Prologo.

(Oggi, 20 marzo 2004)
 


Ci sono film particolari.
Film da cinema e film da bruciare, in fretta su piccoli schermi, domestici,

fra una sigaretta e una buonanotte…
Io ho film speciali, da cinema… Ne ho un’intera videoteca nella testa.
Sono allineati, in ordine sparso su uno scaffale.
Di fianco allo scaffale di libri mai abbastanza amati.

Di fronte a quello dove serbo le persone che mi hanno costruito come sono, adesso, donandomi spezzoni di una vita,

la loro, che spesso me le ha poi allontanate.
E’ una stanza segreta, senza chiavi. Archivio nascosto di memorie personali.
Apro raramente quella porta.
So a memoria, nel disordine apparente dov’è ogni libro, ogni persona, musica o cassetta. Senza bisogno di riaprire quella porta o di una luce.
A volte prendo qualcosa da quella stanza e lo offro a qualche amico.
Sperando che sappia, io mai lo dico, che è, per me, offrirmi, almeno un poco.
Dedico queste mie cose, anche, adesso, ad alcuni amici.
Entrate.


 

Lei.

(Estate 1997)
 


Spazio ristretto per un pensiero durato un’estate.
Estate greca di anni fa, bagnata di ouzo e notti in spiaggia.
Si era da poco separata e lamentava un nuovo tradimento.
Estate programmata per due donne, sole, amiche, su un’isola beata...
Estate imminente, tutto programmato ormai e organizzato.

Aereo, traghettino, auto a noleggio, casa di pescatori sulla spiaggia.
Poi l’amica che non può e, ormai, io cosa faccio, andrò lo stesso, troverò comunque compagnia, male che vada starò sola.

Ho bisogno di staccare.
Scopri poi che l’isola è la stessa, ci arriverai tre giorni dopo, tu… e tra risate, commenti degli amici, scherzosi ed allusivi, nasce un appuntamento. Al porto.
Donna imprevedibile davvero, ansiosa di stupire e di stupirsi,

momenti di dolcezza e parole da uomo a volte.
Sesso dolce e a volte quasi rude, sempre alla ricerca di un tuo stupore,

di una nuova, inaspettata provocazione.

O forse solo di rivincite troppo attese a lungo, di cui volentieri poi si paga il pegno.
Dopo l’estate niente.
Nessun rimpianto, nessun seguito a quei giorni.
Scherzi e battute su mattini e notti insonni, consumate troppo in fretta.
Scherzi in codice, da vecchi e finiti amanti, in mezzo ad altri, frecciate di parole ed allusioni su corpi bagnati dal sudore in una stanza rovente, pomeriggi bagnati e bagni nella notte, nudi su spiagge rinfrescate…Piccole parole in fondo, un'appendice di gioco, complici ancora nel ricordo, riferimenti e momenti di un’estate comune, un gioco, insomma.
 



Cinema Centrale-Sala 2

(Autunno 2002)
 


Ci sono film particolari. Dicevo.
Film visti tante volte e condivisi con tanti.
Anni dopo lei, per due giorni a Milano.
Sola, ancora una volta.
E quel film –So che ti piace…lo rivediamo insieme, vuoi?-

In quel piccolo cinema di Via Torino.
Sala microscopica, da una piccola sala han fatto due schermi e due salette.

Film scelti e vecchie belle cose. Un poco casa dei miei sogni, in fin dei conti.
La piccola replicante sullo schermo salta, occhi di cervo su corpo di serpente…

