Adori quando lei
scavalca il tuo corpo. Con la coscia e si cala.
E lo scavalca così, per cavalcarlo.
Ti spinge, prima, ti guida alla posizione tua nel letto, ti porta ad
aderire con la schiena alle lenzuola scosse. Sai che ti guarda e si
guarda nello specchio, appeso sopra di voi, mentre lo fa e ti sistema
per montarti e prenderti dentro il suo ventre. Sai che gode del lenzuolo
mosso, delle mille pieghe che irradiano dal corpo che sta per prendersi,
intorno, raggi di notte e umori, le mille pieghe bianche sul bianco. Lei
che su di te si farà perla e farà di te sua montatura, suo gioiello. E
farà delle sue cosce montatura stretta e del tuo cazzo, sotto di sé, il
suo gioiello.
Porta se stessa a lato, poi ti scavalca con la coscia, e si erge, alta
sopra di te e sopra il cazzo. Lo tocca, stringe i coglioni nella mano lo
accarezza perché non perda voglia e forza.
Poi non è lenta né ha esitazione alcuna, lo guida da sotto, lo punta
alle labbra tra le sue cosce, lo sfrega un attimo per schiuderle e poi
lo guida, padrona nel su gesto, con la punta dentro. A scendere e a
inghiottirlo lei è rapida, quasi violenta.
Un attimo e ti avvolge, ne è padrona, le dici che il tuo cazzo le
appartiene e hai la voce che sembra perdersi anche lei lì dentro, tanto
ti esce calda dalla gola. E tu scompari dentro di lei , senti le mucose
di lei calde stringerti, le assapori mentre aderiscono e bagnano la
pelle, la punta del cazzo sai che è schiusa perché scendendo su di te
l’ha spalancata tirandola all’indietro.
E la piccola bocca che hai lì proprio sulla punta, in fondo a lei, è
spalancata e urla sete e fame nel suo ventre, del suo ventre. Lei, già,
non è più ferma.
Non ti scopa, lei, ti sbatte, ti prende con fame e con dolcissima
violenza.
E tu impazzisci ad ogni suo scendere e salire. Poi oscilla, dondola,
avanti e indietro senza mai ritrarsi ferma e calzata pube su pube, pelle
su pelle.
Ti tocca e si stringe i capezzoli mentre si culla con violenza, avanti e
indietro, sempre spingendo avanti contro di te il suo sesso, e
accelerando il ritmo. E tu, sotto di lei, spingi.
Da sotto spingi, ti sollevi e ti inarchi. Sei la sua cavalcatura, la
sella che lei sta scopandosi.
Scopandoti.
Quasi volessi scomparire tutto, con tutto il corpo risucchiato dal suo
ventre, a cominciare dal tuo pube lì dentro, lì in fondo, lì nel mosto
umido e caldo che odora di femmina. E non capisci più di chi dei due sia
il cazzo, messo come un ponte a unirvi, dentro.
Lei lo tiene dentro e spinge, soltanto spinge, non si ritrae un momento.
Lo senti alla radice, dove ti nasce dentro come se, invece di partire da
lì, di cominciare lì e poi farsi esterno, lì affondasse e da lei avesse
la sorgente.
Ti scopa come se il cazzo non fosse né tuo né suo, a tratti sembra farsi
suo e lo percepisci nelle sue spinte come se fosse lei dentro di te ad
affondarlo e non viceversa. Ti succhia. Lo risucchia, poi lo affonda.
Ti ingloba in sé, sembra trattenerlo come se avesse un mastice l’umore
che lo bagna, e la viscosità sapesse farsi colla.
Lei è bellissima.
La guardi.
Piccola torre di carne dall’odore dolce e buono, armonia perfetta.
Femmina, tua, e tu suo, lei che respira stretta, sempre più veloce e non
trattiene i suoni della gola nel respiro mentre fa più veloce la sua
corsa. Lei è l’anello che ti serra, e allo stesso tempo la perla che lo
fa prezioso sormontandolo. Piccola donna che ti immobilizza mentre ti
ama e ti monta.
Che stringe il tuo corpo con il suo pube, schiaccia col culo e serra
forte tra le cosce. E usa le mani per bloccare le tue ai lati della
testa, mentre si china in avanti come se partisse al galoppo, china e
spingendo sulle staffe , sugli speroni e sulla sella, e ti cavalca il
sesso e spinge indietro, infigge il pube dentro il tuo, quasi volesse
romperti e sverginarti il ventre.
Lei è la donna che ti prende, spreme, svuota, e poi ti inonda. Di sé e
di te stesso.
Porterai dopo, nelle reni per ore e giorni la leggerezza, la porterai tu
e la porterà lei. Quel senso, quella sensazione unica, di non avere più
schiena, vertebre, ossa, di essere flessibili, liquidi ad ogni passo.
Di scivolare nella vita e nelle strade entrambi, acqua che si mescola
all’acqua, senza corpo, svuotati e perfetti come corpi fatti liquidi
perfetti.
Le mani serberanno strette nella strada la dolcezza e la disperazione
bellissima di un anello e di una perla, entrambe intrecciate tra di loro
a entrambe ancora anello e perla. |