Finte certezze

di   Zoeblog

 


Tornato a casa ho preso il registratore, mi sono sdraiato sul divano e ho liberato il mio ricordo. Era riaffiorato qualche ora prima, dietro un bicchiere di vino, stimolato dalle sue parole.
Quella donna riusciva a mettermi a mio agio, la conoscevo da poco, eppure sentivo che con lei potevo liberarmi, aprirmi, quasi riuscivo ad essere me stesso.
L’ho incontrata nel bar, era lì da sola, ma sembrava conoscere tutti. Chiacchierava qua e là, destreggiandosi con il suo bicchiere di vino, non era bellissima, ma aveva un qualcosa, una posa, un modo di gesticolare che ti attirava a lei.
Mi sono avvicinato al vassoio delle tartine, mentre lei era intenta a cercarne una che fosse di suo gusto.
< Quelle ai carciofi sono deliziose. >, esordii.
< Dici? Voglio fidarmi di te. >, mi rispose.
< Saresti la prima. >, aggiunsi.
E’ bastato poco per farla sorridere e portare la sua attenzione dalla mia parte. Vari interessi ci univano, così abbiamo intrapreso un viaggio mentale che ci ha portato a spaziare tra argomenti vari fino ad approdare al suo progetto, un romanzo intriso di intimità maschile.
L’idea mi ha incuriosito a tal punto da farmi desiderare di parteciparvi anch’io, legarvi un po’ della mia sensibilità, della mia esperienza di uomo di mondo.
Le sue domande mi lusingavano, il mio narcisismo ne era appagato e, in un certo senso, desideravo provare anche questa forma di espressione, nella speranza, magari, di trovarne un qualche giovamento, specie in un momento come quello che stavo vivendo, in cui mi sentivo un po’ insicuro e solo.
Avevo della considerazione intorno, ma non riuscivo a goderne; ero inquieto, confuso, spesso i miei pensieri non uscivano nel modo giusto e covavo sempre un senso di insoddisfazione, di qualcosa che mi mancava, di conferme che non vedevo arrivare. Ma quel ricordo è riuscito a darmi coraggio, a distrarmi per un attimo da tutti i miei impegni, dalle scadenze lavorative, dalle telefonate di donne desiderabili.
Non so perché tra tante ho scelto lei o forse lo so.
Durante la chiacchierata ho visto il volto di molte, ma poi ho scelto lei, Thessa, senza quasi rendermene conto.
Era così tanto tempo che non ci pensavo, che non la sentivo, tutto tra noi si era esaurito quel giorno di silenzio.
Lei era bellissima, statuaria, desideravo raggiungerla, provarci almeno. La conobbi ad una festa come tante e la rividi qualche mese dopo appoggiata ad un bancone di una bar meta di tutti i disadattati della zona; mi sorprese vederla lì, lei che disadattata non lo era di certo.
Ero accompagnato quella sera da una delle mie ultime conquiste, me la dimenticai al tavolo senza pensarci e mi concentrai su di lei, volevo lei.
Usai le mie solite armi, mi atteggiavo da splendido, da uomo pieno di risorse e soprattutto di impegni.
Esordii: < Chissà come ho trovato del tempo per rilassarmi stasera, un miracolo.>, mi fermai per sorseggiare il drink e ricominciai, <E’ una piacevole coincidenza, mi sorprende vederti qui, tu che frequenti questo posto...incredibile. Ma dimmi un po’, come stai? Cosa fai? >
Non ascoltai le sue risposte impegnato come ero ad iniettarle un certo interesse per me e a non farmi troppo distrarre da quella sua bellezza, dalle movenze sinuose del suo corpo, dai modi raffinati, da quel sorriso illuminante. Desideravo incuriosirla, lei non ne aveva bisogno, ero già fin troppo curioso di scoprirla, quindi perché ascoltarla?
< Uhm, interessante...ma dai...>
Mi disse che non aveva cambiato lavoro, era sempre nella stessa agenzia, a ricordarsi quale, boh, forse anche la volta scorsa non avevo seguito molto il discorso, cercai di fare il vago, in fondo sono un maestro in questo.
Le guardavo il volto distrattamente, spingendo ogni tanto lo sguardo oltre la sua figura per poi ripuntaglielo dritto negli occhi e sorridere. Un po’ di distrazione le disorienta sempre.
< Bevi qualche altra cosa? >, le chiesi.
Ma sì le presi qualcosa lo stesso, qualsiasi risposta mi avesse dato, in fondo è sempre meglio farle bere.
Continuai il mio show. Mi sentivo fico, molto fico, al bancone di un locale di terz’ordine al fianco di questa bellezza; per tutto il tempo mi dimenticai che c’era una donna al tavolo che mi stava aspettando, ma come avrei potuto ricordarmi di lei?
< Sì, adesso sono impegnato a portare a termine delle riprese sulla musica elettronica.>, le dissi.
Mi aggiustai i capelli.
<Sì, è un’esperienza molto interessante, affascinante direi. Sto cercando di uscire un po’ fuori dagli schemi ... classici, sai quello che la gente si aspetta da un documentario simile, tipo rave, interviste a musicisti egocentrici e narcisisti, fans in preda al delirio e cose del genere...>
< Sì, i soliti luoghi comuni, poi nella realtà hai a che fare con persone che sono molto sensibili, assolutamente non superficiali, spesso con una stupefacente cultura musicale, ti rendi conto insomma che gli argomenti che puoi affrontare con loro sono molteplici. >