Sempre più bella, possibile? Ogni volta che decido di rivederla.
Una mano sulla coscia, la sento, inaspettata.
Forse la tenerezza.
Il cinema è piccino, poche persone in ogni fila.
Per fortuna i tre davanti non son alti...Il cinema non ha pendenza…Sì fortuna...
Scivola lenta sulla gamba. Memoria di vecchie confidenze, pensi.
Poi, improvvise le dita sui bottoni.
Un dito prima.
Si infila tra due asole chiuse. Scherza.
Il dito tende il tessuto serrato dai bottoni. Entra deciso, e abbozza una carezza.
Il fiato si sospende.
Poi il dito ha nuovo coraggio. Calca la carezza... Lo senti adesso…La pressione è infinita.
Il pollice l’aiuta. Salta il primo bottone.
Nel silenzio del pubblico hai paura che l’asola liberata e il bottone

facciano un rumore assordante e tutti guardino.
Nessuno si volta.
Harrison Ford parla col suo futuro amore sullo schermo.
Ferma…Due dita ora sull’asta, compressa dal tessuto sottostante.
Un’eternità sembra, poi cade il secondo bottone.
La mano è più decisa. Il terzo...Il quarto.
Lei non ti guarda. Sorride solamente. Una sfida, come già altre.
Sorride a sentirti crescere e indurire sotto due dita, le bastano due dita anche stavolta.
Il tempo delle dita è più lento molto più lento di quello dello schermo.
O almeno così pare.
Sposta decisa e lenta l’orlo dello slip, ti estrae.
Sei nudo e teso ormai sotto bottoni e asole separati.
Non guardi lei né intorno.
Il film corre e le dita corrono sull’asta. Salgono e scendono a misurarla,

come la prima volta, a controllare reazioni già evocate.
Ti senti tendere sotto quel tocco.
Ti gonfiano le dita, suonano la tua pelle, la tendono, il movimento è lento e regolare. Carezza ripetuta sulla testa di un bambino.
La mano allarga del tutto la fessura.
Penetra nei pantaloni. Decisa e sicura.

Nel tuo cervello sai che è possesso il suo e mai amore.
Stringe la carne tra le dita.
Non è carezza.
Chiudi gli occhi all’istante. Sei solo lì, in quella mano troppo serrata forse.
Il bacino spinto in avanti, d’impulso.
La mano scende verso il basso.
Ora sono i coglioni. Tesi, contratti.
Pelle ravviluppata e serrata, borsa stretta dalla voglia. La mano è forte e calda. Li possiede.
Nel palmo chiuso li stringe un poco, senza dolore. Li racchiude.
Non vi guardate.
Mai.
Davanti i tre sobbalzano alle scene che conosci.
La mano libera il suo pegno. Risale all’asta…Stringe di nuovo ma è diversa…
Non c’e’ possesso, c’e’ certezza.
Stringe e senza liberarti dal tessuto ti manovra.
La mano esce.
E pensi a una tortura ma non parli.
Torna, bagnata di saliva, diretta al frenulo teso come violino.
Senti saliva calda e morbida carezzarlo.
E’ delicata.
Poi, di scatto ancora il morso.
Stretto, deciso e movimenti acceleranti.
Colpi decisi a scuoterti fin dentro.
Scivoli oscenamente sulla sedia di velluto.
La mano pompa senza sosta.
Ancora.
Muori in quella mano.
Ci esplodi dentro.
La mano non ti lascia agonizzare. Non si ferma, irrispettosa dei tuoi spasmi.
Non si ferma.
Anche quando, bagnata, sa di aver vinto come sempre.
Recuperi il respiro.
Sullo schermo Rutger Hauer parla.
Davanti ascoltano rapiti parole di destino e di follia.
Lei ha la mano, vuota, chiusa, sotto il volto.
Carezza col pollice il suo frutto raccolto. Strofina il pollice sull’indice curvato e sorride.
E io so che è solamente un'altra estate greca.
Durata meno di un primo tempo di un film già visto.
All’intervallo esco per una sigaretta.


Note a margine.
La dedica, già fatta.
Ad amici che si riconosceranno da soli, per lo spazio che sanno di occupare nei miei pensieri: scrivo sempre e solo per chi mi è caro.
E a due donne.
Una perchè sa, per mie parole, a lei scritte, quanto mi siano cari e graditi, sempre, anche ai miei anni, questo guizzo e questo spasmo di vita e questa morte gridata, nelle mani di una donna. L’altra perchè sa che la mano era la sua, mentre scrivevo.
Scusa, poi, a tutti gli altri. Tre bicchieri di Knob Creek forse forse…erano davvero troppi.
Smetterò di bere, se volete.

 

 

 


 

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