“Quando la vidi rimasi stupito”
Sdraiato, a notte fatta, comincia così a camminare con lei su quella riva, se lo ricorda. Ora.
“Era una vela azzurra, a tratti nemmeno azzurra, blu scura. Non una vela, una tenda, un telo lungo, un drappo vivo che copriva, fin dove la potevo scorgere, la spiaggia.
Nascondendo a perdita d’occhio la riga mobile dove la costa si fa mare”
“ Partiva dai piccoli sassi della riva, quelli già asciutti, un po’ più in alto, e poi si allungava, seguendone la curva a sfumare verso il largo”
La donna si avvicina, fa di lui nell’ansa della spalla il suo cuscino. Sono nel letto, odora di buono il lenzuolo. Sono vicini.
Dentro la stanza c’è una luce leggera, filtra di lato da una porta. Nessun rumore fuori, sul pianerottolo, sono in cima al mondo e sono insieme.
Fuori il cielo gioca con le luci, le prova tutte, nel tramonto fattosi da ore notte, si esercita a inventarsi ancora una volta, per loro, bufera e temporale.
Scariche improvvise disegnano il bordo delle ante della finestra aperta, e le pesanti tende blu scure. Sono le quinte, dietro il sipario – aperto - di un teatro.
Con gli alberi sul palcoscenico a farsi attori, di fronte, nel parco e a lasciarsi illuminare.
Le luci dei lampi non hanno regola, conoscono da sole imperscrutabili pause e irrazionali accelerazioni. Sono rapide nell’accendersi e spegnersi.
Altre volte sembrano sfumare.
Come se un direttore alle luci le volesse, su una partitura indecifrabile, saggiare. Facendole correre, destra-sinistra, alte-poi basse, su un ritmo tutto suo. Forzandole, accendendole e spegnendole.
“La prima volta che le vidi non sapevo cosa fossero, nemmeno sapevo se potessero farmi del male. So che erano così belle che la mano non poteva non aver voglia di esplorare. Le toccai dapprima con la punta del sandalo, ne scelsi una, chissà perché quella. Forse perché era tra le prime ad aver toccato riva e il sole aveva cominciato a farle perdere il colore e sembrava quella di sicuro più inoffensiva”
“Poi la toccai con la mano”
La donna ascolta. Respira piano.
Muove la testa sulla spalla dell’uomo, e lui parla ascoltandole il respiro. Sa che prima o poi lo sentirà farsi più fondo e poi sempre più regolare. Gli piace quando la sente respirare.
Quando la sente lentamente scivolare.
Senza nemmeno accorgersene il ritmo del racconto si modula sul respiro di lei. Come volesse, raccontandole di mille piccole meduse azzurre buttate lì dal mare come barche piaggiate, vestire di quel blu, cucendolo sul suo respiro, il sonno di lei.
E’ così che, tra due lampi - e nello sciame del tuono, atteso dopo la prima luce, che va a svanire – l’uomo, stringendola al suo corpo, ricomincia a raccontare.
“Arrivano portate dal vento, sono piccole vele. Sono milioni. Milioni di milioni, credo che nessuno mai le potrebbe nemmeno contare”
“Piccole, cinque centimetri, piatte, ovali. Non hanno tentacoli quasi, non bruciano se ti sfiorano nel loro correre alla riva. I tentacoli devono essere quasi impercettibili, sembrano l’orlo sfrangiato di una tela. Sopra, a guidarle e a fare da vela, solo una lamina si staglia dal loro corpo, verticale, quasi in diagonale sulla tolda blu. Alta, messa come una vela, pronta per l’andatura di bolina, che le guida attraverso il mare”
Si ferma. La guarda.
La ragazza fa scorrere la pelle del suo volto lungo il braccio dell’uomo come se fosse il suo cuscino.
“Sono tantissime e arrivano a colorare di sé il mare. Blu elettrico sull’azzurro, una pennellata larga, viva, fluttuante, morbida. Una meraviglia di armonia. Loro sono il mare, solo la sua tovaglia, il suo lenzuolo”
La ragazza sorride.
“E’ il vento che le porta. Arrivano alla riva per riprodursi nelle acque più calde e poi morire. Ma non c’è tristezza alcuna nella danza di quelle piccole vele. Solo armonia”
Raccoglie il respiro di lei che si fa onda sul suo petto, mentre le parla delle onde. Lo sente mentre espira correre a perdersi. Poi al respiro dopo ancora, E poi ancora.
E così continua su quell’onda a parlarle delle onde ora.
“E’ la risacca che le spinge a ondate, sempre più su. Le ammassa in una strisca di colore, che parte da là in fondo e sale e arriva là, dove la spiaggia è rotta dalla scogliera e dal pontile. Disegnano ogni curva della costa, la vestono, la fanno a festa”
“Mentre cammini coi piedi in acqua, loro continuano ad arrivare, i piccoli velieri blu”
“Se sfidi il freddo del mare di maggio ed entri in acqua del tutto, nuotandoci in mezzo puoi aprire e fendere come una tela strappata la marea che viene a spiaggiarsi e, tagliando il blu più denso cercare di seguire allontanandoti da riva la loro scia nel mare. E cercare da dove arrivano”
“Vengono a riunirsi qui. Intorno a te”
“Galleggiano, avanzano e si ritraggono con la marea delle piccole onde, sembrano danzare. Si toccano, si evitano, si sfiorano. Tentennano, sembra debbano rovesciarsi e magari anche affondare”
“Ma è un attimo, sai?” e le carezza il viso e sente la mano e il polso sfiorati dal respiro di lei, caldo, disteso. E’ un respiro che sa di notte, è un’onda regolare.
Sente la vita di lei carezzare solleticandoli i piccoli peli del suo braccio mentre la carezza, scendendo dal suo volto verso il corpo, e accogliendo il sonno di lei, smette di raccontare.
La guarda. La camicia nera che indossa la copre appena. Il seno sale e scende regolare, nel sonno sembra più giovane ancora.
Il viso è rilassato, lui sorride e pensa che magari lei sta sognando il mare. Dove mentre prendeva sonno la voleva portare.
Fuori dalla finestra i tuoni e i fulmini hanno dato spazio alla pioggia. Scende fitta e batte il viale di ghiaia e calcestre. E’ una tenda di mille fili che percuotono il terreno intorno agli alberi.
La tempesta ha lasciato una luce irreale.
Si mescola a quella dei lampioni del viale. Nessuna auto ora parcheggiata. Nessuno che cammini a piedi.
Solo il rumore della pioggia che diventa subito così familiare che nemmeno più lo nota ora. E’ il rumore della notte, il suo battito naturale.
Guarda la notte, è sceso dal letto, si è accostato nudo alla finestra. Non fa freddo. Respira con il corpo quella notte. Quella notte si è vestita di rumori e luci solo per loro.
Quella notte è solo loro.
Lui spegne la luce della stanza a lato, torna al letto. Lei dorme.
Si sdraia piano a lato, cercando di non turbare il suo sonno. Lei si volta appena un poco. Sorride nel sonno.
Scivola con la testa sul braccio ancora.
E’ tornata a casa.
Lui è felice ora.
 
 
 
 
 
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