Feci un altro sorso.
< Oddio per un uomo della mia sensibilità tutto ciò è entusiasmante, sconvolgente. Ho passato dei giorni interi a chiedermi perché avevo dimenticato i miei ideali per così tanto tempo e così ho deciso che dovevo ritrovare la mia vera identità, dopo anni trascorsi a fare il fico dietro le band, perso tra mille party esclusivi, con bellezze disponibili ed ogni tipo di pozione allucinogena. E’ stato bello per un po’, ma poi senti il bisogno di tornare alla vita vera... >
Mi interruppe per dire qualcosa.
Continuai:< Sai non voglio più abbassarmi e cedere a meccanismi superficiali, di puro business insomma, ho bisogno di valori veri io... >
Pensai di essere stato abbastanza interessante, continuai per un po’ poi sferrai l’attacco finale, la salutai indicandole l’amica che avevo lasciato al tavolo, ero spiacente ma dovevo raggiungerla.
Lei mi sorrise, senza scomporsi troppo, ma io sapevo che si stava controllando. Buttò un occhio alla mia accompagnatrice, sorrise anche a lei, e poi mi salutò.
Tornai al tavolo felice delle mie mosse, la mia tecnica si andava perfezionando con gli anni. Puntavo sul fascino sempre e comunque, conscio com’ero che la mia bellezza era tutta lì, sapevo che i miei lineamenti spigolosi diventavano belli solo se conditi di charme e look da rocker.
La mia accompagnatrice era visibilmente scocciata, le inventai qualche scusa legata al lavoro e la tranquillizzai senza grossa difficoltà.
Mentre facevo finta di ascoltare la donna di fronte a me, pensai al mio amore per la musica, a volte mi chiedo se sia un sentimento vero o sia frutto di schemi di gioco. Devo dire che sono sempre stato attratto dai meccanismi dello show-biz, il mio intuito musicale mi ha dato potere, molto potere, e fascino, ne sono consapevole, e questo mi ha sempre trasmesso molta adrenalina.
Chissà perché ho avuto voglia di fare questa confidenza proprio a lei, la donna dal progetto interessante, forse perché stimolato dalle sue parole che confesso di aver ascoltato.
Strano, non desideravo sedurla ma solo ascoltarla, farmi affascinare da quelle idee, da quella intelligenza, da quella spontaneità.
La spontaneità, forse è per questo che tornato a casa ho preso il registratore ed ho iniziato a raccontare del rapporto con Thessa. Era proprio con lei che ho capito di aver perso un occasione, l’occasione di sentirmi uomo, forte e debole, e di spogliarmi, almeno una volta nella mia vita, di quella maschera di fascino e seduzione che continuo ad indossare per evitare di affrontare il mio senso di inferiorità che mi porto dai tempi dell’adolescenza, quando dal confronto con gli altri ragazzi uscivo sempre perdente, imbarazzato e brutalmente deriso.
Con la crescita, poi, è stato ancora più difficile. E’ dura dover affrontare il viso deluso di una donna mentre guarda la mia erezione, per anni mi sono sforzato, con tutte le mie armi cariche di fascino e sregolatezza, di dimenticare quello sguardo e dedicarmi a performance illusorie per me e per loro. A volte avrei voluto avere la libertà di piangere, di confidare le mie insicurezze, di chiedere loro se veramente provavano qualcosa o fingevano, ma non ne ho mai avuto il coraggio. E così ho cambiato partner, di continuo, soddisfacendole di materia, e nel contempo covando tanto di quel disprezzo nei loro confronti perché nessuna, mai, mi ha chiesto come mi sentivo o ha provato a rassicurarmi in qualche modo. Le ho odiate per la loro bellezza, perfezione, per le loro bocche che sembravano bramare di più e per quelle passere sempre troppo larghe e profonde per me.
Anche Thessa ha fatto quello sguardo la prima volta, io l’ho girata subito, ho cercato di prenderla con la forza, eccitandomi col pensiero di averlo grosso, grossissimo e avrei voluto piangere perché lei mi piaceva tanto, ma non l’ho perdonata.
Ci sono stati altri incontri e, ad ognuno, quello sguardo si ripeteva o forse ne ero talmente abituato che l’ho rivisto ogni volta. E’ stata anche dolce con me, ma non è bastato a darmi il coraggio per abbandonarmi alla mia sofferenza.
Un giorno, dopo averla riaccompagnata a casa col mio macchinone imponente, ho deciso che era tempo di sfuggirle, di tornare al silenzio. E l’ho fatto.
Dopo mi sono dedicato ad altre bionde, ad altri sfoggi di fascino, di look da rocker e di fughe.
Oggi, finalmente, dopo anni di silenzi, ho avuto il coraggio di dire tutto al microfono di un registratore, per ora un oggetto è depositario della mia sofferenza e domani lo darò a lei, ad una donna, proprio a lei che si è dimostrata amica senza esserlo, sensibile e cosciente delle contraddizioni di noi uomini. Forti e vergognosi della propria debolezza, impegnati a nasconderci dietro finte certezze.
A lei dirò la verità, non tornerò indietro, non mi pentirò, ho troppo bisogno di togliermi questo inganno di dosso, di prendere coscienza e di accettarmi; solo dopo, forse, potrò amare e spogliarmi fino in fondo. Nudo, così come sono, poco dotato, ma vero.