Angela vive sola.
Per scelta e anche per caso...
Vive in una città che conosco bene, fatta di gente che si incontra sempre ma che non si incontra mai veramente, città che odio e che amo.
Angela che lavora.
In un ufficio dove a volte capito di passaggio.
Lavora lì da anni ormai, non ha mai cercato di cambiare, andarsene, provare.
No.
Questo non è l’inizio.
La storia non parte così, riordino i ricordi e dopo vi racconto.
Di Angela, un ufficio, una piccola azienda, Angela e i suoi colleghi.
Riavvolgo il nastro allora.
Schiaccia quel tasto con il triangolino nero doppio, sì quelli col vertice a sinistra.
Appena si è riavvolto il nastro...ricomincio.

Angela, non ripeto quello che comunque già ho detto, lavora al terzo piano di un palazzo che non è proprio in centro, qui a Milano.
Angela è bella, ha seno grande nascosto e un po’ compresso nel vestire.
Gambe fatte per essere guardate, quando si alza dalla sua poltroncina rossa e scende dall’auto.
Le gonne, mai troppo corte, ma sempre con uno spacco o una strozzatura sotto l’anca a fare immaginare e poi negare.

Veste da ufficio ma anche la cosa più banale, anche sei lei nasconda e nega all’evidenza, parla se è Angela a indossare.

Angela è dura sul lavoro, sembra un uomo mancato. Ha distanze assai larghe che tiene e a cui tiene.
Non da' mai confidenze, di lei soltanto tutti sanno che ha un carattere difficile, che è capo troppo esigente,

che fredda con lo sguardo chi ha sbagliato o forse anche solo esagerato.

Sanno di lei la vita solitaria, anche al lavoro non è donna da chiacchiere e piccole confidenze.
Angela è scostante. Anche nelle riunioni più conviviali sul lavoro sembra assente.

Non si cura degli sguardi dei colleghi che da anni fantasticano tra loro.

Scherzano spesso su quel corpo esagerato indossato da lei quasi per caso.
Scherzano spesso, in ufficio capita di tornare, anche troppe volte, a parlare delle stesse cose,

la promozione del collega vista con un pizzico di invidia, la nuova arrivata, un incentivo promesso e non ancora arrivato.
Piccole cose come un piccolo paese in fondo.
Basta sostituire il nuovo parroco, la puttana che vive in fondo allo stradone,

la stagione che è inclemente, quest’estate non vuole proprio arrivare…con le cose quotidiane di una realtà da otto ore.
Succede anche da voi al lavoro, forse.
In ogni caso su quel corpo di donna senza slanci né confidenze, le fantasie in quel paese si consumavano e rinnovavano puntuali.
Bastava una gonna un po’ piu’ corta. "Hai visto l’Angela oggi...se va così tra un secolo, forse, magari, ce la farà vedere...

però hai visto che gambe...un vero peccato..."
Il soprannome Vergine di Ferro non so chi glielo avesse incollato.
Quando io l’ho conosciuta era già abusato.
Quel vergine di ferro parlava molto chiaro, vergine no, non era credibile, nessuno lo pensava,

ma il ferro c’era, visibile, nella sua rigidezza e il suo distacco, non ossidato.
Vergine poi apriva mille idee.
Scommetti che Aldo ci riesce e prima o poi la scopa?
E Aldo…sì però nemmeno accetta un aperitivo e all’auto mia ha preferito un taxi all’aeroporto, ieri.
Perché di Angela, per la bellezza certamente e quello che di lei sotto il vestito si poteva immaginare

-quella curva dei fianchi il seno- a far scoppiare camicette-le gambe belle in quelle calze scure-

gli occhi come di ghiaccio alle riunioni e poi la bocca, dio che bocca, rossetto disegnato col coltello,

 un taglio rosso non una bocca vera, un taglio che sa parlare anche se tace.

Di Angela, dicevo, in molti avevano desideri neanche tanto poi non confessati.
Il suo seno e il suo culo erano bersagli studiati e molti avevano provato un’emozione pensando a quando, mai li avrebbero esplorati.

Angela vive sola.
Lavora in quell’ufficio e ha un piccolo segreto.
Angela scrive.
Angela scrive un poco di ricordi andati male o comunque da tempo terminati e un poco di persone che non trova.
Scrive storie roventi, ha parole da uomo, forse da bar o da spogliatoio più che da ufficio anche.
Scrive spesso la sera, a casa, quando non ha da fare.

A volte annulla impegni presi con amici, quelli di fuori, per scrivere quando ha quello che chiama il Mio Bollore.

