.
Grazie.