La guardò
addormentarsi quella sera.
Chiudere gli occhi.
Prima lei finse di chiuderli, li riaprì tre volte, lui la vide ma finse
di non vedere, lei lo guardava. Se lei se ne accorgeva anche di giorno
che lui la guardava, si fingeva accigliata, se credeva di non esser
vista invece sorrideva.
Così lei finse di dormire. E lui di non vedere.
Alla quarta volta, ci fu solo un tremito indeciso, non si riaprirono gli
occhi di lei, e cambiò solo il ritmo del respiro.
Così lui capì che lei era scivolata nel suo sonno quella sera.
Cercò di capire, si sedette piano, sollevandosi nel letto, dal respiro,
dai piccoli quasi impercettibili tic dei muscoli del viso, dal muovere
delle gambe alla ricerca inconsapevole di una posizione se lei stesse
sognando o meno, e, se sì, cosa sognava.
La vide volgersi su un fianco. Poi stendere le gambe già nel sonno e
inarcare un po’ il bacino. Si disse che era bella, bella davvero, nel
sonno sembrava avere il broncio come se fosse tornata bambina, poi lei
si girò su un fianco ancora. Allora lui ne seguì accompagnandola con gli
occhi la curva forte delle anche, delle reni, delle natiche che, al
girarsi di lei nel letto, tesero, facendolo aderente come pelle, il
pigiama. Si arrotolò allora su se stessa, per togliere la cucitura delle
gambe che si era insinuata per capriccio tra le cosce e nel solco del
sedere,e arricciò il piumone.
Lui la ricoprì, piano, per non svegliarla, col piumone, quasi con
rammarico o dispiacere.
Lei aveva un buon odore.
Il copri piumone sapeva di bucato fatto al fiume, di sapone antico in
scaglie ocra arancione, lei di donna e di non so dire quale fiore.
Si chiese ancora se lei sognasse o meno, e lei si voltò nel sonno verso
di lui che per non ostacolarla quasi cadde dal letto, arretrando al
ciglio mentre lei allargava le braccia. Girandosi e di quasi tutto lo
spazio di lui nel letto, facendolo, si impossessava.
Fu in quel momento, se lui fosse stato attento, invece di preoccuparsi
di non cadere, lì, esattamente, che se avesse guardato lei invece di
arroccarsi con il corpo rinsaldando il baricentro nel poco spazio che
lei nel sonno gli aveva riservato, che lui avrebbe visto e capito.
Si perse un solo attimo, proprio quell'istante preciso, quello esatto in
cui si celano veloci e poi evaporano dentro un respiro, le risposte più
volute.
Lei nel sonno, il viso rilassato,sorrideva, di un sorriso senza
frontiere, di quelli che nascono da soli se stai bene e non necessitano
di alcun alibi o motivo per fiorire sopra un viso. Le sue labbra
sembravano parlare, muovendosi appena, una lingua silenziosa.
Sorrise un attimo voltata verso di lui, poi si girò e si rannicchiò
sull'altro fianco e il suo sonno finalmente trovò il suo riposo.
Si perse la risposta sui sogni, nascosta in quel sorriso.
Perché se lui se ne accorgeva lei si fingeva accigliata, ma se credeva
di non esser vista invece sorrideva.
E fu così che mentre lui tirò il piumone fin sopra la sua testa per
coprirsi, lei non vista sorrise. |