Sente correre lava nella testa, diventa alla tastiera donna pirata e puttana e scrive.
Scrive anche in ufficio, a volte.
Andiamo al bar a mangiare, Angela vieni?
No, scusate ho delle cose da finire, andate, ho anche mal di testa, andate.
Angela ha un segreto. Piccolo. Scrive di donne che non vivono in quella città, vestono differente,

hanno emozioni forti e sesso libero e incosciente.
Strapazzano la vita e i sensi. Scrive e diventa rossa anche nel viso. Ma tanto scrive sempre quando nessuno vede…
La Vergine di Ferro ha parole di fuoco rosso e le scarica sulla tastiera.
Nessuno ha mai letto quello che Angela ha scritto.
Le si gonfia il petto quando scrive.
Sente la camicetta tesa o è solo sensazione ?
Accavalla le gambe sotto il tavolo e le tiene strette. Le stringe forte e si comprime.
Strozza la voglia della mano di scendere e toccare e scrive a dieci dita come sa fare.
E vola su quei fogli e sullo schermo.
Parole bagnate.
Parole incanaglite da puttana consumata e poco disposta a troppe tenerezze.
Angela scrive e nessuno legge.
Angela non vorrà mai che altri la legga. Non avrebbe vergogna sufficiente e allora quando scrive in ufficio,

l’intervallo rubato, si ferma prima del rientro degli altri. A lasciar spegnere il Mio Bollore, pensa...

Non sopporta l’idea di esser rossa viso, come a tradirsi, se leggessero mai, poi, io qui non tornerei nemmeno a svuotare i cassetti...
Angela scrive, dicevo, e nessuno legge.
Meglio dire… leggeva.
Perché un dischetto è rimasto, una sera, sul tavolo ordinato.

Angela è donna di meticoloso ordine anche, scommetto che già si immaginava dal ritratto.

Lascia la sua scrivania, quella del capo, nell’angolo là in fondo, sempre pulita.

Non una penna o un foglio a romperne il deserto.

Sembra al mattino, prima dell’arrivo al lavoro, che sia una scrivania inutilizzata ormai da anni.
Aldo ha notato subito il dischetto. Per quella strana e inusuale asimmetria di vuoto.
Curioso.
Tutti sono usciti…."Cosa fai Aldo.. tu resti?"

"Sì ho ancora una lettera da fare, un preventivo urgente poi vado a casa anch’io...Ciao...A domani..."
Aldo prende il dischetto, chissà perché questa curiosità e apre il file.
E legge.
Il titolo per primo. La storia di A.
Legge velocemente e ha uno strano sorriso, storto, sulle labbra.
Copia il dischetto dopo e rimette quello originale a posto, o meglio in quel posto...sbagliato dov’era stato lasciato.
Angela vive sola ed è scostante. Angela arrossisce solo alla tastiera quando è sola. Davanti a un uomo, mai.
Angela arrossisce e Aldo ora sorride.
Le parla di A., di un dischetto, di un segreto da Vergine di Ferro, di un aperitivo e poi una cena.
Angela ha paura.
Un mondo da rischiare, le frana addosso l’idea di quegli sguardi, dei commenti, delle ironie e degli scherni. Aldo è sfrontato adesso.
La tratta da A. e non da Angela con le sue parole.
Pensa cosa direbbero... se sapessero... ma sai, io lo intuivo...

"A. sei tu vero?" Pensa che sorpresa per i colleghi alla pausa del caffè, domani...

Ne parliamo a cena stasera, poi magari bevi qualcosa da me... Non ti dispiace vero?
Angela ha paura ma ha anche altre sensazioni.
Ha come una tensione dentro, sì come il Mio Bollore quando sta sola e scrive.

Non proprio quella vertigine che danno le parole, qualcosa di più umido forse più caldo.

Sa che barriere e protezioni che si è costruita in anni stanno crollando.

Che l’uomo che ha davanti e la stuzzica e eccita anche – sì strano Angela è comunque anche eccitata, anche se ha schifo per lui

e il suo gioco e voglia di sputare – quell’uomo poi, proprio lui, poi non saprà tacere.

Racconterà di quello che avrà fatto con lei, sarà un tormento prima ancora con le sue allusioni,

magari in mezzo a tutti, prima velate e poi sempre di meno, poi parlerà.
Di come è stato bravo a portarsela a letto in cambio di uno sputtanamento minacciato. Ma parlerà lo stesso. Dopo…
Racconterà a un amico e poi…
Ma Angela ha vertigine lo stesso.
Ed è anche eccitata.

A mezzogiorno poi, la colazione.
Angela questa volta non può negarsi. Aldo le dice…dai vieni anche tu, oggi, non fare la preziosa..
La chiama in quell’invito pubblico solo A. e non Angela e lei non può negarsi, la musica è partita pensa, devo ballare.
In ascensore sono un po’ stipati. Oggi ci sono tutti, tra l’altro, capita di rado.
Nessuno parla o chiede ad Angela perché non si è negata, oggi.
Capita spesso e capita anche in quell’ascensore.La gente non si guarda durante il tragitto.

