Il miele di Valeria

 

    

 

 

 

“Va beh che è estate e fa caldo, ma se mettevi una gonna un po’ più corta potevi direttamente girare solo in maglietta e mutandine..” ride Martino, sollevando l’orlo della mini cortissima, arriva dove le cosce diventano quasi anche sul corpo di Valeria.
“Scemo, così ora tutti sanno di colore sono”, Valeria abbassa la gonna a coprire ancora a malapena lo slippino e tutto il piccolo gruppo di amici scoppia in una risata.
Anche lei, Franca, che di solito fa pure fatica a nascondere la gelosia e la piccola invidia che ha del corpo e del successo indiscutibile di Valeria, ride. Come tutti, anche Andrea, il suo ragazzo.
A Franca poco va giù Valeria che si appoggia assai spesso ai maschi del loro piccolo gruppo, lui compreso, che sembra a volte strusciarsi contro tutti e anche con Andrea come una gatta.
I seni di Valeria, che sono più alti, forse più piccoli ma più duri e sfrontati dei suoi, anche quando, come spesso succede, Valeria non indossa reggiseno sotto la camicetta o la maglietta stretta.
E loro stanno alti, rivoltati verso l’alto, coi capezzoli che sembrano quasi bandierine sulla vetta.
“Con ‘sto caldo girerei nuda, altro che gonna e gonna, ma come fate a resistere voi maschi con scarpe chiuse e calze?” e nel dirlo Valeria è ora di fianco ad Andrea, seduto con gli amici intorno al tavolino, al bar della spiaggia.
Arriva il ragazzo che lavora al bancone e serve una bottiglia di Vermentino ben brinato, pare sudare il vetro della bottiglia nella giornata troppo calda. Posa la bottiglia e i sei bicchieri, tutti vicini e Martino comincia a servire lui, facendo traslocare brina e freddo dalla bottiglia ai sei bicchieri, mano mano che li riempie.
Poi li porge.
Valeria è in piedi appoggiata alla sedia di Andrea, l’anca contro la sua spalla. Andrea cinge quel fianco con il braccio e Valeria non si sposta. Martino li guarda sorridendo.
Franca un po’ meno, volta lo sguardo, non vuol fare trasparire il fastidio che prova a vedere Valeria strusciarsi, accomodandosi meglio, sotto il braccio di Andrea. Anche perché sono arrivate altre due coppie di amici, sono in piedi, intorno a loro seduti, e nello scambio di battute che intercorre coi nuovi venuti lei riesce quasi perfettemante a dissimulare la sua stizza.
Andrea sposta il braccio, la stringe e la tira un po’ per gioco e porta Valeria a cadergli letteralmente sulle gambe, seduta su di lui.
Le gambe di Valeria così si allargano inevitabilmente sedendosi di colpo, e la gonna corta le risale del tutto sulle cosce.
Posa col solco del culo a cavallo del ginocchio di Andrea. La schiena contro il suo petto.
“…e ora fate cavalluccio?” ride Martino.
Come se recepisse l’invito, Andrea comincia a sollevare la gamba su cui è seduta Valeria, facendo staccare dal suolo il calcagno. Una, due tre volte, prima lentamente poi sempre più velocemente.
Lo spacco delle cosce di Valeria batte ad ogni discesa del calcagno a terra sul ginocchio.
Sempre più forte al crescere del trotto.
Ora Martino riconosce bene quell’annebbiarsi degli occhi di Valeria, che legge dopo 4 o 5 ricadute.
La osserva.
Non può non notare, forse lo notano tutti, tranne Franca che si è appositamente girata per non vedere, come Valeria abbia migliorato la sua seduta sul ginocchio, sfregandosi inevitabilmente più volte, forse anche qualcuna anche di troppo, su di esso.
Quasi a stringerlo sotto la fica, nascosta solo dal piccolo triangolo nero di stoffa, malcelato dalla gonna.
“E’ umido oggi vero Andrea? …deve decidersi a piovere per davvero o non si resiste più..” ammicca Martino all’amico.
Che ora ha posato la mano destra sul ginocchio destro di Valeria.
Le dita all’interno, verso l’angolo formato dalle gambe aperte a cavallo del ginocchio.
Dita distese, lunghe sulla pelle.
Valeria si morde per un secondo il labbro, socchiude gli occhi. Istintivamente e automaticamente.
Martino non si perde né morso né occhi, sta fissandola attentamente e comincia anche a sentirsi crescere sotto il costume la tensione a quella vista.
Nel fissarla, incrocia lo sguardo della ragazza. Un solo istante.
Ed è in quel momento che lei posa la sua mano su quella estranea che ha sul ginocchio, piatta sul piatto.
