Il laccio ai polsi
L'uomo e la donna hanno i
polsi legati.
Uniti da una corda sola, lui ha legato lei. Poi viceversa.
Hanno stretto piccoli scorsoi, cappi fatti con cura, tessuti insieme ai due capi
dell'unico filo di corda intrecciata.
Sorridendo.
Nemmeno una parola si sono detti presi nel loro lavoro di marinai a tessere e
annodare, con perizia, quella strana rete. Le hanno messe tutte nella corda le
parole.
Una dopo l'altra a torcersi, aggrovigliarsi, allungare e allargare la voglia
come la maglia della corda.
Una catena di parole intrecciate, fino a farne un cappio duro, forte, ne provano
la resistenza tendendolo stretto nei pugni. Carico di tensione elettrica e di
voglia.
Ora i loro polsi sono stretti, abbastanza da non permettere senza l'intervento
dell'altra mano di liberarsi. Non abbastanza per serrare il sangue ai polsi.
Lei tira e sente stringersi il suo laccio, fino a segnarle la pelle.
Immagina lo specchio su di lui, all'altro capo, l'onda della tensione che lo
raggiunge, facendo vibrare e prima tendere fino al suo capolinea la corda, e la
corda che comincia a stringere dapprima dolcemente. Lei serra le cosce
d'istinto, nel farlo.
Lui sente arrivare improvvisa l'onda. Ne assapora il tendere e stringere
l'anello di canapa grossa.
Quando sente la tensione nuovamente arrestarsi, lui strappa.
Tira un solo colpo secco. Bruscamente.
L'onda corre veloce, la donna quasi tirata via dal suolo, prima che lo strappo
compia la sua opera e la serri fino a strozzarle il polso, quasi cade in avanti.
Si punta per non cadere e tira. a cosce serrate, i muscoli si modellano nel farlo
al polpaccio e alla coscia bruscamente.
L'onda all'istante cambia direzione, torna indietro moltiplicata per violenza
dal cambio repentino della sua corsa. L'uomo la sente.
Oh sì che la sente…
Salirgli a stringere le vene, fare i polsi improvvisamente pallidi poi bianchi.
Continuano così la danza, cercando di imporre forza e capriccio alla tensione
loro e della corda, aspettando con il cuore stretto ogni nuovo strappo.
Poi, quando la corda è tesa lei comincia ad arrotolarla. Lui, senza che si
fossero messi d'accordo sul fare questo, fa altrettanto. A un capo e all'altro
la corda cala ai loro piedi e si ammatassa, si arrotola e l'uomo e la donna
sentono solo di ogni spirale avvolta una pulsazione riflessa, morbida come una
spira molle, ai polsi prigionieri.
Ed è così che si trovano davanti, in piedi, la corda avvoltolata al suolo in due
piccole cataste.
Non osano quasi nemmeno guardarsi in volto.
L'uomo allora porge il polso, la mano è quasi pallida completamente per il
sangue che quel cappio ha negato, solleva il braccio legato, il polso in alto,
soffocato, e lo porge alla donna.
Lei con le dita, dapprima goffamente, poi con sollecita destrezza in punta di
dita, allarga il nodo, fa aria al cappio, lo sfila e guarda i segni a cerchio
che la corda ha segnato al polso. Vede la vena farsi gonfia, riprendersi e la
pelle diventare rossa.
Solleva il polso al viso.
Posa le labbra dove prima c'era la corda e ora il polso pulsa.
Le posa delicatamente, impadronendosi di quel battito sotto lingua con cui, muso
di gatta, lei lo lecca. Sotto la lingua il sangue corre caldo.
Lui le chiede, prima di slegare lei e baciarla finalmente aprendole le labbra
con la lingua, di morderlo e succhiarlo.
Lei porge il polso a sua volta, abbassa gli occhi. E aspetta che, liberandola dal
laccio, lui la imprigioni.
Ora.
Definitivamente.