Dicono sia per gli spazi troppo stretti che violano il territorio.. personale.
Nessuno parla ma Angela la sente.
La mano di Aldo che le esplora il culo. Angela ha davanti altri e intorno, guarda attraverso le persone. Sguardo da ascensore.
Il petto solo forse tradisce il turbamento. Sale e scende un po’ affannato dal respiro. Ma nessuno nota, ... fai che nessuno noti... pensa.
La mano ha spinto la gonna e le mutandine in mezzo al solco.
La gonna è un poco sollevata, la mano è sulla coscia, sotto la gonna. Ora la tocca.
Angela è bagnata.
Il tempo di tre piani, poco in fondo, in ascensore.
A tavola Aldo le si siede a fianco. Angela non ha scelta, lui è stato veloce ad occupare quella sedia.
Angela ha sentimenti diversi e contrastanti, ancora contemporanei nella mente.

La mano di Aldo era sicura prima, Angela sa di essere ancora scossa e umida là sotto.

Ma l’uomo le fa schifo veramente…Non è l’uomo di A., non troverebbe spazio in un racconto di persone un simile animale.
Angela ha rabbia perché A. è bagnata. Bagnata ed eccitata da quel cane.
Angela allora, all’improvviso trova controllo, trova una nuova sicurezza. E’ A. adesso.
Perfino ha sorriso. Angela sorrideva poco.
A. sorride.
Sorriso sfrontato direi, occhio di donna pirata o di puttana.
Sotto il tavolo sfila una scarpa, nessuno puo’ vedere cosa succede sotto la tovaglia lunga che nasconde.
Sfila una scarpa e muove un piede. Senza esitazione.
Lo fa correre su una gamba dell’uomo che ha di fronte.
Mentre lo fa. guarda quell’uomo in viso. Fisso in viso. A. non ha espressione mentre guarda.
Assapora.
Gode dello stupore, dell’incertezza dell’uomo e della domanda che lui non può osare adesso.
Del suo imbarazzo.
Un uomo che arrossisce.
Il piede sale, stuzzica la gamba e sale ancora.
Si posa dritto e piatto in mezzo ai pantaloni, un dito gioca coi bottoni.
Sente l’uomo crescere sotto il suo piede.
Angela ha scelto, A. non può subire.
Non subisce i ricatti, scalpita scalcia, trova la sua uscita e un attacco a far difesa. Sceglie lei.
Angela ha scelto, A. non può subire.
Ha scelto di esser A. da adesso.

E’ così che ho conosciuto Angela. La mia A.
Perché un giorno, quasi per caso avevo un progetto da approvare.

E sono andato a mangiare con quella gente in quella piccola vecchia trattoria, vicino ad una tangenziale.

Ho conosciuto prima solo un piede. Poi, in serata, a casa sua, con la la lingua e con le mani e tanta notte avanti ho conosciuto A.
A. che sceglie.
A. che trova la libertà da un ricatto e un poco anche la vita...
A. che imbarazza.
A. che adesso amo.
A. che a volte torna a essere ancora adesso Angela. E ribadisce sempre di avermi scelto solo per caso.

Scelto per puro caso. Perché ero quello seduto, proprio io, proprio per caso davanti a lei quel giorno.
Nega, ma io lo so… mi ha scelto per gli occhi. Azzurri, quasi grigi.
Sono gli occhi di un suo amante in uno dei racconti che aveva scritto tempo prima, altro che caso,

sono stati gli occhi. Guardali. Poi dici…

P.s.  Quasi dimenticavo. Angela ha anche cambiato ufficio. E lavoro. Lavora per me adesso.

Organizza perfettamente ogni mia giornata. L’ho convinta a venire con un aumento su quel che guadagnava là

(questa però è la sua spiegazione), in quella piccola ditta al terzo piano, non proprio in centro di Milano.
E ho ogni settimana anche cose nuove da leggere, le lascia A. sul mio comodino, la domenica alla notte,

prima di tornare ancora in quella casa dove vive da sola.

Il sabato mattina, però, Angela porta A. a casa mia, è puntuale, mentre esce il caffè in cucina a profumare la giornata lenta.

Lei viene a trovarmi, ogni settimana, lei e un pacchettino di fogli da lasciare alla partenza.
Aldo lavora ancora là e passa gli intervalli alla macchina del caffè.

A parlare delle stesse cose, la promozione del collega vista con un pizzico di invidia, la nuova arrivata,

un incentivo promesso e non ancora arrivato…


La dedica è semplice e veloce, dedica a un tempo e al tempo stesso un poco piccolo dono.
Dedico queste mie parole alle donne che sanno essere sia Angela che A.,

ne ho incontrate qualcuna nella vita e so che sono, per fortuna, tante. Anche migliori di A. che ho solo tratteggiato.
Regalo poi a una donna che chiamo.. spettinata.
Lavora in un piccolo ufficio, non ha un collega stronzo come Aldo, per fortuna, ma so che ha più forza e stupore di A. da regalare.

Questo non è un racconto, per te, adesso, non era quello che volevo…volevo solo pettinare un po’…con affetto…la donna spettinata…
 

 

 


 

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