La mano sotto, forse, si sente incoraggiata perché sotto quel tocco risale quasi e mezza coscia portandosi dietro quella di Valeria che non oppone resistenza alcuna. I polpastrelli sono posati ad arco sulla carne morbida della sua coscia, verso l’interno.
Martino vede la pelle e la carne di Valeria, quasi schiacciata e artigliata leggermente lì sotto, avvallarsi in modo quasi non percepibile a chi non la fissi attentamente.
Ora il ginocchio sotto il culo non saltella, oscilla.
Destra e sinistra. E ancora destra, aperno sul piede posato a terra.
Come se invece di un culo a spingerlo ci fosse di lato il vento e luiun po’ anche lo contrastasse. Un poco a sinistra, poi a destra. Poi a sinistra.
Inevitabilmente ad ogni oscillazione Valeria si deve fare colla, lì sotto la stoffa. Aderire sempre più saldamente pelle a pelle. L’interno delle coscie col ginocchio.
Solo la fica protetta dal tessuto stretto.
Per fortuna nessuno ora li guarda, si sono alzati tutti e guardano parlando animatamente verso il mare. L’arrivo del resto della compagnia che sale, uscendo dall’acqua, e grida, e ride. Lo sciame sta per ricongiungersi lì al bar.
Solo Valeria continua a sfregarsi, sempre più decisamente, sul ginocchio, e Andrea a dondolarlo. Valeria ad occhi chiusi adesso.
Un labbro stretto tra i denti fortemente.
Poi, quando apre gli occhi, e libera lo sguardo, fissa, occhi negli occhi, Martino.
Con uno sguardo che tradisce quello che ha vissuto, a colare bagnandolo sul ginocchio, quasi lo sfida. Maliziosa si lecca le labbra secche.
Strofina la schiena sul petto di Andrea come una gatta, senza smettere di fissare l’altro negli occhi.
Allarga ancora di più le cosce sempre seduta sul ginocchio.
Ora i suoi piedi con le gambe così aperte non toccano terra. E lei è come sospesa sulla fica e sul culo a farsi bilanciere. Sta per cadere quasi.
Andrea la salva con una mano al fianco. Lei rabbrividisce, ha come uno scatto secco, appena lui la tocca, e spinge all’istante con il bacino in basso. Molla la schiena contro cui giaceva e spingendo si sporge un po’ in avanti. Ora è ancora più vicina agli occhi di Martino.
Che non molla un istante. Gli offre la visione di un altro labbro morso, quasi a sangue lui se ne rende perfettamente conto, ad occhi aperti e lucidi, caldi. Quasi febbricitanti.
Dondola lei ora, due. Tre. Quattro volte.
Poi le mani di Andrea basse sui fianchi l’aiutano ad alzarsi, quasi malferma sulle gambe intorpidite. Sui fianchi, all’orlo della gonna in vita lui la prende con due mani, anfora di donna, e la solleva dal ginocchio.
Valeria carezza con la punta dell’indice e del medio il ginocchio arrossato su cui si è dondolata fino all’istante precedente.
Poi posa le dita, indice e medio con cui ha percorso il ginocchio di Andrea sulle labbra di Martino, seduto lì davanti.
“Andiamo a casa, amore. Sono stanca e vorrei dormire un poco” gli dice sorridendo con gli occhi da gatta.
Martino si perde all’istante. In quello sguardo che lo sfida e lo porta a sentirsi completamente in tensione adesso.
E in quel sapore inconfondibile, forte e che porta la firma di Valeria nel miele che le dita gli hanno posato sulle labbra.
Si alza e la prende sottobraccio. Salutano, voltandosi un istante, gli amici che fanno battute inevitabili sul loro improbabile sonno del pomeriggio.
“Sì, proprio a dormire andate adesso…”
Valeria manda un bacio sulla punta delle dita al gruppo, girandosi decisamente in direzione di Andrea nel farlo.
“Ti piace la tua piccola troietta, vero? Quando ti fa i regali come oggi…” sussurra mordendo Martino al lobo dell’orecchio “dillo, ammettilo, che ti eccitava che mi sia masturbata lì sul suo ginocchio, in mezzo a tutti i nostri amici, ammettilo porcello”.
Ride come una bambina.
Martino non risponde, inumidisce solo con la punta della lingua le labbra per ritrovare il sapore denso, che è rimasto appeso come un retrogusto nella sua saliva e sulla lingua.
Accelera soltanto, decisamente, tenedola stretta, cinta alla vita con determinazione nutrita dalla voglia. Verso il passaggio pedonale che li separa dalla loro casa, il passo.


(dedicato)

 

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