Immagini
di Zoeblog
Era già mattina. Aveva fatto un brutto sogno quella notte. Una casa sconosciuta,
delle persone nuove, un album di fotografie e la sua presenza che in realtà era
assenza. Lui era distante, seduto nel divano più in là, in compagnia di quei
nuovi amici, di quegli attori e delle loro improvvisazioni; sembrava a proprio
agio, rilassato, sorridente, ma di un sorriso che non comprendeva lei. Un uomo
le offrì il suo abbraccio, lei lo guardò dubbiosa, incerta se accettare, poi si
appoggiò a quella spalla sconosciuta e la trovò comoda, comoda come non avrebbe
immaginato, e si accasciò, perdendosi senza più pensieri. Ma d’un tratto la
stessa mano di quel caldo abbraccio le mostrò un album di fotografie. Erano foto
degli sconosciuti intorno a lei, volti sorridenti, divertiti, attori di copioni,
amori recitati in corpi nudi, finché non vide la foto di lui, nudo, riverso nel
corpo di lei, un’altra, con la bocca protesa nel suo sesso, umido nell’umido. Di
colpo si irrigidì, staccandosi da quell’abbraccio sconosciuto. E’ solo finzione
le dissero.
Straziata dal dolore si buttò con tutta la sua forza contro il suo uomo, lo
colpì con rabbia, urlando la sua disperazione per averlo perduto e lui
impassibile la guardò infastidito, forte della sua indipendenza da lei, forte di
quei nuovi amici e degli interessi riscoperti.
No, no, no, nooooo.
L’urlo la svegliò di colpo. Vide una stanza intorno a lei, le pareti della sua
camera. Si girò nel letto e notò lui che dormiva, con il viso all’insù e il
respiro sereno.
Allora sei qui pensò? Non c’è nessuna foto, nessun sesso che hai baciato, sei
semplicemente qui.
Lo guardò dormire, mentre sentiva scorrere via quel malessere. Avrebbe voluto
quel corpo subito, sentire il suo sesso dentro di lei muoversi con vigore o
infilarselo lentamente facendolo prima scorrere tra le sue labbra, ma non voleva
interrompere quel sonno sereno, quel calore vicino, quell’assenza di album di
fotografie. Decise di guardarlo e basta, magari poggiandogli una mano sul culo,
accarezzandolo dolcemente, mentre l’altra mano cominciava a farsi spazio tra le
labbra umide del suo sesso. Si toccò da sola, immaginando che fosse lui a farlo.
Si toccò per lungo tempo, paziente come nessun uomo potrebbe essere, e intanto
la mente scorreva tra le pellicole di immagini seducenti. Erano in un prato,
vicino ai binari del treno, e lui si faceva spazio tra le pieghe della sua
gonna, insinuandosi lentamente come una piccola formica che ti solletica le
gambe. La mano fu presto accompagnata dal suo membro turgido e vigoroso, i
capezzoli divennero sempre più duri, imploravano le labbra, i denti, tutta la
sua bocca. Pensava: “Guardatemi voi che passate col treno, poggiate i vostri
volti al finestrino, per un solo secondo, giusto il tempo di attraversare quel
prato, e godete del mio godimento, amplificato dal suo sesso che si muove e si
muove e si muove ancora e dai vostri sguardi che spiano, che si deliziano e che
immaginano”. I capezzoli si fecero sempre più turgidi per il freddo venticello e
per quella lingua che li lambiva. Vide quel meraviglioso maschio muoversi su di
lei e quei piccoli volti sconosciuti scorrere, scorrere e scorrere. Godette di
quel ritmo e di quell’improvviso spettacolo, lei e lui, attori e amanti di una
scena da film. Si accasciò sul letto appagata, la mano ancora appoggiata sul suo
culo e la testa finalmente libera da brutti pensieri.